Il Corriere della Sera - 05.04.98

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IL VIAGGIO DA MILANO A TORINO "ANARCHICI SI', MA PRONTI AL COMPROMESSO" SUL TRENO SPECIALE DEI LEONCAVALLINI TRA SPINELLI E TANTA BIRRA QUATTRO CARROZZE RISERVATE PER IL CENTRO SOCIALE PIU' FAMOSO D'ITALIA

CARLO BONINI, INTERCITY MILANO-TORINO

A sentire il capotreno, il mondo dovrebbe cominciare dalla carrozza 5. "Prego signori, prego, dalla cinque in su, dalla cinque in su". E perché poi? "Le ultime quattro sono CS". C che? "Convoglio speciale". Sono i vagoni arancio e graffiti del treno squatter, dei ragazzi del Leonka, della corona di centri sociali del Nord-Est. Sono i vagoni dell'Intercity interregionale che piantato al binario 4 di Milano centrale accoglie generoso squatter originali e squatter Fs, quelli di tutti i giorni: pendolari, scolaresche, l'immancabile drappello di divertite suorine. Vanno a un funerale, a un "funerale antagonista", ma hanno le facce della festa, da grande rimpatriata. Con un più di ironia che leggi nel modo sbarazzino con cui una squatter diciottenne si trascina dietro una valigetta da flight assistant. Di quelle da executive, non da "Cs". Nell'attesa, qualcuno ci beve su, seduto in cerchio sulla banchina. Ronza allora la telecamera come una mosca fastidiosa. Lo squatter numero uno issa il pugno per poi lentamente richiuderlo a corona dell'indice. Lo squatter numero due solleva a brindisi la lattina di saint Louis lager e pianta un rutto-tuono che si scioglie in una risata complice: "E dai, piantala! Hai rotto con queste riprese. Come bisogna fare per non essere ripresi?". L'operatore abbassa l'arnese elettronico e butta lì, semplice semplice, la contraddizione del lavoratore salariato capace di mettere in crisi l'antagonista disoccupato: "Senti, non so come ti chiami. Ma rispondimi a questo. Se io non ti riprendo, io, oggi, vengo strigliato dai miei capi. E sai che succede se i miei capi mi strigliano? Che i miei capi mi licenziano. E io dopo cosa dico ai miei figli che hanno l'età vostra?". L'antagonista: "Anche questo è vero". Già, complicate le strade dell'essere contro. Tanto che ti chiedi allora se non sia un treno di moderati questo che fischia verso Torino. E non per usi e costumi della tribù (assolutamente omogenei). Non per il comune slang, per le birre e i cartoni di vino Tavernello (molti) con cui si brinda, per l'erba che circola generosa, ma discreta, tra gli scompartimenti, per le numerose copie dei giornali della "stampa borghese" che ci si scambia tra i sedili. Ma per quel più di pensoso aplomb "antagonista" così lontano da certa truculenta simbologia dei giorni scorsi. Su questo treno viaggiano i figli del "compromesso conveniente". Categoria presa a nolo dalle parole di Claudio. Venticinque anni o giù di lì, una gran voglia di sbattere la porta di casa, un passato di elettricista alla Basf, un presente da "anarchico che è dovuto purtroppo scendere a patti". Quali? "La mamma, la cena pronta, lo studio all'università . Sì, insomma, un compromesso conveniente. Come la convenzione del Comune con il Leonka, che credi? Perché per fuggire dal sistema ti devi prima impadronire degli strumenti". Fuggire dove, non si sa. Certamente lontano da Milano, che lo slang vuole Gotham city, la corrotta città di Batman. Claudio come Salvatore, "che dei pallosissimi dibattiti sulla soggettività" non sa che farsene, ma cerca "percorsi nel sociale reale". Tradotto: cerca di fare politica con le cose, non con le categorie esistenziali. Ad esempio, cercare un perito legale che risparmi il carcere a un amico imputato a Messina che rischia il manicomio criminale. Perché non c'è niente da fare, "il compromesso conveniente" sembra far capolino dovunque in questo treno antagonista. Anche quando si tratta di dare istruzioni via megafono per il ritorno: "Allora, ragazzi. Il treno per noi riparte alle 17.50. Su quello si sale g ratis. Se non rispettate l'orario fate gli indiani su quelli dopo. Ma sono c... vostri". Alle 14.05 sfila lento il cartello di Torino Porta Dora. Si comincia. Su i fazzoletti, giù i passamontagna. Per confondersi con gli altri. Per sembrare tutti uguali nella diversità "antagonista". Ma anche loro, pur non potendolo dire, sanno che non è così. Che anche tra squatter ci si riconosce e ci si conta.

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