Da Sassari a Poggioreale.....
o viceversa?
Il
3 aprile di quest’anno un
gruppo di agenti reclutati nelle carceri sarde entra nell’istituto di Sassari
per eseguire una perquisizione straordinaria e trasferire una ventina di
detenuti.
Il 3 maggio i magistrati di Sassari emettono 82 ordini di custodia cautelare contro 79 guardie, il Provveditore delle carceri della Sardegna, la direttrice e il comandante di Sassari. Scoppia il caso Sassari. Le polemiche scoppiate in seguito alle prime rivelazioni sui fatti di violenza investe l’amministrazione penitenziaria, e soprattutto il corpo di polizia che governa le carceri. I racconti dei calci in faccia con gli anfibi, delle secchiate di acqua gelida, delle umiliazioni dei denudamenti e delle perquisizioni anali fanno il giro delle redazioni di giornali e televisioni. Si scopre la vergogna del carcere italiano, per tanti anni rimasto silente e nascosto.
Cosa
rappresenta nel sistema penitenziario italiano di oggi il ‘modello
Poggioreale’? Qual’è la classe dirigente che ha costruito questo modello,
quale il ruolo che essa occupa nelle architetture del potere penitenziario e il
mandato politico a cui obbedisce? Cosa accadrà nelle nostre prigioni quando
l’operazione indulto/amnistia sarà conclusa?
Dopo
un decennio di emergenze criminali, di campagne di allarme e ideologie della
sicurezza, di tolleranze zero e criminalizzazione della miseria, oggi scopriamo
l’indecenza di un sistema carcerario rimasto troppo a lungo nascosto e
silente. Napoli, e il suo carcere, hanno costituito probabilmente un importante
laboratorio di sperimentazione delle forme del sorvegliare e punire negli
scenari della crisi sociale contemporanea.
Alcune delle trasformazioni che hanno investito il carcere italiano in questo tempo sono senza dubbio passate da questa città. Lavorando alla cronologia che vi proponiamo siamo partiti dai fatti di Sassari, per approdare, inevitabilmente, a Poggioreale. Proprio quando credevamo di aver individuato un percorso, ci siamo resi conto che si trattava di un tragitto a doppia corsia di scorrimento: da Sassari a Poggioreale, e viceversa.
Buona lettura.
Da Sassari a Poggioreale, o viceversa?Cronaca di un pestaggio annunciato
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Date
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Fatti |
Informazioni |
16.1.2000 |
Rivolta nel carcere di Parma. Sette detenuti sequestrano per sei
ore un agente e chiedono il trasferimento in altre strutture. I rivoltosi
denunciano le pesanti condizioni di vita cui sono costretti i reclusi nel
penitenziario emiliano. Polemica tra gli agenti di polizia penitenziaria e
le altre forze di polizia perla mancata comunicazione da parte
delle autorità carcerarie a carabinieri e questura del tentativo di
sommossa. “In realtà il merito è tutto nostro”, hanno detto due
sindacati autonomi di polizia penitenziaria.
In città si svolgono una serie di manifestazioni di solidarietà
con le proteste interne al carcere seguite nei giorni successivi alla
rivolta. |
Con questa legge il Corpo viene chiamato a far parte delle forze di
Polizia ed assume nuovi compiti, quali quelli delle traduzioni dei
detenuti ed internati ed il servizio di piantonamento dei detenuti ed
internati ricoverati in luoghi esterni di cura, rendendosi in questo modo
operativo anche all'esterno degli istituti penitenziari.
La crescita esponenziale del peso (quantitativo e funzionale) dei
poliziotti penitenziari ha inizia proprio a partire da questa legge. In
poco più di dieci anni passano da 28.000
a 44.000 unità; conquistano un
assetto gerarchico che prevede circa 12 passaggi di carriera;
all’ombra delle emergenze criminali di questi anni, ispirano diverse
leggine di riassetto delle carriere che hanno di fatto comportato un
generale processo di mobilità verticale, che ha fatto slittare verso
l’alto la gran parte della massa dei poliziotti, senza alcuna forma di
selezione e qualificazione professionale; hanno ottenuto recentemente
l’istituzione di un proprio ruolo dirigenziale, che li sottrae di fatto
al rapporto gerarchico con la dirigenza ‘civile’ del personale
penitenziario. |
22.1.2000 |
Muore nel carcere di Nuoro Luigi Acquaviva, un detenuto che qualche
giorno prima era stato protagonista di una protesta in cui aveva tenuto in
ostaggio per 4 ore un agente di polizia penitenziaria. La versione
ufficiale delle autorità penitenziarie parla di suicidio. I familiari di
Acquaviva contestano la ricostruzione dei fatti proposta dalla direzione
del carcere. Tre agenti di
Polizia penitenziaria indagati per lesioni e uno per omissione di
soccorso. |
Nei giorni successivi a questo episodio
c’è stato uno sfollamento dal carcere di Nuoro;
alcuni detenuti sono stati trasferiti anche a Sassari. |
19.3.2000 |
Una delegazione di parlamentari visita il carcere di Sassari. |
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20.3.2000 |
Il Provveditore per la Sardegna Giuseppe Della Vecchia relaziona al
Dap sui risultati della visita dei parlamentari nel carcere di Sassari. Il
funzionario descrive le gravi disfunzioni, la sporcizia ed il disordine in
cui versa la struttura. Della Vecchia propone la sostituzione del
comandante delle guardie, descritto come persona troppo morbida e
demotivata, con Ettore Tomassi, un sottufficiale proveniente dal carcere
di Benevento. L’Ufficio centrale del personale accoglie immediatamente
la proposta. |
Ettore Tomassi
Ettore Tomassi è stato per molti anni comandante delle guardie
carcerarie nel carcere di Benevento, diretto per lungo tempo proprio da
Della Vecchia. Tomassi ha iniziato la sua carriera nel carcere di Poggioreale.(citare
gli articoli di giornale). |
21.3.2000 |
Il sindacato dei direttori penitenziari (Sidipe) indice uno
sciopero dei responsabili degli istituti. Previsto il blocco totale delle
carceri per il 28 e 29 marzo. Al centro della protesta un decreto del
Consiglio dei Ministri in cui si riconosce ai direttori la qualifica di
dirigenti della Pubblica Amministrazione, previo il superamento di un
concorso. I direttori chiedono al Governo l’inquadramento senza
sostenere alcuna prova selettiva. Il segretario nazionale del Sidipe
dichiara: “Noi non vogliamo danneggiare i detenuti, ma purtroppo non
abbiamo scelt”. |
Guerra tra corporazioni.
