IL MATTINO
Domenica 25 Aprile 1999
Guerriglia davanti alla Nato: dieci feriti
Per il maltempo elicotteri Apache diretti in Albania atterrano a
Capodichino
DANIELA DE CRESCENZO
Il corteo pacifista finisce in guerriglia. Quattro minuti di violenti
scontri con la polizia, dieci feriti (quattro tra i manifestanti e
sei tra
gli agenti), uno studente fermato (poi rilasciato) e una lunga scia
di
polemiche. È il bilancio del corteo contro la guerra in Kosovo
organizzato
ieri mattina dal «Coordinamento unitario napoletano per la pace»,
del quale
fanno parte Rifondazione Comunista, i Vas, alcuni Centri sociali (Officina
99, lo Ska e il Dam), Autorganizzazione Studentesca e l’Associazione
per la
Pace, la Lega Obiettori di coscienza e altre associazioni e organizzazioni
di volontariato. Alla iniziativa avevano aderito anche i Verdi. E mentre
a
Bagnoli infuriava la guerriglia, facevano scalo a Capodichino a causa
del
maltempo gli «Apache», i temibili elicotteri anticarro
americani, diretti
verso l’Albania.
Il corteo, cinquemila persone secondo gli organizzatori, mille e
cinquecento secondo la Digos, si è mosso da piazzale Tecchio
intorno alle
11,30, aperto da un gruppo di bambini Rom. Alle loro spalle un grande
striscione con la scritta: «Cessate i bombardamenti senza condizioni».
Dietro, i rappresentanti di Rifondazione Comunista con il segretario
cittadino, Gennaro Migliore e il deputato Franco Giordano, Antonio
D’Acunto, coordinatore dei Vas e alcuni rappresentanti dei Verdi. Al
centro
del lungo serpentone i giovani dei Centri sociali con alcuni rappresentanti
dei Centri romani, poi gli studenti. Tanti, e diversi, gli slogan:
dalla
richiesta del «Cessate il fuoco in Kosovo» al «Fuori
la Nato dall’Italia».
I manifestanti sono sfilati lungo piazzale Tecchio, si sono avviati
verso
la Rai, dove nel frattempo si era già svolto un presidio di
Rifondazione,
per arrivare al vialone d’accesso della Nato di Bagnoli. A circa trecento
metri dall’ingresso del Comando, i Centri sociali hanno preso la testa
del
corteo e si sono trovati davanti un cordone di polizia. E qui cominciano
gli scontri tra lancio di oggetti da parte dei manifestanti (anche
i
sanpietrini oltre ai palloncini di vernice e alle lampadine) e la reazione
delle forze dell’ordine. Le versioni, come sempre, discordano. «Volevamo
solo sistemare lo striscione davanti ai cancelli della Nato - spiega
uno
dei rappresentanti dei Centri sociali - ma i poliziotti per impedircelo
hanno lanciato lacrimogeni e ricorso all’uso dei manganelli. Molti
di noi
sono rimasti feriti. Alla fine hanno fermato Marco Esposito, studente
del
Mercalli». Lo studente è stato rilasciato nel pomeriggio.
Completamente diversa la versione degli agenti, bersaglio di una fitta
sassaiola, palloncini pieni di vernice rossa, lampadine, sanpietrini,
mentre era in corso una trattativa con i rappresentanti di Rifondazione
per
la sistemazione del camion per dare agli oratori la possibilità
di parlare.
Solo a quel punto i poliziotti avrebbero reagito. Esposito sarebbe
stato
fermato perchè agitava una spranga di ferro, in testa aveva
un casco bianco
e davanti alla bocca una maschera per coprire il volto. Gli scontri
sono
durati in tutto tre o quattro minuti, anche diversi agenti sono rimasti
feriti. La versione della Digos è in parte confermata da uno
degli
organizzatori, Antonio D’Acunto, che pur parlando di reazione eccessiva
racconta: «Qualcuno ha lanciato palloncini pieni di vernice rossa
contro i
poliziotti, non ho visto pietre. Attenzione. gli scontri non devono
offuscare la riuscita di una manifestazione dal carattere pacifista
e non
violento. La forte partecipazione ecologista, pacifista e non violenta
e di
tanti cittadini non appartenenti a nessuna siglia alla manifestazione
esprime la richiesta della città di porre fine alla guerra nei
Balcani».
