-----Messaggio originale-----
Da: Carlo Sandrin <pd@ilcircolino.it>
Data: lunedì 20 dicembre 1999 15.17
Oggetto: Giamaica // pena di morte in jamaica



                       Giamaica

                       L' isola della forca






  Amnesty International lancia un nuovo, urgentissimo allarme per la
Giamaica. Nell' ex colonia
  britannica i diritti umani sono sempre più clamorosamente ignorati. Il
paese del reggae prevede per
  legge la pena capitale mediante impiccagione. E sebbene le sentenze di
morte non siano eseguite
  dal 1988, c' è una crescente proccupazione che ciò possa accadere fra
breve. L' allarme è
  scattato nell' ottobre del 1997 quando il governo, presieduto da P.J.
Patterson del People National
  Party, ha informato il Segretario Generale delle Nazione Unite dell'
intenzione di ritirarsi come
  Partito di Stato dal Protocollo Opzionale del Patto Internazionale sui
Diritti Civili e Politici(ICCPR),
  con effetto dal gennaio 1998. In seguito a questa decisione senza
precedenti, il Comitato per i
  Diritti Umani non può più prendere atto delle denunce contro quel
governo per le violazioni dei diritti
  garantiti dall' ICCPR. Il Comitato ha espresso "estremo
rincrescimento" per la scelta del governo
  giamaicano, unito alla preoccupazione circa maltrattamenti e morti in
custodia nonché per "l'
  incidenza spaventevolmente alta dell' uso di armi da fuoco" da parte
delle forze dell' ordine. Ha
  inoltre chiesto al governo di indagare su tutti gli incidenti causati
dall' uso di armi da fuoco da parte
  della polizia e sulle morti in carcere. In Giamaica - una repubblica
che si regge su un sistema
  bipartitico - severe limitazioni alle libertà personali furono
adottate dal governo sin dal 1977 quando
  emanò disposizioni che imponevano limiti di tempo ai ricorsi delle
Nazioni Unite per i Diritti Umani
  e alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani.In base a questi
provvedimenti, se i limiti di
  tempo non vengono rispettati dal prigioniero o dall' ente
internazionale che si occupa del ricorso, il
  governo può eseguire la condanna in qualsiasi momento, anche a ricorso
in sospeso. Nel braccio
  della morte del carcere di "Spanish town" sono attualmente detenuti 50
prigionieri.Per sei di loro
  sono stati pronunciati ordini di esecuzione e sono stati trasferiti
nelle celle della morte adiacenti
  alle forche.Il primo ad essere giustiziato potrebbe essere Neville
Lewis che ha esaurito tutti i
  ricorsi. Per altri nove condannati si prevede l' esecuzione nell' arco
di pochi mesi. Nel settembre
  scorso, il braccio della morte è stato visitato da Dan Cooper,
rappresentante dell' Alta
  Commissione per la Difesa dei Diritti Umani. Nel suo rapporto, Cooper
denuncia che quattro
  condannati non sono più in grado di intendere e di volere. Risulta
inoltre che tutti i prigionieri
  appartengono ai ceti più bassi della popolazione, che non hanno una
difesa appropriata o che non
  l' hanno affatto, che subiscono costanti abusi e violenze da parte
delle guardie carcerarie. Il
  rapporto cita inoltre l' intollerabile situazione nelle carceri dell'
isola: prigionieri con i piedi mangiati
  dai morsi dei topi, con ferite alla testa e sul corpo a causa della
violenza delle guardie che
  sequestrano e distruggono beni personali e pacchi inviati dalle
famiglie. Sono pervenuti inoltre
  numerosi rapporti di sparatorie mortali avvenute in circostanze
discutibili per mano di forze dell'
  ordine. I morti per mano della polizia nel 1997 sono stati 186.Un team
di avvocati locali, legati ad
  Amnesty International, si sta battendo per i meno abbienti anche se
non dispone di fondi
  sufficienti, al fine di garantire ai condannati almeno i diritti
basilari.Alcuni di questi avvocati hanno
  ricevuto pesanti minacce. Perfino il cantante poeta Mutabaruka ha
messo a loro disposizione il
  suo popolare programma radio "The Cuttin' Edge", per dare voce all'
allarme nei confronti di uno
  stato che risulta sempre più marcatamente giustizialista. Intanto,
pesante è la campagna condotta
  dal quotidiano "The Gleaner", il maggior organo di informazione
giamaicano, a favore della pena di
  morte. Fioccano quotidianamente nella posta dei lettori le lettere di
"buoni cristiani" che invocano
  soluzioni finali in nome dei versetti della Bibbia. Le lettere sono
accompagnate da un macabro
  disegnino di un impiccato che dondola dal cappio. Al contrario,
concetti come recupero,
  tolleranza, ricerca delle cause del problema della violenza sono
assolutamente minoritarie e
  suscitano diffidenza, quasi fossero in odore di "fiancheggiamento" ai
condannati. Tutto ciò mentre i
  ghetti di Kingston si rivelano un inferno ai limiti della
sopravvivenza, con una media di due o tre
  omicidi al giorno. La campagna sulla pena di morte in Giamaica vede in
prima linea il gruppo 105
  della sezione italiana di Amnesty International. è attiva anche l'
associazione Nessuno Tocchi
  Caino che si sta adoperando per inviare un paio di deputati italiani a
colloquiare con i parlamentari
  caraibici.



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