Il Corriere della Sera - 05.04.98

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SQUATTER IN CORTEO, TENSIONE E FERITI TRE PERSONE RICOVERATE, LANCI DI PIETRE E GIORNALISTI SOTTO SCORTA VETRI SFASCIATI AL NUOVO PALAZZO DI GIUSTIZIA I PARTECIPANTI ERANO PIU' DI CINQUEMILA

Raffaella Polato TORINO -

Incidenti gravi no, non ce ne sono. Ma la tensione è altissima, la violenza delle parole e degli striscioni e delle scritte lasciate ovunque è una promessa: la guerra degli squatter non è finita solo perché al grande raduno nazionale che ieri ha bloccato per tre ore Torino non ci sono stati gli scontri temuti. Sono loro a ripeterlo: "Non siamo scemi, colpiremo duro ma certo non quando ve l'aspettate voi". Ore 14 al Balon, il mercatino delle pulci dietro Porta Palazzo. Sono già tanti, almeno un migliaio, gli squatter, gli anarchici, gli autonomi, le "individualità" arrivate da tutta Italia per chiedere la liberazione immediata di Soledad Rosas e Silvano Pelissero, i due "compagni" arrestati un mese fa nell'ambito dell'inchiesta sugli attentati contro l'alta velocità, e per ricordare Edoardo Massari, l'amico che il carcere non l'ha retto e si è suicidato in cella. Sono tanti, e imponente è anche lo spiegamento di vigili, poliziotti e carabinieri in borghese o in assetto anti-sommossa o travestiti da squatter. In quel momento le forze in campo si equivalgono: il rapporto è più o meno di uno a uno. Ma dura poco. Il cor teo dovrebbe muoversi ma non lo fa ancora. Perché si sta gonfiando. Arrivano da Milano i leoncavallini. E c'è il primo momento di forte tensione. Vedono i giornalisti, il bersaglio maggiore dell'intero corteo, più della polizia, più dei magistrati. Le urla sono solo un assaggio: "Giornalisti, Rai, Tv, delle vostre balle non ne possiamo più". E poi: "Sciacalli, porci, venduti, vai a casa str...o, vergognati". E ancora: "Giornalista, sei il primo della lista". La Questura, consapevole dei rischi dopo i pestaggi ai funerali di Massari, questa volta si è preparata, per la stampa c'è un'apposita scorta di trenta uomini. Funziona. Si ingrossano, intanto, le file. Quando, alle 15, finalmente cominciano a muoversi, le fonti ufficiali ammettono: sono almeno cinquemila. Radio Black Out si esalta, parla di folla oceanica, rilancia a quota diecimila. Il che appare un po' esagerato. Non lo è invece la tensione. Dal mercato di Porta Palazzo il corteo non è autorizzato a passare. Ma gli squatter torinesi cambiano le carte e l'itinerario: partiranno proprio da l\'ec, preceduti da uno striscione con su scritto "assassini" e da un enorme drappo nero con la A di anarchia e a grandi lettere "Sole e Silvano liberi! Liberi tutti!". Le auto cominciano a sgommare, dai furgoni della Celere vengono fatti scendere i cani, i manganelli sono pronti ma per fortuna non ce ne sarà bisogno: l'imponente spiegamento di forze riesce a evitare incidenti gravi. Ma il rischio di perdere il controllo della situazione c'è. Si vede già a Porta Palazzo. Dalle prime file del corteo vengono lanciati due grossi petardi, scambiati sulle prime per bombe-carta. Il bersaglio sono i giornalisti, invece cadono su un tendone del mercato e tre persone finiscono all'ospedale per lo choc e per un timpano rotto. Il corteo imbocca intanto corso Regina Margherita. Qualche giornalista prova a infilarsi in mezzo. "Sciacalli, fuori!". Un povero cinese con le borse della spesa e un bigliettino si ritrova aggredito, "tu di che giornale sei? Sei della stampa estera?". A trovare la voglia, ci sarebbe da ridere. Ma d'improvviso la polizia si muove, tutti infilano l'elmetto, "via, via, allontanatevi". Succede che qualcuno comincia a tirare bottiglie alla gente affacciata ai balconi, che dopo aver strattonato un fotografo al Balon si strappano altri rullini, "carogne, voi e i giornalisti avete avuto parte attiva nel massacro". In fondo al corteo c'è anche gente di Rifondazione, della Cgil, del Pds: "Fuori anche loro, non li vogliamo", urlano i più esagitati. Avanti i carrelli della spesa pieni di pietre, bottiglie, bulloni. E con gli slogan. "Assassini". Ce l'hanno, ancora una volta, soprattutto con i giornalisti: "Servi dei servi dei servi". E si arriva al carcere delle Nuove. La carica si fa più forte, verso le mura e le camionette dei carabinieri partono sassi e uova riempite di vernice gialla. Niente in confronto a quel che accadrà poco più avanti, al nuovo palazzo di giustizia non ancora ultimato. E' un altro simbolo da colpire. Un'altra scarica di rabbia da riversare. Dal corteo partono bottiglie e sassate, si sfasciano finistre, quattro o cinque squatter riescono a scavalcare la recinzione e a entrare, scatta un battibecco-trattativa tra polizia e manifestanti, sempre quelli di testa perché dopo i primi 40 metri tutti sembrano più tranquilli e anche un po' freddi rispetto a chi accenna alla violenza. Passata anche questa, si ritorna a Porta Susa. Il percorso fatto all'indietro mostra le tracce del passaggio. Una pompa di benzina sfasciata. E scritte ovunque. Dedicano: "Edo sei vivo con noi". Inneggiano: "Bello come un carcere che brucia". Minacciano: "Laudi boia" (Maurizio Laudi è il magistrato titolare dell'inchiesta). Ormai sono le sei passate. A Porta Susa, simbolo "dell'alta velocità da bloccare" il corteo dovrebbe sciogliersi. Ma si ferma solo in piazza Statuto. Qualcuno riprende il treno. Altri, tanti, sciamano verso il centro e si disperdono a gruppetti. Torino tira un sospiro di sollievo: non è successo niente. "Ma stanotte? Domani?", chiede la gente. Stanotte, domani, sono un altro giorno.

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