Subito dopo questi momenti di tensione, i manifestanti hanno organizzato
un
comizio: «Non è possibile trasformare in guerriglia urbana
una
manifestazione contro la guerra. Le cariche della polizia sono state
ingiustificate, sarà il Governo a dover spiegare perchè
si è scelta la
strada della repressione», ha detto il segretario cittadino di
Rifondazione, Migliore. Sull'accaduto Rifondazione presenterà
un'interrogazione. Un gruppo di studenti autorganizzati e rappresentanti
dei centri sociali, poi, è andato al Mercalli, la scuola del
ragazzo
fermato, dove si stava svolgendo una manifestazione organizzata da
genitori, docenti, studenti che hanno dipinto aule, organizzato un
buffet e
tornei sportivi. Stava per iniziare un concerto. Ma l’arrivo dei
manifestanti «antiguerra» ha fermato tutte le attività
ed è partita una
conferenza stampa.
Intanto a Capodichino era già atterrato un gruppo di 27 velivoli,
composto
dagli Apache, elicotteri anticarro, e da elicotteri Chinook e Black-Hawk;
il maltempo aveva bloccato il trasferimento in Albania. Il gruppo di
elicotteri Apache dell'U.S. Army fermo a Capodichino fa seguito ad
un altro
gruppo, transitato per Brindisi mercoledì scorso e nella stessa
giornata
giunto a Rinas, nei pressi di Tirana.
Domenica 25 Aprile 1999
CORRIERE DELLA SERA
Migliaia nelle piazze, incidenti e feriti
Roma, duecentomila con i Ds. Napoli, scontri tra polizia e militanti
di
Rifondazione. Milano, assedio al consolato Usa
Cortei pacifisti, scoppia la violenza
MILANO - Per la pace. In un clima da guerriglia. A Napoli l'assedio
alla
base Nato: sassi e bottiglie, cariche della polizia, quattro feriti.
A
Milano l'assalto al consolato americano: estintori e fumogeni, centinaia
di
scritte sui muri, la bandiera italiana che brucia. I cortei pacifisti:
si
parte con gli slogan, spesso si finisce con gli incidenti. Così
ieri: a
Napoli come a Milano. E i timori, per oggi, aumentano: ci sono le
manifestazioni per il 25 Aprile, ma scatteranno anche le «incursioni»
e le
«marce contro la guerra» di sindacati autonomi, centri
sociali, varie
associazioni.
Città diverse, immagini simili. Giovani con il volto coperto,
sassi verso
la polizia, insulti alla Nato e agli americani, risposta di forza degli
agenti. Per la pace senza pace. È a Napoli, ieri, nel primo
pomeriggio, il
clima più teso. Il corteo è organizzato da Rifondazione
comunista,
partecipano anche i Verdi, i ragazzi dei centri sociali, gruppi di
studenti, comitati contro la guerra. Partenza da piazzale Tecchio,
dalle
parti dello stadio San Paolo. La prima tappa è il centro di
produzione
della Rai: una parte del corteo si stacca. E volano subito sassi, bottiglie
e palloncini pieni di vernice rossa contro i poliziotti. Che rispondono
con
i lacrimogeni.
Avanti. La marcia napoletana arriva nel viale che porta ai cancelli
del
comando Nato di Bagnoli. I manifestanti sono quasi duemila, vogliono
arrivare all'ingresso della base, si scatena lo scontro. Perché
partono di
nuovo le pietre, le bottiglie, i sacchetti di vernice. La polizia carica
il
corteo, disperde i partecipanti. Nel fumo. Tra le urla. Tanto che vengono
feriti (ma le condizioni non sono gravi) due pacifisti e due poliziotti.
Un
giovane viene fermato e portato in questura. Tra i manifestanti anche
Franco Giordano, deputato bertinottiano: il partito presenterà
un'interrogazione parlamentare. I poliziotti spiegano che «il
lancio di
oggetti era pesante» e che «si doveva proteggere il comando
Nato». Ma
Gennaro Migliore, segretario della federazione di Rifondazione, accusa
gli
agenti: «Non è possibile trasformare in guerriglia urbana
una
manifestazione contro la guerra. Le cariche della polizia sono state
ingiustificate, sarà il governo a dover spiegare perché
si è scelta la
strada della repressione».