All’origine del malumore dei dirigenti vi è la ennesima riforma
del corpo di polizia penitenziaria, promossa dall’ex Ministro Diliberto,
che ha concesso agli agenti una propria autonoma carriera dirigenziale. Si
tratta della istituzione del ruolo ordinario e speciale dei dirigenti
della polizia penitenziaria che dovrebbero assumere la responsabilità
della direzione delle aree della sicurezza interne agli istituti
(praticamente il controllo autarchico dei regimi disciplinari,
dell’ordine e della sicurezza). I direttori penitenziari, attualmente
titolari di un potere di comando assoluto su tutti gli aspetti della vita
carceraria (dalla gestione dei detenuti a quella del personale, passando
per l’amministrazione e la gestione economica), hanno opposto una
strenua resistenza a queste trasformazioni degli assetti gerarchici del
carcere. Ma ciò che essi veramente temono è la nascita di una nuova
classe dirigente, non proveniente dai loro ruoli, che entrerà
inevitabilmente in concorrenza negli sviluppi di carriera verso gli uffici
centrali del ministero.
I direttori si aspettavano un provvedimento che
riconoscesse alla quasi totalità delle sedi penitenziarie lo status di
“sede di prima dirigenza”, cioè l’opportunità di entrare da subito
e tutti nella fascia alta della dirigenza pubblica, mettendosi così a
riparo dalle mire carrieristiche dei nuovi arrivati. Si sono invece
trovati con un riassetto della dirigenza modesto, e con un concorso da
effettuare, mentre ai comandanti dei
poliziotti penitenziari veniva riconosciuta l’ottava qualifica
dirigenziale in base al solo criterio dell’anzianità.
In realtà dall’entrata in vigore della legge di riforma che nel
1990 ha smilitarizzato il vecchio corpo degli agenti di custodia, il
sistema penitenziario è stato aggredito da una esplosione di lotte di
potere, che hanno alimentato appetiti corporativi voracissimi che non
esitano a colpire anche i detenuti pur di spingere verso decisioni
politiche gradite. Il feroce scontro tra poliziotti e direttori ha però
trovato un comune terreno di azione tattica negli attacchi sistematici che
in questi anni sono stati portati ai magistrati che si sono alternati alla
presidenza del Dap. Da Capriotti a Cianci; dall’ex procuratore di Roma
Michele Coiro ad Alessandro Margara, tutti hanno dovuto fare i conti con
l’aggressività delle lobby sindacali penitenziarie. Dopo aver divorato
Margara, adesso è il turno di Caselli, che ha ricevuto la prima richiesta
di dimissioni appena tre mesi dopo il suo insediamento, pur essendo
arrivato al Dap in seguito alla rimozione di un ‘garantista’ ritenuto
poco amante delle divise. In realtà ciò che vogliono gli interessi forti
che si muovono nell’apparato è che alla sua direzione arrivi un uomo
che proviene dalle carriere interne al Dap;
in questa ottica figure di magistrati forti e prestigiose
rappresentano soltanto un intralcio al lento lavorio delle corporazioni. |
28.3.2000 |
Iniziano i due giorni di sciopero dei direttori delle carceri. |
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30.3.2000 |
Il settimanale Panorama intervista il Generale della Polizia
Penitenziaria Enrico Ragosa, Direttore dell’UGaP (intervista pubblicata
sul numero del 30/03/2000. d.
“E cosa pensa del processo che si sta svolgendo a Reggio Calabria, in
cui un direttore del carcere e un gruppo di agenti sono accusati
dell’omicidio di un detenuto che è stato ucciso nel settembre del
1997?” r.
“All’epoca io non c’ero e comunque non credo proprio che fra i
nostri ragazzi ci siano degli assassini. Rispetto il lavoro dei
Magistrati, ma i poliziotti penitenziari, non dimentichiamolo, difendono
quotidianamente la società dagli assassini.” d.
“C’è ancora in sospeso il caso Fabiani, un detenuto in carrozzella
morto suicida a Parma. La moglie afferma che sia stato picchiato più
volte.” r. “Non
ce li vedo dei padri di famiglia a mettere le mani addosso a un
minorato.” “In carcere ci sono 17mila
detenuti extracomunitari. Non sappiamo chi sono e, soprattutto non
sappiamo chi siano i Totò Riina fra i cinesi, gli albanesi o gli slavi
(…) Non abbiamo carceri sovraffollate, ma solo sottostrutturate, infatti
la nostra popolazione di detenuti è nella media europea. Faccio un
esempio: se ci sono due topi in una gabbia grande, è probabile che non si
azzanneranno. Perciò stiamo costruendo nuove carceri. (…) Non possiamo
sottovalutare la forza della mafia. La sua capacità genetica di
trasformarsi, simile a quella dei topi, fa sì che riemerga sempre. Perciò
non possiamo abbassare la guardia. Dobbiamo (…) creare un cordone
sanitario intorno ai detenuti pericolosi (…) con l’impiego permanente
dei GOM, che non sono dei piccoli rambo ma solo operai specializzati nella
sorveglianza dei mafiosi e in situazioni di emergenza.” |
Ugap
Questa scheda è tratta da due articoli apparsi sul quotidiano
‘Il Manifesto’ del 23.2.1999 e sul mensile ‘Il Diario’ del marzo
1999.
UGAP, Ufficio per la Garanzia Penitenziaria del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria è una struttura di intelligence
creata dall’ex Ministro Diliberto nel febbraio 1999 con il ‘compito’
ufficiale di vigilare sulla ‘sicurezza degli istituti penitenziari’.
La decisione del Ministrò sollevò forti polemiche e sospetti. In
una interrogazione parlamentare, una ventina di senatori – di uno
schieramento trasversale che andava da Forza Italia a Rifondazione
Comunista – chiesero chiarimenti sulla natura dell’operazione. Il
timore dei senatori era che l’Ugap fosse solo una struttura di
intelligence, negando così ogni tentativo di trasparenza all’interno
dell’amministrazione penitenziaria. I senatori contestarono, poi, che a
gestire l’Ugap fosse chiamato il generale Enrico Ragosa, allora
dirigente del Sisde, fino al 1996 responsabile dei reparti speciali degli
agenti di custodia protagonisti di pestaggi di detenuti, come accadde a
Secondigliano nel 1993, e a Pianosa, nel 1992.
