La Stampa - 05.04.98

WB01343_.gif (599 bytes)


"SI È ROTTO IL DIALOGO TRA GENERAZIONI" L'ANALISI DEL SOCIOLOGO 
GALLINO: RISPETTO ALLA NOSTRA SOCIETÀ SI SENTONO MARZIANI 
QUEL che sta accadendo in città è la spia di qualcosa
che è già accaduto. I cristalli in frantumi, i sassi, la violenza, il clima di
paura, una giornata di inquietudine e angoscia che Torino forse
vorrebbe dimenticare come ci si sbarazza di un brutto sogno: ebbene
tutto questo è solo un segnale. Qualcosa di molto importante,
sconosciuto, sottovalutato è accaduto tempo fa, ora si mostra; è la
rottura del processo di comunicazione e di trasmissione culturale tra
una generazione e l'altra. Ovvero la "riproduzione delle teste", spiega
Luciano Gallino.
Per il sociologo della formazione la rivolta degli squatter è uno di quei
fenomeni totalmente "nuovi", difficilmente accostabili a precedenti
storici. "Tutti gli altri movimenti del passato avevano qualcosa da dire
''contro'' qualcos'altro. E hanno sempre dimostrato una grande
capacità di utilizzare ai loro fini i mezzi di comunicazione. Persino i
guerriglieri più isolati, nei Paesi più arcaici, usano con competenza i
mass media. Per esempio rapiscono un ostaggio e ne fanno un caso
internazionale. Gli squatter no, nei mezzi di comunicazione vedono
soltanto il nemico".
E questo come lo spiega?
"Attraverso la rottura di quel processo di rigenerazione culturale per
cui la società, pur cambiando di generazione in generazione, rimane
sostanzialmente se stessa. Il risultato sono questi giovani che rifiutano
un linguaggio comune, che in qualche modo vogliono solo essere
lasciati stare. Rispetto alla società sono e si sentono davvero alieni,
marziani. Non c'è un traduttore né umano né automatico per spiegarsi
e capirsi".
Ma possiamo fermarci a questa constatazione? Oscillando fra
tolleranza e repressione? 
"Evidentemente no. Ci vuole anche un po' di buon senso. La violenza
va fermata, e nello stesso tempo bisogna ammettere che offriamo loro
veramente poco, in termini di spazi e di opportunità. Però dal mio
punto di vista va soprattutto studiata la rottura dell'anello di
comunicazione. Gli squatter sono poche migliaia, ma se la diagnosi è
giusta diventeranno molti di più. I segnali non mancano, dall'America
delle bande armate all'Europa dell'emarginazione giovanile".
Lei accosta quel che si è visto a Torino più alle bande degli
adolescenti violenti che non all'area dei "centri sociali"? 
"Infatti bisogna distinguere. Nei centri sociali il dialogo col resto della
società non è interrotto. Ci sono cooperative che lavorano e
scambiano prodotti materiali o intellettuali. Insomma, vivono su
un'isola ma ogni giorno vanno a riva, al mercato. Gli squatter no".
Ammetterà però che è molto facile confonderli, dal punto di
vista di un osservatore esterno, di un normale cittadino. 
"Sì, perché è ovvio che poi questi giovani facciano riferimento ai centri
sociali, dove può entrare chiunque".
Però lei insiste nel distinguere i due aspetti. 
"Perché questa è una sorta di ''cresta'' che fatalmente prende la prima
pagina. Ma rappresenta un fenomeno importante proprio perché ci
spinge a capire che cosa sta succedendo in quella che noi sociologi
chiamiamo la ''socializzazione primaria'', e cioè la vita a dieci, dodici
anni. L'anello della catena si è rotto lì, nei primissimi anni di rapporto
tra le generazioni, e adesso cominciamo a vederne i risultati".
Quella rottura vuol dire sostanzialmente nichilismo, che gli
squatter traducono con "anarchia". Il nichilismo del bambino
che non vuole diventare niente, è questo l'anello spezzato? 
"In un quadro composto da scuola, famiglia, mass media, e dalla
stessa politica che fa parte dell'aria respirata a quell'età, pur senza
capirla. Noi abbiamo perduto la ricetta per ''riprodurre le teste'', in
presenza di novità sconvolgenti come il mutamento demografico. C'è
un modello di famiglia totalmente nuovo. E, aggiungerei, c'è una scuola
che ha perso ogni progetto formativo, il progetto di formare una
personalità".
Tutto questo è deflagrato a Torino. C'è una ragione profonda
che riguarda la città? 
"No, c'è stata solo la scintilla, anzi ce ne sono state due. Poteva
accadere dovunque. E' un malessere generale".
Mario Baudino
WB01343_.gif (599 bytes)