Il Corriere della Sera - 05.04.98
LA CITTA' HA VISSUTO UNA GIORNATA DA INCUBO E SI E' RISVEGLIATA SOLAMENTE QUANDO LA MANIFESTAZIONE E' TERMINATA TORINO BLINDATA, LA GRANDE PAURA E' PASSATA NEGOZI CHIUSI, LA GENTE BARRICATA IN CASA. NAPOLITANO: NULLA DI DRAMMATICO RADIO BLACK OUT: "GIORNATA TRANQUILLA E PACIFICA COME VOLEVAMO CHE FOSSE"
LUIGI OFFEDDU, TORINO -
Alle tre del pomeriggio, perfino la casbah ha avuto paura. La casbah, cioè Porta Palazzo, il grande mercato nel cuore di un quartiere che una settimana sì e una no finisce sulle pagine della cronaca nera, e dove i dialetti maghrebini si parlano più dell'italiano. Qui dunque, alle tre in punto, un omaccione dietro una bancarella smonta un tubo dall'intelaiatura e lo impugna come una spranga: "Che vengano - grida - e che tocchino la mia roba". Altri intorno lo imitano, o smontano in fretta i banchi: clangore di metalli, cassette che cadono, insulti al sindaco, che "in casa sua, se li facesse, i cortei". E su tutto, un urlo ripetuto: "Cornuti, noi paghiamo le tasse", con inflessioni siciliane, calabresi, pugliesi, con tutti gli accenti di un'antica immigrazione ormai integrata che rigetta l'ignoto chiamato squatter: anche perché ieri era sabato, giorno di mercato, ma "per paura di questi qui non è venuto nessuno e non abbiamo incassato nulla". Poi, di colpo, tutti guardano verso l'imboccatura di corso Giulio Cesare: là in fondo, fra le sorde esplosioni dei petardi e un rombo che dice "assassini", nereggia e avanza un serpente di folla. Alla stessa ora, sembra che tutta la città intorno trattenga il fiato. Il deserto e il silenzio si allargano in cerchi concentrici dai luoghi in cui passerà il corteo fino ai viali più lontani. Dalle 11 in poi, Torino si è come assopita in uno strano stordimento: marciapiedi e portici vuoti, sfilate di saracinesche chiuse, strade dove passano lenti solo i furgoni in colonna della polizia. Quattro auto in tutto corso Vittorio Emanuele, e dire che è lungo. Una decina di passanti in tutta via Roma. "Sono andati tutti via - risponde poco prima delle 13 la gentilissima centralinista di un ufficio giudiziario - non solo perché è sabato; sa, oggi è una giornata particolare...". Divise ed elmetti intorno alle stazioni ferroviarie, frotte di giovani che passano con una sciarpa nera sul volto e una bandiera dal grosso bastone in pugno. La stazione di Borgo Dora è come un fortino. In quella di Porta Nuova, brulicante di uniformi, arriva un treno da Genova con molti squatter. C'è un cielo grigio e un'afa pesante. Qualche sirena in lontananza e il rat-rat di un elicottero della polizia, che sfiora i tetti. "Sono Joe Machete e sono le 14.01 - ha appena annunciato una voce da Radio Black Out -. Il corteo sta per muoversi...". Sarà un luogo comune, l'espressione "città blindata": ma questa volta, a Torino, è proprio così. C'è vita e folla solo a Porta Palazzo. Ma anche lì, alle tre, cala il silenzio. "Andiamo a casa", piange una donna. E un'altra voce, di bocca in bocca, per tutto il bazar: "Hanno cambiato percorso, vogliono passare proprio qui e andare verso il centro". Cento agenti con i caschi blu corrono all'angolo della piazza. Gli automobilisti bloccati dal traffico accelerano e picchiano sui clacson: "Via, via", gridano in tanti. Quando finalmente il corteo arriva, fra nuovi scoppi e nuvole di fumo, due donne fra le bancarelle si sentono male, e vengono portate via. Solo i trenta o quaranta spacciatori centrafricani, all'angolo di corso Regina Margherita, continuano a passarsi di mano pacchi di banconote, fra ragazzi barcollanti, bottiglie rotte e mucchi di siringhe. Sui muri ci sono necrologi in slang anglo-nigeriano, i balconi delle vecchie case sono gremiti di ragazze africane in vestaglia, che guardano passare il corteo: "Liberi, liberi tutti", gridano gli squatter da sotto, e le ragazze ridono. Porta Palazzo, Regina Margherita, più tardi piazza Statuto ai confini dei quartieri più eleganti: il serpentone irto di bandiere rosse e nere sfila fra queste diverse Torino che si aprono per un attimo, lo lasciano passare, e poi si richiudono; forse indifferenti, certo lontane. Alle 17, il corteo ha già lasciat o il suo strascico di sassi, petardi e bottiglie davanti al lugubre carcere delle Vallette. Ma anche il carcere, quest'altra Torino, tace, nessuno sventola drappi dalle inferriate come accaduto altre volte. Poco più avanti, vanno in pezzi le vetrate del nuovo Palazzo di giustizia: "E noi, a pagare le tasse", commenteranno crocchi di pensionati. Al tramonto, la manifestazione è finita. E come il deserto aveva conquistato a cerchi concentrici la città, cos ì ora avviene il contrario: il Parco Reale si ripopola di pensionati e di turisti; via Roma è gremita dagli sfaccendati del sabato, ci sono le file davanti ai cinema del centro. "Non è successo nulla di drammatico grazie all'impegno delle forze dell'ordine", dice il ministro dell'Interno Napolitano. E' stata "una giornata tranquilla e pacifica, come volevamo che fosse", saluta una voce ventenne, da radio Black Out.