Sulla nascita di questa struttura di intelligence l’associazione
Antigone assunse allora una forte presa di posizione. “Creare l’Ugap
– denunciò Stefano Anastasia, Presidente di Antigone – significa
togliere attribuzioni e poteri al direttore del Dap (che allora era
Alessandro Margara), e indica una strada pericolosa, quella della
militarizzazione della polizia penitenziaria”. Inoltre, Ragosa non è
una figura delle migliori:
“già a capo delle cosiddette squadrette interne dell’amministrazione
penitenziaria che, negli anni ottanta gestivano le situazioni di crisi
nelle carceri, poi allontanato dal precedente direttore del Dap, Michele
Coiro, e finito al Sisde, oggi gestirebbe un vasto potere nel sistema
carcerario.” |
31.3.2000 |
Si toglie la vita nel carcere milanese di S. Vittore un albanese di
trent’anni, arrestato per sfruttamento della prostituzione. L’uomo,
che era appena stato trasferito dal carcere di Brescia, da due giorni era
solo in cella al centro di osservazione psichiatrica. |
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1.4.2000 |
Della Vecchia comunica al Dap che provvederà ad una perquisizione
straordinaria nel carcere di Sassari, vista la situazione di
ingovernabilità in cui versa la struttura. |
Le carceri sarde Nell'isola sono aperti 12 istituti di reclusione, tre
colonie penali all'aperto e un carcere minorile. Agenti (circa 1.400),
detenuti (tra i 1.700 e i 2.000). Carceri vecchie e malandate nelle quali la bassa
qualità della vita rende difficile, anche per l'eccessivo affollamento,
la convivenza tra detenuti e agenti. Da tre anni al governo dell'amministrazione
penitenziaria in Sardegna, il dottor Della Vecchia aveva un sogno, anzi
due: riuscire a utilizzare le carceri minorili di Quartucciu per i
detenuti di Buoncammino (Il carcere di Cagliari), mettere ordine delle
colonie all'aperto di Mamone e Isili. "Dalle case di reclusione
all'aperto - sosteneva - andrebbero allontanati i detenuti che scontano
brevi pene (come tossicodipendenti ed extracomunitari) per sostituirli con
quelli che scontano pene più lunghe". Il suo modello di carcere era
diventato quello di Alghero - dove sono stati "rinchiusi" gli
agenti coinvolti nel pestaggio - che voleva trasformare in un lucroso
centro clinico carcerario polivalente, adeguandosi, da napoletano, al suo
collega Giuseppe Brunetti, Provveditore per la Campania, che nella sola
città di Napoli gestisce ben due centri clinici, Poggioreale e
Secondigliano). |
3.4.2000 |
La perquisizione si svolge il 3 aprile e si conclude con il
trasferimento di 21 detenuti, ritenuti i fomentatori dei disordini
nell’istituto sardo. Della Vecchia comunica che l’operazione è andata
a buon fine e che si segnalano soltanto tre agenti contusi, poiché “si
sono verificati scontri fisici senza uso della violenza”.
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4.4.2000 |
Muore per infarto nel carcere di Cosenza Giuanluca Seta, un ragazzo
di 24 anni arrestato per un tentativo di furto |
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7.4.2000 |
La Procura di Sassari apre un’inchiesta sui pestaggi al San
Sebastiano su denuncia dei familiari dei detenuti.
Dopo che l’Ansa diramava una prima notizia sul pestaggio, il
direttore Generale delle carceri Giancarlo Caselli invia un ispettore a
Sassari che conferma i sospetti del pestaggio. Caselli ordina
all’Ufficio del personale di prendere “provvedimenti conseguenti”.
Vengono sospesi il provveditore regionale, la direttrice del carcere e
Tomassi. |
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12.4.2000 |
Alcuni
organi di stampa rilanciano la notizia dell’ansa sul presunto pestaggio
avvenuto nel carcere di Sassari agli inizi di aprile. Autori
dell’impresa un centinaio di agenti penitenziaria reclutati nei diversi
istituti dell’isola. Le violenze sarebbero accadute nel corso del
trasferimento di una ventina di detenuti ritenuti responsabili delle
proteste di quei giorni contro i disagi provocati dallo sciopero dei
direttori.
I titolari dell’inchiesta giudiziaria hanno interrogato ieri i
detenuti vittime delle violenze. Il pestaggio è confermato anche da
fotografie fatte scattare dai magistrati, che documenterebbero le
tumefazioni e i lividi sui corpi dei prigionieri.
Alcuni familiari dei detenuti picchiati e gli avvocati del Foro di
Sassari denunciano pubblicamente il pestaggio. Giancarlo Caselli apre
un’inchiesta amministrativa. Giuliano Pisapia presenta
un’interrogazione parlamentare al Ministro Diliberto. |
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13.4.2000 |
L’ispettore inviato da Caselli a Sassari per verificare la
fondatezza delle denunce di violenze è Nello Buongiorno, direttore
centrale dell’ispettorato delle carceri. Cinque giorni dopo il suo
arrivo a Sassari Buongiorno consegna una relazione ispettiva che conferma
i sospetti sui pestaggi avvenuti nel carcere sardo. Un’altra relazione,
redatta dall’ispettore sanitario Francesco Di Girolamo, contiene le
prove che i detenuti sono
stati presi a calci con gli anfibi e ridotti in condizioni impresentabili
tra denti e costole rotte. Nel rapporto di Buongiorno, tra l’altro, si
dice che l’avvicendamento del vecchio comandante del carcere con Ettore
Tomassi è stato “ratificato dagli organi centrali del Dap, cioè da dal
direttore del personale Emilio Di Somma. |
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14.4.2000 |
Diliberto, in visita all’Università di Sassari, viene
‘accolto’ da un drappello di familiari
dei detenuti pestati nel carcere di Sassari. Il Ministro comunica che è
oggi in corso un’ispezione nel carcere di San Sebastiano. La delegazione
dei parenti delle vittime chiede la rimozione del nuovo comandante delle
guardie, Ettore Tomassi. |
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15.4.2000 |
Un detenuto di 36 anni, condannato a due ergastoli, si
impicca nel carcere di Secondigliano. Una settimana prima si era
tagliato le vene ed era stato salvato in extremis. |
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16.4.2000 |
Si suicida nel carcere di Lecce Vito Monosi, un uomo di 38 anni
detenuto per omicidio. |
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21.4.2000 |
Via Crucis e fiaccolata dei familiari dei detenuti attorno al
carcere di Sassari. |
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28.4.2000 |
Il Ministro Diliberto, lasciando l’incarico in seguito alla crisi
di governo, invia una lettera di saluto alla Polizia Penitenziaria:
“Abbiamo ottenuto risultati che credo storici per la Polizia
Penitenziaria, quali i ruoli direttivi e dirigenti, il nuovo regolamento
di servizio, la partecipazione della Pol. Penit. Alle missioni
all’estero, il salvataggio del pagamento dello straordinario, lo
stanziamento per le nuove divise, il DL sul condono delle sanzioni
disciplinari, lo stemma araldico del Corpo, la richiesta al capo dello
Stato per il diploma di navigazione di lungo corso… Ma soprattutto,
abbiamo insieme ottenuto qualcosa che non ha prezzo. E’ la dignità
ritrovata e l’orgoglio di appartenenza del Corpo, che va di pari passo
con il rispetto che oggi, più di ieri, vi portano le altre forze di
polizia. Non siete più un Corpo di serie B”. |
Il partito si è fatto un po’ stato, e torna a casa.
Cosa fa un piccolo partito, appena uscito da una scissione, senza
una solida base sociale e dall’incerto consenso elettorale quando occupa
un ministero importante, come quello della Giustizia?