Così a Napoli. Ma a Milano l'atmosfera non è diversa.
Ecco, ieri mattina,
dalle 9 e 30 in poi, il corteo degli studenti «contro la guerra
in Kosovo».
Con più di mille ragazzi. Si parte dal centro della città,
da largo
Cairoli: lo striscione che apre la marcia dice «no al nazionalismo
di
Milosevic, no all'imperialismo americano», gli organizzatori
sono i liceali
della Rasc, «Rete autogestita studenti e collettivi». Molti
hanno «i
bersagli» disegnati sugli zainetti: simbolo degli abitanti di
Belgrado. Ma
l'obiettivo dei giovani è evidente: il consolato degli Stati
Uniti, che si
affaccia su largo Donegani, a un passo da via Turati. La maggior parte
del
corteo si tiene lontana, le prime linee del servizio d'ordine si
avvicinano. Scatta il segnale: alcune decine di giovani si mettono
gli
elmetti da operai, si coprono la faccia con le sciarpe, si mettono
a
sparare petardi e fumogeni colorati contro il palazzo degli americani.
E un
gruppetto usa anche gli estintori: perché, dice, «si deve
creare un effetto
polvere da bomba». Solo che qualcuno fa il lancio contro vento:
il fumo
torna indietro.
Minuti di tensione, la polizia resta attorno al consolato. E la marcia
va
avanti, verso la prefettura. Lasciando un'infinità di scritte
spray sui
muri, di immagini surreali, di accenni di graffiti. Intere strade
«dipinte». Con un paio di passanti che perdono la pazienza
e si mettono a
gridare: «Farei pagare i danni ai vostri genitori, cretini...».
Ma si
arrabbia pure il vicesindaco, Riccardo De Corato: «Gli studenti
in corteo
per la pace hanno bombardato di graffiti il centro di Milano. Come
se
sporcare i muri di una città potesse bloccare la pulizia etnica
e la
guerra». Insomma: «Sono vandali... sporcano i muri e bruciano
pure la
bandiera italiana». Il corteo è lungo, il traffico impazzisce
per tre ore.
Però, dicono gli studenti, «è legittimo, anzi doveroso,
far sentire le
ragioni della pace». Marcia anti-guerra anche a Ghedi, in provincia
di
Brescia, davanti alla base militare: più di duemila persone,
palloncini,
slogan, qualche fumogeno. Con l'obiettivo (simbolico) di «disturbare
i
caccia che volano verso la Serbia». E non basta. Davanti alla
sede della
Rai e in alcune strade milanesi, sempre ieri, sono stati appesi magliette
e
pantaloni macchiati di vernice rossa. Nessuna firma. Autori sconosciuti.
Solo alcuni cartelli per indicare il nome e l'età «delle
propietarie dei
vestiti» e una scritta ricorrente: «Donne stuprate in Kosovo,
aprile '99».
Ma Milano, oggi, è ancora in piazza. Alle 14 e 30, da corso
Venezia al
Castello, ci sarà il corteo ufficiale per il 25 Aprile. E Leo
Valiani,
l'altro giorno, ha ricordato «il valore particolare» della
ricorrenza: «Nel
1945 speravamo con tutto il nostro cuore di non vedere più conflitti
in
Europa...». Il secondo corteo, invece, è «contro
la guerra»: primo
appuntamento in Porta Venezia alle 14 e 30, partenza ufficiale da largo
Cairoli e conclusione in piazza Scala, con i sindacati autonomi dei
Cub e i
centri sociali. Timori di scontri. Anche perché i manifestanti
passeranno,
pure loro, dal consolato americano. Ma c'è anche il terzo appuntamento:
è
organizzato da Italia democratica, il movimento di Nando Dalla Chiesa,
è
previsto alle 14 e 30 in corso Buenos Aires angolo Porta Venezia. Testo
del
volantino: «Dimmi la verità. Se ci fosse Berlusconi al
potere saremmo tutti
in piazza a manifestare contro questa folle guerra "umanitaria". Ma
al
governo ci siamo noi e abbiamo chiuso in un cassetto il nostro cervello
e
il nostro cuore. Accendiamo l'anima della sinistra».