La Stampa - 05.04.98

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NON C'E' MOLTO DA CAPIRE 
STO seguendo il corteo degli squatter attraverso Radio Black Out;
avevo progettato di andarci, non per partecipare alla manifestazione i
cui obiettivi non condivido, ma per fare finalmente un passo verso
quella comprensione della cultura "alternativa" che da tante parti, in
questi giorni, è stata invocata come un comportamento politicamente e
eticamente corretto. Ma poiché sono stato additato, insieme a
magistrati, giornalisti, politici, come uno degli "assassini" di Edo
Massari, ho infine deciso di dar retta ai consigli della prudenza: non
volevo finire per agire da provocatore, e nemmeno apparire come un
"recuperatore", come la radio che ascolto chiama coloro che si
propongono, per l'appunto, quella comprensione che anch'io finora
avevo pensato possibile e doverosa. Le voci che ascolto dicono che
non vogliono alcun dialogo con i servi delle istituzioni (cioè tutti al di
fuori dei loro gruppi), e non vogliono nemmeno essere "rappresentati"
dai media, tanto che non tollerano la presenza di nessun giornalista, di
destra, centro o sinistra che sia. (La voce che parla ora esemplifica la
mostruosa parzialità dei media informando che l'episodio di ieri al
Supermercato Continente di Torino non è stato una spesa proletaria,
ma una iniziativa di controinformazione con distribuzione di volantini:
ma hanno o no consumato merci senza pagare? Su questo almeno ci
potrebbe essere una informazione esatta). I giornalisti trattati come
l'altro giorno a Brosso (la voce di Radio Black Out: erano stati invitati
a non presentarsi, e dunque sono stati "allontanati"; semantica
dell'eufemismo!) dovrebbero finalmente corrispondere a questo rifiuto
della rappresentazione, decidendo un totale silenzio stampa e tv sulle
iniziative degli squatter. (La voce: il movimento rifiuta ogni dialogo a
meno che si liberino immediatamente Sole e Silvano, e anche "tutti i
prigionieri detenuti"). Il silenzio stampa avrebbe forse una quantità di
altre buone ragioni: oltre al "rispetto" per il carattere totalmente
alternativo di questa cultura, anche l'obiettivo di non contribuire a
conferirle una ingiustificata visibilità e importanza.
Ingiustificata? Qui si riapre il problema della comprensione del
significato del fenomeno. Ciò che ha urtato di più la sensibilità degli
squatter che qualche giorno fa mi hanno affrontato - solo a (male)
parole - nel mio ufficio all'università, e che hanno anche inviato una
lettera al direttore della Stampa , è stato il giudizio sul "vuoto
culturale" che mi sembra caratterizzare il loro movimento. Nella loro
lettera dicono che gli "altri valori" in cui credono sono "l'uguaglianza
tra gli esseri umani nel rispetto delle loro differenze, la gestione
comune delle risorse del pianeta e la piena realizzazione delle
potenzialità umane, individuo per individuo". E se dico che sono
proprio questi i valori in cui anch'io credo, come tanti altri "servi delle
istituzioni", mi risponderanno certo che dalla mia pratica (ciò che
insegno all'università, ciò che scrivo su questo giornale e nei miei libri)
si vede tutto il contrario. Ma che cosa devo dedurre io dalla loro
pratica? L'uguaglianza tra tutti gli esseri umani implica davvero che, in
un regime democratico (anche loro possono votare, anche loro hanno
una radio), devastino periodicamente la città imponendo
all'amministrazione locale - che già concede loro l'uso di tanti edifici di
proprietà pubblica - le spese per il ripristino della vivibilità (almeno di
quella che la maggioranza dei cittadini, "esseri umani" abitanti in questa
città, considera tale)? (La radio: finita la manifestazione, riferisce che
durante il corteo c'è stato un attacco al palazzo di giustizia, con muri
imbrattati e rottura di vetri; sembra una colpa veniale, ovvio che non
poteva andare diversamente, anche questo bisogna "comprenderlo").
A proposito di comprensione: durante la radiocronaca del corteo,
Radio Black Out trasmette anche interventi più ideologicamente
impegnati. La lotta non è solo per la liberazione di Sole e Silvano, ma
per l'abolizione delle carceri, per il salario minimo ai disoccupati,
perché l'inchiesta sulla morte di Massari faccia piena luce, perché
finisca questo maledetto sistema fondato sul "lavora, consuma e
crepa". Ma, per prendere un punto: il salario minimo di cittadinanza è
un'idea di cui hanno parlato persino i giornali servi dei padroni,
discutendone i pro e i contro; del resto se ne sta occupando anche il
governo.
Nella prospettiva anarchica degli squatter chi dovrebbe erogare il
salario minimo di cittadinanza? Occorre o no che lo deliberi il
Parlamento dove siedono i politici "assassini" di Edo? Si dice anche
che non tutti i centri sociali sono uguali, che i violenti pestagiornalisti
sono una minoranza. Ma che cosa dicono e fanno gli altri, quelli più
"colti" e buoni? Si sono in qualche modo dissociati dai pestaggi della
Val Chiusella, dalle devastazioni urbane delle settimane scorse?
Potrebbero per esempio offrirsi di lavorare al ripristino di muri e
vetrine che i loro "compagni che sbagliano" hanno imbrattato e
spaccato. Il Comune potrebbe addirittura pagare ai disoccupati che
essi difendono le somme che dovrà investire per questo scopo. Che
ne direbbe Radio Black Out?
E infine, quanto a comprendere e dialogare: la diffidenza che gli
squatter manifestano nei confronti dei "recuperatori" e dei dialoganti
ha forse qualche buona ragione. Sospetta che chi vuole
"comprendere" gli alternativi li consideri in fondo delle pecorelle
smarrite, che non sanno quel che fanno (e Dio sa se è vero!), da
compatire con una compunzione ipocrita e pelosa. Meglio dichiarare
che non c'è gran che da capire. La loro cultura, quando riesce a
esprimersi in discorsi articolati e non solo in urli e insulti, è per
l'appunto anche la nostra. Quella scritta nei libri che noi servi del
potere cerchiamo di far leggere a tanti riottosi studenti "alternativi" - i
quali però preferiscono nutrirsi di musica techno e di "fanzine"
(qualcuno ci spieghi che cosa sono, e se è un plurale...). Che
preferiscono, appunto, farsi rincretinire da quella ideologia del
consumo che poi calunniano alla loro radio e da cui vorrebbero
liberarsi, invece che leggendo, spaccando vetrine e devastando città.
Gianni Vattimo
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