La Stampa - 05.04.98
"SI È ROTTO IL DIALOGO TRA GENERAZIONI" L'ANALISI DEL SOCIOLOGO GALLINO: RISPETTO ALLA NOSTRA SOCIETÀ SI SENTONO MARZIANI
QUEL che sta accadendo in città è la spia di qualcosa che è già accaduto. I cristalli in frantumi, i sassi, la violenza, il clima di paura, una giornata di inquietudine e angoscia che Torino forse vorrebbe dimenticare come ci si sbarazza di un brutto sogno: ebbene tutto questo è solo un segnale. Qualcosa di molto importante, sconosciuto, sottovalutato è accaduto tempo fa, ora si mostra; è la rottura del processo di comunicazione e di trasmissione culturale tra una generazione e l'altra. Ovvero la "riproduzione delle teste", spiega Luciano Gallino. Per il sociologo della formazione la rivolta degli squatter è uno di quei fenomeni totalmente "nuovi", difficilmente accostabili a precedenti storici. "Tutti gli altri movimenti del passato avevano qualcosa da dire ''contro'' qualcos'altro. E hanno sempre dimostrato una grande capacità di utilizzare ai loro fini i mezzi di comunicazione. Persino i guerriglieri più isolati, nei Paesi più arcaici, usano con competenza i mass media. Per esempio rapiscono un ostaggio e ne fanno un caso internazionale. Gli squatter no, nei mezzi di comunicazione vedono soltanto il nemico". E questo come lo spiega? "Attraverso la rottura di quel processo di rigenerazione culturale per cui la società, pur cambiando di generazione in generazione, rimane sostanzialmente se stessa. Il risultato sono questi giovani che rifiutano un linguaggio comune, che in qualche modo vogliono solo essere lasciati stare. Rispetto alla società sono e si sentono davvero alieni, marziani. Non c'è un traduttore né umano né automatico per spiegarsi e capirsi". Ma possiamo fermarci a questa constatazione? Oscillando fra tolleranza e repressione? "Evidentemente no. Ci vuole anche un po' di buon senso. La violenza va fermata, e nello stesso tempo bisogna ammettere che offriamo loro veramente poco, in termini di spazi e di opportunità. Però dal mio punto di vista va soprattutto studiata la rottura dell'anello di comunicazione. Gli squatter sono poche migliaia, ma se la diagnosi è giusta diventeranno molti di più. I segnali non mancano, dall'America delle bande armate all'Europa dell'emarginazione giovanile". Lei accosta quel che si è visto a Torino più alle bande degli adolescenti violenti che non all'area dei "centri sociali"? "Infatti bisogna distinguere. Nei centri sociali il dialogo col resto della società non è interrotto. Ci sono cooperative che lavorano e scambiano prodotti materiali o intellettuali. Insomma, vivono su un'isola ma ogni giorno vanno a riva, al mercato. Gli squatter no". Ammetterà però che è molto facile confonderli, dal punto di vista di un osservatore esterno, di un normale cittadino. "Sì, perché è ovvio che poi questi giovani facciano riferimento ai centri sociali, dove può entrare chiunque". Però lei insiste nel distinguere i due aspetti. "Perché questa è una sorta di ''cresta'' che fatalmente prende la prima pagina. Ma rappresenta un fenomeno importante proprio perché ci spinge a capire che cosa sta succedendo in quella che noi sociologi chiamiamo la ''socializzazione primaria'', e cioè la vita a dieci, dodici anni. L'anello della catena si è rotto lì, nei primissimi anni di rapporto tra le generazioni, e adesso cominciamo a vederne i risultati". Quella rottura vuol dire sostanzialmente nichilismo, che gli squatter traducono con "anarchia". Il nichilismo del bambino che non vuole diventare niente, è questo l'anello spezzato? "In un quadro composto da scuola, famiglia, mass media, e dalla stessa politica che fa parte dell'aria respirata a quell'età, pur senza capirla. Noi abbiamo perduto la ricetta per ''riprodurre le teste'', in presenza di novità sconvolgenti come il mutamento demografico. C'è un modello di famiglia totalmente nuovo. E, aggiungerei, c'è una scuola che ha perso ogni progetto formativo, il progetto di formare una personalità". Tutto questo è deflagrato a Torino. C'è una ragione profonda che riguarda la città? "No, c'è stata solo la scintilla, anzi ce ne sono state due. Poteva accadere dovunque. E' un malessere generale".
Mario Baudino