Il Manifesto - 31.03.98

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TORINO ALL'ASCOLTO DI RADIO "BLACK OUT"
Vivere "in centro" tra sguardi ostili
Via etere, le voci degli squatter. Dal carcere Maria Soledad Rosas,
compagna di Edoardo Massari, annuncia lo sciopero della fame 
Dibattiti, libri, dischi, concerti rock. E campagne politiche. Come i
centri comunicano con il resto della città 
- ORSOLA CASAGRANDE - TORINO 
D a oggi sono in sciopero della fame. Non mi fanno vedere il mio Baleno
nemmeno per un'ultima volta. Al contrario mi puniscono. Ho sempre pensato
che ognuno fosse responsabile delle proprie azioni. Ma nel caso della morte
di Edoardo ci sono altri responsabili". E' stata radio Black out ieri
mattina a leggere la lettera che Maria Soledad Rosas, la compagna di
Edoardo Massari, ha scritto dal carcere annunciando di aver iniziato uno
sciopero della fame. Una lettera scritta con "rabbia", dice Soledad, che
aggiunge: "Almeno Edoardo ha avuto un ultimo attimo di libertà, scegliendo
quando morire. Io andrò avanti, non so come ma andrò avanti".
Filo diretto
La giornata di ieri a radio Black out, storica emittente dei centri
sociali, è stata dedicata alla lettura e ai commenti sugli articoli apparsi
in questi giorni sui diversi quotidiani. "La cosa più irritante - dice uno
dei conduttori - è leggere chi siamo e cosa facciamo scritto da gente che
non ci conosce affatto". Inizia la trasmissione "Radio rivolta", sono le
tre del pomeriggio. "Ci dipingono - dice indispettito il conduttore - come
delle teste vuote, gente sbandata che non ha nulla di dire, che si diverte
a sfasciare le vetrine del centro. Cosa leggono? si chiede lo stupito
giornalista. Ecco - continua il conduttore - noi leggiamo di tutto. Idee ce
ne abbiamo molte e forse è per questo che ci vogliono tappare la bocca.
Quanto alle vetrine sfasciate nel centro di Torino, perché non si dice che
la polizia ha caricato con violenza inaudita una manifestazione di
protesta? Perché non si dice che quelle vetrine sono state infrante per
reazione?".
A leggere i programmi dei centri sociali ogni settimana ci si diverte a
scoprire decine di appuntamenti, musicali e non. Ci sono le rassegne di
cinema (e le cene) del Barocchio occupato e di El Paso. Ci sono i dibattiti
organizzati dall'Askatasuna. Gli ultimi due sono stati quelli promossi dal
collettivo femminista Rossefuoco. Il primo era sullo stato dei negoziati
nel nord Irlanda. Un dibattito al quale ha partecipato anche un esponente
del Sinn Féin e al quale sono intervenute più di cento persone. Il secondo
incontro era sulla questione kurda ed è stato affidato ad una giornalista
del quotidiano di sinistra "Emek".
E poi ci sono i concerti. El Paso è forse il luogo più importante a Torino
per concerti, anche di gruppi stranieri, tra i più significativi della
scena punk-rock-noise. Un luogo di cult per gli amanti delle etichette
indipendenti, che giungono a Torino da tutta Italia. Sul palco di El Paso
hanno suonato, tra gli altri, Henry Rollins, i Dead Kennedys, i Toast e
centinaia di altri. Vastissima la produzione di materiali sonori e stampati
che esce dai centri sociali torinesi. E che si può trovare al centro di
documentazione "Senza pazienza", che è proprio sotto i locali della radio.
E' di Torino, legata a El Paso, la casa editrice "Nautilus" che ha stampato
testi importanti su anarchia e situazionismo. Così come sotto l'etichetta
discografica sempre legata a El Paso, sono stati incisi decine di vinili. E
ancora si stampano fumetti e riviste, si girano e producono video e
naturalmente volantini per intervenire direttamente nei dibattiti che
coinvolgono la città e il movimento. E' stato da un centro sociale, quello
dei Murazzi, che nell'estate di tre anni fa è partita la denuncia sulla
morte del ragazzo marocchino annegato nel Po, dopo essere stato
ammanettato. Una denuncia che ha portato alla luce i torbidi intrecci tra i
locali dei Murazzi e le squadre di vigilantes che avrebbero dovuto
difendere (armati di mazze da baseball) gli avventori torinesi dai
pericolosi stranieri che affollavano le rive del Po. E ancora dai centri
sociali è partita la campagna nazionale per la liberazione del giornalista
afro-americano Mumia Abu Jamal, condannato a morte per un omicidio che non
ha commesso.
Tra dialogo e chiusura
"Ora, dopo la morte di Edoardo - dicono ancora dai microfoni della radio -
le parole si sprecano. Qualcuno improvvisamente pensa che bisognerebbe
capire chi sono i ragazzi che frequentano i centri sociali. Qualcun'altro
chiede che venga chiusa radio Black out". Interviene una seconda
conduttrice: "Già abbiamo problemi di comunicazione, ci manca solo che ci
tolgano la radio". E il suo compagno di rimando: "Beh, lo scopo è proprio
questo: toglierci ogni possibilità di comunicare tra noi e con gli altri.
Toglierci la possibilità di dire la nostra". 
31 Marzo 1998 

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