Si guarda intorno e scopre che nelle carceri italiane ci sono
44.000 agenti di polizia penitenziaria, che
significano 44.000 famiglie di agenti di polizia penitenziaria, cioè
un potenziale bacino elettorale di 200.000 persone. |
3.5.2000 |
I magistrati della Procura di Sassari emettono 82 ordini di
custodia cautelare per 79 agenti di polizia penitenziaria, il comandante
delle guardie di Sassari, Ettore Tomassi, la direttrice dell’istituto,
Cristina Di Marzio e per il Provveditore regionale dell’amministrazione
penitenziaria della Sardegna Giuseppe Della Vecchia. Gli
arrestati sono accusati di aver organizzato una spedizione punitiva nel
carcere di Sassari il 3 aprile scorso, in seguito ad una protesta dei
detenuti. Nell’ordine di custodia cautelare si sostiene che il pestaggio
“è stato organizzato e voluto intenzionalmente… e perpetrato con
sevizie e crudeltà”, ed è stato ordinato da Della Vecchia, presente a
Sassari, dalla Di Marzio e da Tomassi.
Il Direttore generale delle carceri, Giancarlo Caselli, dichiara
che in seguito ad un’inchiesta amministrativa erano già stati rimossi e
sostituiti tutti i responsabili dai loro incarichi.
Altissima la tensione tra gli agenti di Polizia Penitenziaria che
incontrano il Ministro Fassino.
Alcuni articoli di stampa tirano in ballo il Gom, la struttura di
pronto intervento del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. |
Il Gom Questa scheda è tratta da un articolo del
quotidiano ‘Il Giorno’ dell’8.11.1998, dal Mensile ‘La Grande
Promessa del dicembre 1998, da Il Messaggero del’8.5.2000 e da ‘Il
Manifesto del 4.5.2000.
Questo corpo speciale nasce da un decreto interno al Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria nel 1994 (dopo che era scoppiato lo
scandalo dei pestaggi nel carcere di Napoli Secondigliano – vedi Da
Sassari a Poggioreale n.3).
Tra le finalità ufficiali di questa struttura vengono indicate il
mantenimento dell’ordine e della disciplina negli istituti penitenziari,
con priorità a interventi in occasione di ‘gravi situazioni di
turbamento’; inoltre i Gom
sono impegnati nel garantire la sicurezza delle traduzioni
di detenuti pericolosi .
Il Gom (Gruppo operativo mobile), diretto dal Generale Alfonso
Mattiello, è un gruppo di circa 600 uomini alle dirette dipendenze di
Giancarlo Caselli. Ufficialmente ha compiti di sorveglianza
e protezione dei detenuti di massima pericolosità. Il Gom nasce
nel 1994, dalle ceneri dello Scop (Servizio coordinamento operativo), un
corpo composto da 500 uomini sparsi in tutta Italia e pronti a correre da
un carcere all’altro in caso di rivolte o di particolari necessità. Lo
Scop infatti, oltre a sedare le proteste ha avuto la funzione, poi
ereditata dal Gom, di acquisire informazioni.
Durante gli anni ’90 furono aperte due grandi inchieste per
maltrattamenti avvenuti nelle carceri di Secondigliano e Pianosa. Vennero
rinviati a giudizio 65 agenti dello Scop diretti dal generale Enrico
Ragosa, poi passato al Sisde. Il carcere di Pianosa venne in seguito
chiuso grazie all’intervento dell’ex direttore del Dap, Alessandro
Margara, all’epoca magistrato di sorveglianza a Firenze.
Lo Scop fu poi disciolto ma il suo posto fu preso dal Gom, dove
confluirono gli stessi agenti. Il
primo episodio eclatante in cui vengono coinvolti gli uomini del Gom
è del 1998, quando 15 agenti entrano nel carcere milanese di Opera
per effettuare una perquisizione straordinaria. “Detenuti spogliati,
qualcuno anche tre volte, costretti a ripetuti piegamenti, pure i
cardiopatici e gli anziani; quindi raggruppati nel cortile, al freddo
dalle 9.30 alle 13.30, chi in accappatoio, chi scalzo, mentre le celle
venivano perquisite”. “Alcuni agenti di Opera erano sconcertati, ed
hanno raccontato di aver rischiato di arrivare alle mani con i loro
colleghi del Gom”. |
4.5.2000 |
Un detenuto lascia il carcere di San Sebastiano e conferma i
pestaggi.
Altri 100 guardie carcerarie convocate dai magistrati
nell’inchiesta sui pestaggi.
Il CSM annuncia l’apertura di un’inchiesta sui magistrati di
sorveglianza assegnati al controllo sugli istituti di detenzione.
Manifestazione a Sassari degli agenti di custodia contro gli
arresti dei loro colleghi. Donato Capece, segretario del Sappe (sindacato
autonomo di polizia penitenziaria), dichiara: “le mele marce, quando
occorre, le isoliamo noi”.
Diversi esponenti della maggioranza di governo esprimono la loro
solidarietà agli agenti in lotta, imputando i fatti di Sassari allo
stress dei lavoratori costretti a sopportare i disagi del
sovraffollamento. Diliberto esprime alla Polizia Penitenziaria e al Sappe
“la più completa solidarietà per gli ingiustificati attacchi portati
all’intero corpo”.
Intanto emergono notizie su altri gravi episodi di violenze
accaduti nelle carceri italiane. a)
Napoli Secondigliano. 24 agenti sotto processo per ripetute
violenze ai danni dei detenuti. I fatti vanno dal 95 al 99. Tra gli
inquisiti l’ex comandante del carcere, Giardinetto, trasferito dal
Ministero ad altra sede e mai allontanatosi da Secondigliano perché il
suo sindacato, il Sappe, lo ha nominato coordinatore regionale. b)
Reggio Calabria. 12 agenti rinviati a giudizio per omicidio
volontario ed altri 12 per favoreggiamento. Un giovane di 28 anni sarebbe
morto per una serie di colpi di bastone e manganello. c)
Nuoro. Rimosso il comandante del carcere di Bad ‘e Carros , dove
il 23 marzo morì suicida Luigi Acquaviva che il giorno prima aveva
sequestrato un agente di custodia. d)
Torino, carcere minorile Ferrante
Aporti. Alla vigilia di Pasqua un
ragazzo maghrebino si da fuoco per protestare
contro maltrattamenti e
ingiustizie di cui sarebbe stato
vittima.
Il quotidiano ‘L’Unione Sarda’ pubblica un’intervista ad un
poliziotto penitenziario che avrebbe partecipato al pestaggio. L’Uomo,
che ha chiesto di conservare l’anonimato, conferma i contenuti delle
denunce dei detenuti. |
Magistratura di sorveglianza.
