intervista
a Scott Ritter Quelli
che seguono sono stralci di una intervista rilasciata da Scott Ritter a W.
R. Pitt a metà agosto di quest’anno. Ritter è stato un marine ed è
una vera e propria autorità nel campo del disarmo militare. Ha
partecipato per sette anni alla missione di disarmo in Irak in qualità di
ispettore ONU. E’ un fervente repubblicano e ha votato per Bush nelle
ultime elezioni presidenziali… insomma decisamente non è un anarchico né
un no-global, ma i suoi argomenti, i suoi dati documentati danno forza a
chi si oppone alla guerra. Pitt: In generale sono 5 i punti su cui focalizzano l’attenzione il
governo Usa e le persone interessate ad attaccare l’Irak: 1.il
potenziale nucleare; 2. le armi chimiche, 3. le armi biologiche, 4. un
sistema missilistico tale da raggiungere gli Usa, 5. le possibili alleanze
Saddam Hussein - Bin Laden. Iniziamo dal potenziale nucleare. S. R. : Quando lasciai l’Irak nel 1998, dopo la fine delle ispezioni
Onu, l’infrastruttura e gli stabilimenti erano stati eliminati al 100%.
Su questo non c’è alcun dubbio… si teme che gli irakeni possano in
futuro ricostruire il loro programma di produzione nucleare. Ma dobbiamo
essere realistici: non è qualcosa che si realizza in una notte… per
riacquistare una potenza nucleare l’Irak dovrebbe ricostruire da zero le
proprie capacità di produzione ad un costo di decine di miliardi di
dollari. Le armi nucleari non possono essere costruite in una cantina o in
una caverna, ma richiedono una moderna infrastruttura industriale che a
sua volta ha bisogno di ingenti quantità di energia elettrica e di
tecnologie complesse non facilmente disponibili sul mercato…
[inoltre]… i laboratori emetterebbero radiazioni gamma, insieme a molte
altre frequenze. Tutte cose che si possono rilevare. L’Irak non è in
grado di aggirare l’intelligence. Pitt : e per quanto riguarda le armi chimiche? S. R. : L’Irak produceva tre tipi di agenti nervini: il sarin, il tabun
e il xv. Alcune persone favorevoli alla guerra contro l’Irak parlano di
ventimila munizioni cariche di agenti nervini… questo però non è
supportato dai fatti… il sarin e il tabun hanno un tempo di
conservazione di cinque anni… anche se l’irak fosse riuscito in
qualche modo a nascondere una tale grande quantità di armi, ora in
magazzino non avrebbe altro che un inutile, inoffensiva melma… abbiamo
mantenuto una stretta osservazione, tramite il satellite e altri mezzi, e
non abbiamo visto niente. Se l’Irak stesse producendo armi oggi, ne
avremmo delle prove inconfutabili, non c’è il minimo dubbio… oggi,
parlare delle armi chimiche dell’Irak non ha più senso. Pitt : E le armi biologiche? S. R. : L’Irak era in grado di produrre antrace liquido… l’antrace
liquido anche in condizioni di conservazione ideali germina nell’arco di
tre anni e diventa inutilizzabile. Quindi anche se l’irak ci avesse
mentito e avesse ancora riserve di antrace- e non ne abbiamo le prove- si
tratta di una pura speculazione teorica… e la ricerca e la produzione
biologica hanno costituito gli obiettivi maggiormente perseguiti dalle
indagini dei nostri ispettori agli armamenti. Abbiamo perlustrato ogni
singola struttura di ricerca e di produzione, ogni università, ogni
ospedale, ogni fabbrica di birra: abbiamo ispezionato ogni struttura in
cui potesse avvenire la fermentazione e non abbiamo mai trovato prova
alcuna che dimostrasse ricerca o produzione o conservazione. Pitt : Cosa mi dice della capacità balistica dell’Irak? S. R. : E’ stato vietato all’Irak di possedere missili di gittata
superiore ai centocinquanta km… [ma ] l’Irak non ha neanche la capacità
di costruire missili balistici a corto raggio, l’idea che l’Irak possa
improvvisamente saltar fuori con un missile ad ampio raggio è ridicola.
Dovrebbero fare moltissimi test e questi devono essere compiuti
all’aperto. Non riuscirebbero a sfuggire ai rilevamenti. Pitt : Ci rimane da parlare della connessione con Al Quaeda. S. R. : Una faccenda palesemente assurda: Saddam è un dittatore laico.
