La Stampa - 01.04.98

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Viaggio al centro della rabbia 
A Torino, una notte nei centri sociali: anarchia, musica e poi le incursioni in cerca
di nemici. "Noi, portavoce della periferia esclusa" 
PROPRIO lì, sul Naviglio, dov'erano le osterie della mala quando lui vinceva il
campionato europeo di charleston prima di aprire nel 1971 la libreria Calusca,
Moroni aveva traslocato con loro un'ultima volta, occupando un capannone non
si sa bene se coi punk, con gli anarchici o coi comunisti libertari dell'ultima
generazione. Attorno prolifera il divertimentificio della Milano fine secolo tutta
birra messicana, margarita e frutta tropicale. Dentro invece ribolle la rabbia
sociale cui Moroni regalava l'utopia insieme a un po' di sana diplomazia. Con lui,
uomo della vecchia leggera caro ai nuovi ribelli, muore la mediazione, la
comunicazione tra due mondi.
Edoardo Massari, l'anarchico trentacinquenne che moriva contemporaneamente
nell'estrema solitudine del carcere torinese, cui nessuno potrà regalare il calore di
un addio confortante come quello meritato da Moroni, diventa il simbolo del
dopo. Il gelo. L'indifferenza. Il vuoto di mediazione e di comunicazione tra due
pezzi di città destinati a guardarsi sempre più in cagnesco. Dov'è troppo facile
cavarsela rilevando che la città dei drop-out , dei tagliati fuori, rimane piccola e
marginale rispetto alla città legale: così si può solo farla crescere, predisponendosi
a nuove guerre nella maniera peggiore. Come illudersi che nei quartieri periferici,
dove la disoccupazione giovanile oltrepassa il 40%, non insorga un fermento
contro anche da noi come a Londra o a Berlino? E allora sarà bene sapere che
vista l'impresentabilità ormai conclamata del comunismo si sta rigenerando nei
luoghi segregati l'idea anarchica. "C'è qualcosa di sinistro e spaventoso nella
velocità vertiginosa con cui in molti settori i rapporti basati su un'ideologia di
mutualità e doveri reciproci sono stati sostituiti da valori di mercato reali o
simulati", ha denunciato alla London School of Economics il professore anarchico
Colin Ward, e le sue lezioni vengono oggi tradotte in italiano dalla casa editrice
e/o ( La città dei ricchi e la città dei poveri ). Ma nell'attesa che nuove utopie
sostituiscano le vecchie, il tramonto della Milano avventurosa di Primo Moroni
cede il passo a quella crudelmente disincantata dei romanzi di Tiziano Sclavi.
Mentre la Torino orfana dell'operaismo resta muta, senza cantori.
Dopo una riunione per vagliare i pro e i contro, accettano di incontrarmi poco
prima di mezzanotte a Torino gli occupanti del centro sociale Gabrio, un grande
asilo comunale "preso" nel settembre '94 in via Revello, tra il quartiere Cenisia e
Borgo San Paolo. Visiterò la grande sala concerti dove venerdì sono attesi i Mau
Mau, il cinema, il teatro, il bar, lo spaccio, il laboratorio artistico e fotografico, la
stanza col murale in mezzo a cui è riprodotta la famosa prima pagina di Lotta
continua col delitto Calabresi, i gabinetti con su scritto "Questura". Ma prima ci
riuniremo in un ufficio somigliante alle sedi fumose d'altri tempi, forse anche per la
raccolta di Lotta continua conservata alle pareti insieme ai Gialli Mondadori.
L'impegno è di non riportare nomi, semmai di inventarli. Indulgere sulle pettinature
rasta , sul colore dei capelli, sul piercing alle orecchie o agli ombelichi, così
come sui cani amatissimi da questi ragazzi, significherebbe solo descrivere la parte
ovvia della loro identità.