Tra i compiti che la legge penitenziaria affida ai magistrati di
sorveglianza ci sarebbe anche quello di ‘vigilare sull’organizzazione
degli istituti penitenziari e prospettare al Ministro le esigenze dei vari
servizi con particolare riguardo all’attuazione del trattamento
rieducativo’. Ed inoltre: ‘esercitare la vigilanza diretta ad
assicurare che l’esecuzione della custodia sia attuata in conformità
delle leggi e dei regolamenti’. |
5.5.2000 |
Manifestazioni di agenti in tutt’Italia. Sit-in delle guardie
davanti al carcere di Sassari al grido di “liberi, liberi” Il
Consiglio dei ministri decide lo stanziamento di 160 miliardi per
costruire nuove carceri. Gli agenti manifestano fuori all’istituto di
Sassari chiedendo la liberazione di tutti i colleghi arrestati.
Il Dap trasmette a Fassino i risultati dell’inchiesta
amministrativa.
La Procura di Sassari smentisce la notizia, apparsa nei giorni
scorsi, che le indagini stiano procedendo anche verso i vertici del
Ministero della Giustizia. Giancarlo Caselli e il suo vice Mancuso tirano
un sospiro di sollievo e dichiarano di non volersi dimettere. In un
documento presentato dal Direttore Generale del Dap al Ministro Fassino
appare chiaro che il trasferimento di Tomassi da Benevento a Sassari,
voluto fortemente da Della Vecchia, è stato disposto autonomamente dal
capo del personale, Emilio Di Somma e dal suo vice Zaccagnini.
Il quotidiano La Repubblica pubblica stralci di una lettera che il
vecchio Comandante del carcere di Sassari, l’Ispettore Capula, a metà
aprile aveva inviato al quotidiano ‘La Nuova Sardegna’. “La
sostituzione è avvenuta in una maniera scorretta nei miei confronti, alla
napoletana, perché quella è l’aria che tira al Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria”. Secondo La Repubblica, Capula si
riferisce a un gruppo di potere del quale i beneventani Della Vecchia e
Tomassi facevano parte, assieme ad altri.
Le Rappresentanze di Base del personale civile delle carcere
scrivono una lettera aperta al Ministro Fassino. “…Il tam tam tra
Direttori e Polizia Penitenziaria che si sta facendo in questi giorni
porta da un posto di lavoro all’altro la notizia che tutto questo
putiferio è avvenuto perché gli educatori dell’istituto sassarese
hanno parlato… èmotivo di orgoglio che il personale educativo abbia
contribuito all’accertamento della verità attraverso la denuncia di
fatti che ripugnano qualunque coscienza correttamente orientata… Di
fatto in questi anni è stato loro impedito di svolgere (si riferito agli
educatori penitenziari – ndr) il loro lavoro proprio perché,
intervenendo all’interno delle sezioni, vedevano e sentivano quello che
non dovevano sentire e vedere, diventavano testimoni scomodi, unitamente
agli altri non poliziotti, di quanto avveniva negli ambiti meno praticati
e meno noti degli Istituti di Pena italiani… Non abbiamo dubbio che gli
episodi di illegalità da parte dei poliziotti penitenziari siano stati
episodi isolati, ma le isole ormai sono tante…stanno diventando un
arcipelago…Negli anni 80-90 u detenuti avevano imparato a protestare
civilmente, ma le risposte sono state sempre simili a quella data a
Sassari. Nel carcere non si può più esprimere dissenso…Per questo
motivo non ci meraviglia l’arroganza di chi commette scientemente dei
reati, perché porta nel suo Dna professionale la violenza… non è un
caso che si cerchi con manifestazioni di piazza di condizionare i
magistrati, come non è un caso che coloro che sono andati a sostituire il
Provveditore regionale ed il Direttore del carcere abbiano gli stessi
curricula professionali degli inquisiti. |
Qualche commentatore ha ricordato sulla stampa che un paio di anni
fa Giancarlo Caselli, allora Procuratore Capo a Palermo, fu mandato in
Sardegna a risolvere la scandalosa situazione causata dal Giudice sceriffo
antisequestri….., suicidatosi dopo l’interrogatorio con i magistrati
palermitani.
Da Sassari a Poggioreale
(1)
La lobby dei napoletani (I
dati di questa scheda sono tratti da
Il Provveditore per la Sardegna, arrestato dalla Procura di Sassari, è
Giuseppe Della Vecchia, per anni direttore del carcere campano di
Benevento. Il comandante degli agenti autori dei pestaggi è l’Ispettore
Ettore Tomassi, ex braccio destro di Della Vecchia a Benevento, e uomo che
ha iniziato la sua carriera negli anni ottanta nel carcere napoletano di
Poggioreale. Direttore dell’ufficio centrale del personale è
Emilio Di Somma, ex vicedirettore a Poggioreale. Il Vice di Di
Somma, quello che ha controfirmato il trasferimento di Tomassi, è
Zaccagnino, anche lui napoletano, anche lui passato per Poggioreale.
A dirigere alcuni tra i provveditorati regionali più importanti
(quelli che poi passeranno agli uffici centrali del Ministero) vi è un
folto gruppo di dirigenti campani. Giuseppe
Della Vecchia, appunto, in Sardegna; Antonio Passaretti (ex direttore del
carcere speciale di Carinola e di quello di Secondigliano), è
l’influente Provveditore della Sicilia, dopo essere stato anche
provveditore in Sardegna; Mario Mascolo, Provveditore delle carceri
pugliesi (ex vicedirettore di Poggioreale); Giuseppe Brunetti, capo degli
istituti della Campania; Bocchino,
provveditore della Lombardia.
A dirigere invece il Gom, Gruppo Operativo
Mobile, un reparto di pronto intervento che gestisce anche il delicato
circuito parallelo dei pentiti, è il Generale Alfonso Mattiello,
napoletano, anch’egli proveniente da Poggioreale; braccio destro di
Mattiello è l’ispettore Santoriello, ex comandante del carcere di
Secondigliano, inquisito dalla procura di Napoli nella prima inchiesta sui
pestaggi a Secondigliano (Santoriello proviene anch’egli da
Poggioreale). Infine, è campano anche il Generale Scialla, capo
dell’ufficio traduzioni (quello per intenderci, che organizza i
trasferimenti dei detenuti – vedi Sassari).
L’inarrestabile ascesa al cuore del Dap dei napoletani risale
agli inizi degli anni novanta, quando a dirigere l’ufficio del personale
c’era il potente Pastena, uomo di fiducia di
Nicolò Amato, attualmente responsabile per Alleanza Nazionale
sulle questioni del carcere. La riforma del corpo degli agenti di
custodia, voluta da Amato e dai sindacati nel 1990, oltre a smilitarizzare
il corpo, aprì anche le carriere dei direttori penitenziari, che
cominciarono ad occupare alcune importanti poltrone ministeriali, fino ad
allora ad esclusivo appannaggio dei magistrati. Da quel momento il ceto
dei dirigenti del Dap inizia una feroce lotta corporativa contro la
presenza dei giudici al Dap, ancora saldamente insediati negli uffici che
gestiscono i detenuti. In questa loro battaglia strategicamente hanno
trovato importanti momenti di alleanza con i sindacati della polizia
penitenziaria, interessati a facilitare la presa del pieno possesso
dell’apparato da parte di uomini che sono cresciuti tra i rivoli delle
carriere penitenziarie. |
6.5.2000 |
Milano, carcere di Opera. 10 agenti indagati dalla Procura per
percosse su due detenuti e perquisizioni illegali nelle celle.