Ha passato gli ultimi trent’anni a dichiarare guerra al fondamentalismo
islamico, facendolo a pezzi. Ha combattuto una guerra contro l’Iran in
parte a causa del fondamentalismo islamico. In Irak oggi ci sono leggi che
sentenziano la pena di morte per il proselitismo in nome del wahabismo,
anzi per qualsiasi forma di islamismo, ma sono particolarmente accaniti
contro il wahabismo che, si sa, è la religione di Osama Bin Laden. E’
noto l’odio di Osama Bin Laden per Saddam. Lo ha chiamato apostata,
un’accusa che implica la pena di morte. Pitt: perché nel 1998 è stato ordinato il ritiro degli ispettori
dell’Onu? S. R. : … le ispezioni non sono sempre state fatte in modo corretto [ qui
Ritter si riferisce esplicitamente ai casi di provocazione e di spionaggio
intrapreso da altri ispettori N. d. R. ]… nel 1996, Rolf Ekeus, il primo direttore degli ispettori Onu in
Irak, riuscì a studiare un accordo chiamato “modalità per le ispezioni
dei siti sensibili”. Quando gli ispettori si recavano in un sito che gli
irakeni dichiaravano di essere “sensibile”, gli irakeni dovevano
agevolare l’ingresso immediato di un’unità di ispezione di quattro
uomini che accertasse la natura del sito: ovvero se aveva a che fare con
armi di distruzione di massa o fosse davvero un sito sensibile [ cioè inerente alla sicurezza nazionale dell’Irak
N. d. R.
]… queste modalità funzionarono abbastanza bene da consentirci di
compiere il nostro lavoro dal 1996 al 1998… Richard Butler, che sostituì
Ekeus nel 1998, in coordinazione esclusiva con gli Usa, disse che gli
ispettori che sarebbero andati in Irak a dicembre (1998) avrebbero
disatteso le “Modalità”. Gli ispettori andarono in Irak e pretesero
di entrare nel quartier generale del partito Ba’ath nel centro di
Baghdad. Gli irakeni dissero che si trattava di un sito sensibile, ma che
la squadra di quattro ispettori poteva entrare senza problemi. Gli
ispettori dichiararono nulle unilateralmente le “modalità” e
annunciarono che avrebbero fatto entrare l’intera squadra. Gli irakeni
cercarono di trovare un compromesso facendo entrare sei ispettori. Il
gruppo non trovò nulla. Ma ugualmente richiese l’accesso di una squadra
molto più numerosa… gli irakeni risposero che avrebbero lasciato
entrare altri ispettori solo secondo quanto stabilito dalle “modalità”.
Gli ispettori fecero rapporto citando l’episodio come una violazione
dell’ingiunzione del consiglio di sicurezza dell’Onu.
Le squadre di ispezione furono ritirate, in base agli ordini degli
Usa e in violazione delle normative che impedivano un ritiro degli
ispettori se non previo consenso del consiglio di sicurezza... gli
ispettori furono ritirati unilateralmente e due giorni dopo ebbe inizio la
campagna di bombardamenti. Pitt: quale sarebbe l’ammontare di perdite umane nel breve termine nel
caso di una guerra contro l’Irak? S. R. : L’Irak non si farà da parte. Non credo che gli irakeni si
ribelleranno a Saddam, e se lo facessero sarebbero brutalmente repressi.
Penso che se gli Usa invaderanno il paese entrando da sud, Saddam prenderà
di mira gli sciiti, causando venti o trentamila morti. Saddam colpirà
preventivamente il Kurdistan, uccidendo tra i dieci e i ventimila curdi.
Gli Usa dovranno “ridurre” Baghdad, un’area urbana di 5 milioni di
persone. Pensiamo a Grozny, quando i russi erano alla caccia dei ceceni.
Qui sarà ancora peggio: uccideremo dai trenta ai quarantamila civili.
Stiamo parlando di un numero enorme di vittime civili, per non parlare
delle decine di migliaia di soldati irakeni e uomini del personale di
sicurezza che troverebbero la morte…. [inoltre] quando si incomincia a
parlare di guerriglia urbana e di stanare persone in un’area carica di
civili, le opzioni sono molto limitate. Bisogna capire che anche noi
soffriremo perdite considerevoli. Vi saranno parecchie centinaia se non
migliaia di vittime anche tra i nostri ranghi. Pitt : E nel peggiore dei casi… S. R. : Se la situazione precipita ci troviamo con settantamila americani
isolati in Irak che rischiano di essere annientati, useremo il nucleare.
Questa guerra peggiorerà solo le cose. Non vedo nessun lieto fine. Pitt : Alcuni suoi concittadini la chiamano traditore, perché parla così
apertamente di tali argomenti. Lei come risponde? Non possiamo considerarci una democrazia se i cittadini non partecipano.
Io partecipo. La gente non ha l’obbligo di essere d’accordo con me.
Non è un problema. Rispetto la differenza di opinioni, e invito tutti
quelli che non sono d’accordo con me a discuterne insieme per mettere in
tavola le differenze e capire su cosa, esattamente, siamo in disaccordo.
Io credo mi presenterei sul tavolo con dei fatti documentati. Una delle
cose di cui vado maggiormente orgoglioso, nella storia che è iniziata
quando mi sono dimesso, è che tutti i giornalisti che mi hanno
intervistato tornano da me e mi dicono la stessa cosa: non riescono a
provare che mi sono sbagliato. Se dico che è successa una cosa è
successa esattamente come l’ho raccontata. Il testo integrale della intervista è nel testo
“Guerra all’Irak”, W. R. Pitt, Fazi editore 2002, consultabile
presso la Libreria di Movimento ogni lunedì alle ore 20.30
in piazza Mercato 40. |