La Repubblica - 03.04.98

WB01343_.gif (599 bytes)


PRESI A CALCI  SULLA TESTA  "CI GRIDAVANO: BASTARDI POI GIÙ CALCI E PUGNI"
DI FABRIZIO RAVELLI -  BROSSO CANAVESE
COSA si dice a gente che ti prende a calci in testa e nella  schiena,
mentre sei a terra? Scalmanati, nemmeno tanto  giovani, che ti urlano in
faccia: "Bastardo schifoso!". Perché  questo sarebbe poi il problema,
facendo questo mestiere:  che si dice, come si comunica, che relazione c'è
con questi  esagitati? E allora uno si trova a gridare in maniera un po'
incongrua: "Che cosa fate? Non mi conoscete, non sapete  nemmeno come mi
chiamo". Ma le mazzate continuano.  Sono scesi giù dalla riva, per i prati,
correndo. Hanno  fracassato a pietrate i vetri dell'auto. Ora prendono a
calci  me e il mio amico Jenner Meletti dell'Unità. 
 FACCE mai viste, piene di una rabbia cieca, e di un dolore  furioso che
cerca solo nemici. Eppure la faccia di Edo, steso  nella bara sotto un
bandiera nera con la A di anarchia, l'ho  vista stamattina all'obitorio: un
ragazzo dai lineamenti dolci.  Mi ricordava Franco Serantini, l'anarchico
ammazzato di  botte dalla polizia 26 anni fa a Pisa.
 Questi qua invece arrivano per far male, decisi, sono una  decina e in
mezzo a loro c'è una ragazza come mia figlia:  stessi capelli colorati,
anellini, jeans strappati. La guardo  mentre urlando "assassini!" fracassa
i vetri della mia vecchia  Volkswagen. Siamo in sette giornalisti, qui
dentro il recinto  bianco del bar-pizzeria Black Scorpion (ah, i nomi di
questa  Italia). Ci siamo messi qua, ben distanti dal lutto furibondo
degli squatter che affollano il sagrato della chiesa. Li  vediamo in
lontananza, lassù in alto, oltre la strada.  Ci hanno già cacciato dalla
piazza, un'ora fa: "Siete  giornalisti?". "Sì". "Allora ve ne dovete
andare, e anche in  fretta. Oggi qui non c'è posto per voi". Uno alto e
magro,  l'altro pieno di anelli in faccia: "Andate viaaa! È l'ultima
possibilità, se non volete guai". "Va bene, ce ne andiamo".  Non siamo qui
per litigare. Fra poco più di un'ora si farà il  funerale di Edo Massari,
morto suicida in cella. Se non ci  vogliono, andremo fuori dal paese. Però
questo sembra un  brutto western, ambientato fra i muri di pietra della Val
 Chiusella: straniero, vattene. I vecchi che guardano dalla  porta del bar.
 Faranno il loro funerale, mescolati alla gente del paese. Il  sindaco dice
che molti non lo volevano, questo funerale. Lui  ha cercato di mediare: il
corteo non si farà da casa Massari,  che è lontana, ma dalla cappella in
piazza. Su fino alla  chiesa, saranno cento metri in salita. Bene, ce ne
andiamo,  non siamo qui per provocare. Poi però uno si chiede, tanto  per
capire come può buttare il pomeriggio: e quei duecento  fra poliziotti e
carabinieri che hanno mobilitato, dove sono?  I poliziotti in divisa,
venuti da Ivrea, sono a tre chilometri dal  paese, sulle rive del laghetto
di Meugliano. Dica,  maresciallo, che ordini avete? "Di stare qui. Lassù
c'è la  guerra, se vedono noi. E allora stiamo lontani". I carabinieri?  Da
un'altra parte, a Vico Canavese: si vedono arrivare due  macchine
sgommando, davanti al Black Scorpion, quando si  diffonde la voce che lassù
fuori dalla chiesa hanno picchiato  un giornalista dell' Ansa. Ma fanno
subito retromarcia, e via:  "Falso allarme", dice uno in borghese.   Lassù
in chiesa ci sono Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, e  don Luigi Ciotti,
prete di frontiera. Uomini di pace, è buona  cosa che siano venuti: che
cosa diranno al furore degli amici  di Edo, troveranno le parole per
separare il lutto dalla voglia  di vendetta? Chissà, ma se hanno picchiato
uno sul sagrato  mentre dentro si dava l'addio a quel ragazzo, la pace è
già  andata a farsi benedire. Oggi non è solo giorno di lacrime.
Stamattina, all'obitorio del quartiere Nizza, in via Chiabrera  a Torino,
ho visto le lacrime delle ragazze scarmigliate. Una,  inginocchiata sul
marciapiede, componeva con lo scotch una  A rossa sullo stendardo nero: il
sudario per Edo. Marco  Revelli, preoccupato e scosso, firmava il registro
anche per  Giorgio Cremaschi, segretario regionale Fiom. Schegge di  una
Torino che vorrebbe tener aperto il canale della ragione,  con questi dei
centri sociali, che qualcun altro chiama  fantasmi, alieni. Rabbiosi, anche
qui. Senza lacrime, questi  quattro che sibilano: "Andate via, ma in
fretta. Via di qui..".  E la fine della giornata, davanti al Black Scorpion
di Brosso,  è a suon di mazzate. Le auto e la camionetta della polizia,
arrivate sulla strada dopo la notizia del pestaggio in chiesa,  anche
quelle se ne vanno. E due minuti dopo, ecco quei  dieci che si staccano
dalla folla lassù. Scendon o per i prati,  in silenzio, corricchiando.
Attraversano la strada, poi giù per  un altro dosso. Hanno già dei sassi in
mano, altri li  raccolgono dallo sterrato dove fuma un mucchio di letame.
Cominciano a fracassare i vetri delle auto, la mia e quella di  Paolo
Griseri del Manifesto. Lui si prende un cazzotto, e un  paio di calci.
 Poi salgono la rampa di cemento verso la porta del bar.  Sulla porta c'è
Jenner Meletti che mi grida: vieni dentro!  Arrivo fin lì, ma non mi
accorgo che uno mi sta addosso. Lui  mi tira indietro, Jenner prova a
tirarmi dentro. Mi buttano a  terra, e arriva una mazzolata di colpi. Un
paio di pugni, calci  nella schiena con gli anfibi. Gli altri quattro
giornalisti hanno  trovato scampo nella cucina della pizzeria. Anche Jenner
è  per terra, preso a pugni e calci. Quando lui urla "bastaaa!",  se ne
vanno gridando altri insulti. Tirano ancora qualche  pietra nella macchina,
sfasciano una portiera.  Una dalla pizzeria chiama il 113, ma non arriva
nessuno.  Bene, ragazzi, adesso ce ne andiamo davvero, con l'aria che
entra nella Volkswagen, e un fazzoletto di carta per  asciugare quel poco
di sangue in testa. Lassù, sul sagrato,  guardano il nemico che si ritira.
Hanno benedetto il loro lutto  con questo gesto di stupida violenza,
saranno magari  contenti. A me monta dentro una brutta depressione, che è
peggiore dei lividi. Mi hanno usato come bersaglio,  scambiato per
bersaglio, senza nemmeno sapere come mi  chiamo e da dove vengo. Beh, vengo
da un altro pianeta,  queste cose le ho già viste e avrei fatto a meno di
ricordare.
WB01343_.gif (599 bytes)