L’inchiesta sarebbe partita nello scorso ottobre.
Ovidio Bompressi lancia la proposta di un indulto e chiede un
intervento della chiesa cattolica a sostegno delle richieste di amnistia
che vengono anche dal mondo delle carceri. Si associano all’appello di
Bompressi anche Adriano Sofri e Sergio Cusani. La proposta di amnistia di
Bompressi è già un disegno di legge presentato alla Camera dai deputati
verdi Manconi e Saraceni.
Arriva a Sassari il nuovo direttore del carcere, Maurizio
Veneziano, proveniente dal Provveditorato di Palermo. |
Da Sassari a Poggioreale (2) (I dati di questa scheda sono tratti da un
articolo apparso su ‘L’espresso’ del 18 maggio 2000). Maurizio
Veneziani, 39 anni e una fama da
duro, è il nuovo direttore del carcere di Sassari, dopo la rimozione di
Cristina Di Marzio. Ha diretto le carceri di Agrigento, Reggio Calabria e
Trapani, dove è restato per oltre tre anni. Veneziani è ricordato a
Trapani per “le sue passeggiate nei corridoi delle camerate accompagnato
da una decina di agenti con anfibi e tuta mimetica… Perquisizioni a
sorpresa, punizioni immediate per chi osava protestare, l’acqua che
scompariva improvvisamente dalle docce…”. Veneziani fu costretto a
lasciare il carcere di Trapani in seguito alla denuncia del cappellano
dell’Istituto, padre Mattarella, sul regime di terrore e violenza
instaurato dal Rambo. In seguito a questa denuncia Veneziani venne
trasferito con una promozione al provveditorato per la Sicilia, quel
provveditorato che è attualmente diretto da Antonio Passaretti, uno degli
uomini forti della cordata napoletana (anche nella nomina del nuovo
direttore di Sassari c’è lo zampino dei napoletani?). |
7.5.2000 |
Rivolta dei poliziotti penitenziari nelle carceri italiane. Tutte
le organizzazioni sindacali di categoria hanno indetto per martedì
prossimo una manifestazione nazionale davanti al carcere di Poggioreale.
Annunciato anche uno sciopero bianco a partire da mercoledì. Il sindacato
istituisce il ‘soccorso azzurro’, un servizio dove segnalare tutte le
violenze subite dagli agenti.
Sul fronte delle indagini Della Vecchia dichiara di non aver
assistito a nessuna violenza; l’ex direttrice si avvale della facoltà
di non rispondere; Tomassi scarica la responsabilità di quanto accaduto
su un suo sottoposto, l’ispettore Pais.
Caselli e Mancuso da oggi sono in visita in Sardegna. Incontreranno
i poliziotti penitenziari nelle carceri di Sassari e Cagliari. Anche la
Cisl chiede le dimissioni di entrambi, unendosi al Sappe, all’Osappe e
al Sinappe.
Gerardo D’Ambrosio e Pierluigi Vigna si dichiarano contrari ad
ogni ipotesi di indulto e amnistia. |
|
8.5.2000 |
Indagato anche il medico del carcere di Sassari.
Dopo l’incontro con Caselli e Mancuso il Sappe annuncia che a
partire da domani il personale di polizia penitenziaria inizierà ad
attuare lo sciopero in bianco. Si annunciano decine di sit-in, di
proteste, di autoconsegne e astensioni dalla mensa in tutte le carceri
italiane. Lo sciopero sarà attuato con controlli più severi durante le
ore notturne; applicazione alla lettera degli ordini di servizio interni
per la fruizione dei passeggi, dei colloqui con i familiari. La protesta
mira direttamente a colpire i detenuti.
Il quotidiano ‘La Repubblica’ intervista l’ex Ministro della
Giustizia Oliviero Diliberto. Questa è quanto dichiara: “Alla
trasmissione Pinocchio – (si riferisce ad una trasmissione televisiva
andata in onda un mese dopo la sua nomina – ndr) dissi che bisognava
abolire l’ergastolo, mantenere i benefici della Gozzini, riconoscere i
diritti dei detenuti. La reazione fu una sequenza di impressionanti
evasioni. In tre scapparono proprio dal carcere di Rebibbia”. D.
C’era un piano? “Ne ebbi la sensazione, ma non le prove. Ci furono
altre fughe da Opera, poi scappò Ghiringhelli da Novara… Lessi quegli
episodi come la reazione contraria ad una linea di apertura”. |
Medicina Penitenziaria. La
sanità penitenziaria conta da circa 5.000 addetti: 350 medici incaricati;
1.650 medici di guardia; 2.100 medici specialisti; 150 tecnici; 400
infermieri professionali di ruolo; 1.000 infermieri convenzionati puri;
300 infermieri professionali convenzionati con le Asl. La stragrande
maggioranza di questo personale è impiegato con rapporto di lavoro
convenzionato, cioè con contratti a termine che vengono stipulati con le
singole carceri. La selezione di questo personale avviene a livello
locale, cioè nei singoli istituti, attraverso una procedura di
valutazione di titoli e prova attitudinale effettuata da commissioni
presiedute dai direttori delle carceri.
Questo meccanismo di selezione assicura alle direzioni la più
assoluta aderenza dei medici e degli infermieri penitenziari alle ragioni
della sicurezza, prioritarie rispetto a quelle della cura e prevenzione.
La classe dirigente del Dap non ha nessuna intenzione di perdere il
controllo su questa parte del personale, e per questa ragione ha cercato
di opporsi in tutti i modi, sin dalla fase di avvio del dibattito
parlamentare, alle ipotesi di passaggio della medicina penitenziaria al
Servizio Sanitario Nazionale. La battaglia che l’ex ministro della Sanità
Bindi ha dovuto combattere perché questa legge andasse in porto è stata
durissima, ed ha dovuto scontare la fortissima resistenza dei direttori
delle carceri, dei titolari degli uffici centrali che gestiscono il
personale, ed anche dell’associazione dei medici penitenziari.
Nel 1988, in occasione dell’approvazione al Senato di questa
legge, l’associazione dei medici carcerari mise in scena una fortissima
protesta. Il presidente dell’associazione dei medici penitenziari (Anapi),
Ceraudo, si incatenò fuori dal carcere di Rebibbia per protesta contro la
nuova legge.
Soltanto nel luglio 1999 un decreto legislativo stabilisce il
passaggio della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale,
rimandando la concreta attuazione alla emanazione dei relativi decreti (d.
lgs. N. 230, del 22.7.1999). Attualmente, come soluzione compromissoria
allo scontro tra Sanità e Penitenziari, la riforma è in una fase di
sperimentazione attuata su tre regioni, alla fine della quale dovrebbe
avvenire il concreto passaggio.