Il resto, forse, è meno facile da accettare. Le vetrine spaccate in centro? "Fate
casino per qualche vetro rotto dopo le cariche della polizia, ma non c'è paragone
con le molotov e le pistolettate Anni Settanta". L'accanimento contro il libraio
Pezzana? "Lui è uno dei maggiori esponenti del pensiero sionista a Torino. Non è
stato leso come persona, si è colpito un simbolo. Niente follia ma un'intelligenza
spontanea che si è manifestata sul campo esercitando violenza contro le cose, non
le persone". E l'irruzione alla libreria della Stampa in via Roma? "I compagni
anarchici hanno condotto senza violenza un'azione situazionista, con fumogeni e
silicone. Solo il giudice Laudi può inventarsi un pericolo terrorista che non esiste,
prendersi una scorta del tutto inutile, magari fare carriera sulla nostra pelle".
Si sentono portavoce di una periferia esclusa, contrapposta al centro "salotto
buono" protetto dalle istituzioni. "Ma chi non ha giornali e tv deve parlare
attraverso le scritte sui muri. E poi vale di più il compagno Salvatore Ricciardi che
sta morendo di cancro in galera, o un muro del centro pulito?". A proposito della
sacra Sindone, adoperano epiteti che offenderebbero la fede di molti lettori:
"Castellani ha paura che gli roviniamo la festa per l'ostensione della Sindone,
elimina i barboni da via Viotti così come erige cancellate al mercato del Balon e in
molti giardini. Come potremmo dialogare con una città così?".
Non è strano che accanto ai testi dell'anarchismo e dell'anticomunismo di sinistra,
dentro le librerie dei centri autogestiti ricompaiano i vecchi classici
dell'anticlericalismo: perché nei quartieri - a parte i bar - come luoghi di ritrovo
giovanile ormai ci sono solo loro e le parrocchie. Nient'altro. El Paso, il più
vecchio e il più grande dei centri torinesi, è in via Passo Buole, vicino alla Fiat
Mirafiori, là dove una volta il punto di riferimento era la sezione operaia del pci. I
senzalavoro, i finti posti fissi delle cooperative, i precari dell'edilizia e i nuovi
protagonisti di un artigianato post-industriale, semmai vanno al centro sociale,
certo non in sezione.
Neanche nelle sezioni di Rifondazione comunista. "I nostri rapporti con
Rifondazione? Ma loro sono al governo! E anche se tornassero all'opposizione
resterebbero un partito verticale mentre noi crediamo nella centralità
dell'autogestione. Il potere va preso, ma per distruggerlo. E qui dentro noi
creiamo un meccanismo per distruggerlo fin da subito, il potere".
La notte lì dentro è soprattutto musica, ben prima della politica. La musica è il
linguaggio, è il riscatto estetico attraverso cui riconoscersi e distinguersi. Se negli
Anni Settanta il momento centrale era il corteo, alla fine dei Novanta cruciale
diviene il concerto. Le incursioni all'esterno, nell'altra città, sono invece
sporadiche, anche se la spirale maledetta degli arresti per l'ecoterrorismo
rudimentale dei Lupi grigi sta moltiplicandole imprevedibilmente. Potremo ben
dire, col senno di poi, che un'Alta Velocità ferroviaria simile a "un verminaio" -
parola del ministro Burlando - in Val di Susa tra gli altri guai ha prodotto pure un
similterrorismo straccione. Mentre a Torino spinge gli arrabbiati e gli squatters in
cerca di nemici, fino a rincorrere a Palazzo Nuovo il professor Gianni Vattimo,
cioè il più aperto dei docenti, colpevole di denunciare il vuoto culturale della
nostra società "dopo aver passato un ventennio a demolire ogni speranza di
mutamento sociale, ogni potenzialità liberatoria del pensiero". Parola di volantino
firmato "Studenti s-creditati".
Ecco, uno come Primo Moroni, sepolto ieri al cimitero di Chiaravalle proprio
vicino alle tombe dei bambini, ci avrebbe riso su, avrebbe spiegato a Vattimo e
Pezzana di portar pazienza, poi avrebbe condotto un dialogo col questore per
trattare l'armistizio, e i ragazzi disperati - sapendo di potersi fidare di lui - gliene
sarebbero stati grati.
Tra loro, ci si può scommettere, diventerà un mito. Il mito di una sovversione
ribalda ma sorridente dentro un Paese votato piuttosto alla tragedia. Ma intanto
ieri a Milano abbiamo salutato forse l'ultimo mediatore possibile col territorio
inesplorato dei senzalavoro e dei senzamemoria.
Gad Lerner 
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