Secondo la Cisl, che sostiene la battaglia corporativa di Ceraudo,
“il compito di un medico penitenziario non è solo quello della
prevenzione, diagnosi e cura, dell’’accertamento delle patologie
esistenti, ma è anche quello della dimostrazione dell’inesistenza di
alcune patologie…”; ed ancora “ciò che differenzia l’operato del
medico penitenziario da quello di un medico del S.S.N. è la sua maggiore
conoscenza della vita del penitenziario… che risulta indispensabile per
assistere i detenuti e comprendere l’attività della Polizia
Penitenziaria e le sue problematiche”.
Oliviero Diliberto Nell’ottobre del 1998 Oliviero
Diliberto, da poco nominato Ministro della giustizia, scelse il
palcoscenico del carcere di Rebibbia per parlare al popolo delle carceri e
a quello che sta fuori, della necessità di liberarsi non dal carcere, ma,
più modestamente, dall’ergastolo. Ad un compiaciuto Gad Lerner che gli
chiese perchè mai avesse scelto proprio un penitenziario per la sua prima
uscita pubblica, Diliberto rispose, orgoglioso: “perchè sono un
comunista, e i comunisti partono sempre dagli ultimi”.
Qualche mese più tardi, su un altro palcoscenico carcerario, a
Secondigliano, stavolta senza telecamere e nostalgici ex sessantottini, ad
una eccitata platea di poliziotti penitenziari annunciava l’ennesima
riforma che ha consegnato loro pieni poteri di autodeterminazione nella
gestione della sicurezza, dell’ordine e della disciplina dentro le
prigioni; manda a casa il garantista Alessandro Margara (su richiesta dei
sindacati della polizia penitenziaria – compresi i confederali), crea
l’Ugap, l’Ufficio per la sicurezza interna,
e lo affida al Generale Ragosa, conferma il Gom, Gruppo operativo
mobile, nominando a suo
coordinatore il Generale Mattiello. Inoltre: condona le sanzioni
disciplinari della censura e della pena pecuniaria per recidiva inflitte
agli agenti di polizia penitenziaria (infrazioni che riguardano il 30%
degli agenti), e si batte come un leone perché una rappresentanza del
Corpo partecipi alle missioni militari all’estero.
Oggi, dopo un anno e mezzo, rivela che il proclama politico di
rilancio della legge Gozzini, di abolizione dell’ergastolo, di maggiore
apertura del carcere all’esterno ebbe come immediata risposta una serie
di evasioni dalle carceri italiane, e lascia intendere che qualcuno lavorò
dietro le quinte per indurlo a maggior ragione.
Sarebbe il caso che Diliberto, che non ha più responsabilità di
Governo ed ha oramai capito che i suoi sforzi non hanno portato neanche un
voto dei poliziotti penitenziari al suo partito, ci dicesse anche chi (non
le persone fisiche ma gli aggregati di interessi) remò contro. |
9.5.2000 |
Manifestazione nazionale dei sindacati di polizia penitenziaria
(confederali e autonomi) davanti al carcere di Poggioreale. Catena umana
di guardie con i braccialetti ai polsi. Nicola Caserta, segretario
regionale del Sappe, nonchè consigliere provinciale dei DS, chiede la liberazione di
tutti gli agenti arrestati, la riduzione dell’orario di lavoro e
l’aumento degli organici. Secondo Giuseppe Brunetti, Provveditore
regionale per la Campania, e napoletano anch’egli, “la protesta è
sacrosanta… Bisogna ridurre i tempi delle attività in carcere. Mi
spiego meglio. Il detenuto va a scuola, oppure lavora, ha i colloqui con i
familiari, le pause di ricreazione. E’ giusto, ma a una certa ora gli
impegni devono essere ridotti, dando respiro agli agenti”. (La
Repubblica, 9.5.00)
La Repubblica intervista il PM napoletano Michele Morello, titolare
dell’inchiesta sui pestaggi a Secondigliano. Il primo processo agli
agenti, avviato nel 1993 (52 guardie rinviate a giudizio), si concluse con
l’assoluzione degli imputati perché molti detenuti testimoni–
dichiara il pm napoletano – ritrattarono le accuse. Il secondo processo,
che riguarda fatti accaduti tra il 1995 e il 1999 è attualmente nella
fase dibattimentale. Sono stati rinviati a giudizio 20 agenti.
Solo un centinaio gli agenti che hanno partecipato alla
manifestazione fuori al carcere di Poggioreale (a fronte delle migliaia di
persone annunciate). Massiccia è invece la presenza di stampa e
televisione. I familiari dei detenuti in fila in attesa dei colloqui
denunciano il clima di terrore e le sistematiche violenze perpetrate a
Poggioreale. Momenti di tensione tra poliziotti e familiari dei detenuti. |
Da Sassari a Poggioreale (3)
(I dati di questa scheda sono tratti dai seguenti articoli di
stampa: Il manifesto 6.5.2000; La Repubblica 13.5.2000, 26.11.1998,
30.01.1993, 7.4.1994; Il Mattino 8.8.1992, 25.11.1999).
Non è un caso che i poliziotti penitenziari indicano la loro prima
manifestazione nazionale dopo i fatti di Sassari proprio a Napoli, la città
dov’è in corso un importante processo contro venti agenti e il
comandante del penitenziario di Secondigliano per violenze contro i
detenuti. Per
comprendere i fatti di Sassari è utile ripercorrere brevemente la storia
del nuovo penitenziario napoletano, nato nel 1991.
E’ il 1991 quando il Parlamento approva il primo provvedimento di
legge che inasprisce la
I dirigenti del nuovo penitenziario vengono reclutati tra lo staff
che aveva gestito la normalizzazione del vecchio carcere napoletano di
Poggioreale negli anni ottanta, gli anni della guerra di camorra e della
gestione dei detenuti politici.
Direttore del carcere venne nominato Alfredo Stendardo, ex
vicedirettore a Poggioreale, affiancato, al comando della polizia
penitenziaria, da Vincenzo Santoriello, anch’egli proveniente da
Poggioreale. Sin dall’apertura il nuovo carcere conquista la fama di
struttura dal regime del massimo rigore.
Nel 1992 dopo pochi mesi dalla inaugurazione del carcere, viene
assassinato l’agente Gaglione, in servizio nel nuovo penitenziario
napoletano. Il modello Poggioreale della massima deterrenza raccoglie il
suo primo risultato. La situazione del carcere precipita velocemente.
Esplode un conflitto acceso tra il direttore
Stendardo e il comandante degli agenti.
I sindacati degli agenti di polizia penitenziaria, che già da
tempo chiedevano la rimozione di Stendardo, accentuano la pressione sul
Dap. Il
Il comandante del carcere Santoriello denuncia il direttore Alfredo
Stendardo di aver introdotto stupefacenti nel carcere. Stendardo viene sospeso dal servizio, poi
successivamente arrestato e
Nel 1996 la prima inchiesta sui pestaggi a Secodigliano viene
archiviata. I sindacati della polizia penitenziaria raccolgono
in questa vicenda una vittoria importantissima. Da questo momento la
classe dirigente del carcere capisce il
Ma nel 1997 la Procura di Napoli apre una seconda inchiesta
su nuove violenze
Dopo qualche settimana Diliberto istituisce l’Ugap, mette al
comando di questa nuova struttura il Generale Ragosa, e dimissiona Margara.
I sindacati della Polizia Penitenziaria (compresi i confederali)
rivendicano la rimozione del ‘garantista’ Margara.
E’ appena il caso di ricordare che qualche anno prima, proprio
grazie all’intervento di Margara (allora Presidente del Tribunale di
sorveglianza di Firenze), furono messi sotto inchiesta 65 agenti di
polizia penitenziaria in servizio allo Scoop, diretto dal Generale Ragosa
per le violenze verificatesi nel carcere di Pianosa (successivamente
chiuso) |
10.5.2000 |
Cominciano a farsi sentire i disagi creati dallo sciopero in bianco
attuato dai poliziotti penitenziari: ritardi nei colloqui con i familiari
e con gli avvocati, e rallentamento dei tempi delle attività dentro le
prigioni. Oltre ai sit-in ed ai cortei in diverse realtà i secondini
minacciano l’autoconsegna in carcere degli agenti.
Prime reazioni dei detenuti ai disagi creati dalle agitazioni degli
agenti. A Genova rifiutano il vitto dell’amministrazione, mentre a
Torino e Milano scioperano i detenuti lavoranti. |
Rivendicazioni degli agenti: aumenti degli organici, potenziamento
dei mezzi e delle strutture, istituzione del ruolo direttivo della polizia
penitenziaria. |
11.5.2000 |
Cgil, Cisl e Uil promuovono una sottoscrizione in tutti gli
istituti penitenziari “al fine di sostenere economicamente i colleghi
interessati dai provvedimenti di custodia cautelare emessi dal Gip di
Sassari e dalla conseguente sospensione dal servizio con inevitabile
riduzione dello stipendio”.
Dossier dell’associazione Antigone sulle violenze quotidiane
degli agenti di custodia sui detenuti. |
Il Libro bianco di Antigone
(Questa scheda è tratta da un articolo
apparso sul settimanale L’espresso del 18.5.2000)
Sono 22 i casi di sospetti maltrattamenti avvenuti nelle carceri
italiane nel solo 1999. Il
6 ottobre, a Brescia, muore un detenuto dopo essere stato aggredito dai
compagni. Le guardie, secondo i giornali, non intervengono. Un mese dopo,
il 16 novembre, la carcerata bresciana C.R. sostiene di essere stata presa
a calci e pugni in testa dagli agenti senza motivo. Il 17 ottobre un
detenuto lombardo Pietro Ibba muore per un’infezione non curata. Secondo
la madre ‘dopo aver accusato per 10 giorni febbre alta nel carcere di
Lecco. A Nuoro, il 23 gennaio 2000, muore Luigi Acquaviva: ‘tre agenti
di polizia penitenziaria indagati per lesioni e uno per omissione di
soccorso. Il 28 ottobre ’99 viene arrestato Marco Ciuffreda, perché
trovato in possesso di sostanze stupefacenti. Portato al carcere romano di
Regina Coeli ottiene gli arresti domiciliari. Il provvedimento non viene
eseguito, per più di due giorni, dalla
polizia penitenziaria che
adduce mancanza di personale. Intanto Ciuffreda si sente male, viene
visitato una volta e poi più. Ricoverato d’urgenza allo Spallanzani,
muore. La diagnosi parla di polmonite bilaterale anche se nessuno di
coloro i quali lo avevano incontrato avevano notato i sintomi. A
Viterbo, invece, di nuovo violenza. Qui ai primi di novembre muore un
detenuto tunisino. La versione ufficiale dell’accaduto parla di
suicidio. Un operatore penitenziario qualificato afferma che frequenti
sono i pestaggi e le vessazioni a carico di detenuti. Uno degli ispettori
gerarchicamente posto ai vertici della struttura, durante la visita
effettuata dagli osservatori di Antigone, ha affermato che ‘i diritti
umani con gli animali (cioè i detenuti) non c’entrano”. |
12.5.2000 |
Tutti liberi. Il Gip di Sassari revoca le misure cautelari per gli
82 inquisiti per il pestaggio di Sassari. 62 tra sottufficiali e guardie
tornano in servizio; 17 restano sospesi in attesa di trasferimento; Della
Vecchia e Tomassi, sospesi dal servizio, dovranno risiedere fuori dalla
Sardegna; la Di Marzio è trasferita al Ministero.
I sindacati della polizia penitenziaria revocano lo sciopero in
bianco. |
Cosa hanno ottenuto le
guardie: 1) subito un concorso
per 1300 agenti 2) impiego degli
obiettori di coscienza per
svolgere compiti di ufficio 3) trecento miliardi
per l’ammodernamento del
parco mezzi 4)
apertura di nuovi 4 istituti già finiti 5)
assunzione di 743 impiegati per gli
uffici 6) utilizzo di 2000
ausiliari dell’esercito 7) immediata
istituzione del ruolo dirigente e direttivo della polizia penitenziaria. 200 ispettori diventeranno commissari; 500 nuove assunzioni di dirigenti con concorsi esterni; 8) promozione per i
provveditori che saranno tutti dirigenti generali. |
13.5.2000 |
Attentato dinamitardo nei confronti di un appartenente al Corpo di
Polizia Penitenziaria coinvolto nelle indagini della magistratura
sassarese. |
|
16.5.2000 |
Manifestazione nazionale a Roma della Polizia Penitenziaria indetta
da Cgil, Cisl e Uil “per rendere manifesto l’impegno e la presenza del
sindacato confederale in un settore ad alta esposizione sul piano della
sicurezza, della legalità e della convivenza sociale”. Dopo essersi
prudentemente tenuti fuori dalla mischia nei giorni più caldi della
protesta, i vertici nazionali dei confederali scendono in campo per porsi
come mediatori del conflitto e tesoreggiare i risultati della battaglia
condotta dagli autonomi.
Roma - Volantinaggio fuori al carcere di Regina Coeli da parte
dell’Assemblea contro la repressione, che raccoglie l’autonomia di
classe e gli anarchici di Roma. I detenuti di Rebibbia dichiarano lo stato
di agitazione; all’esterno del carcere presidio di solidarietà . |
|
19.5.2000 |
Il Consiglio dei Ministri emana il Decreto Legislativo in
attuazione della legge 266/89, Riordino dell’amministrazione
penitenziaria, introducendo la deroga alle assunzioni per
l’Amministrazione Penitenziaria per la copertura immediata delle vacanze
di organico.
Trasferiti il direttore e il comandante del carcere di Nuoro dove
era morto suicida un camorrista napoletano.
Continua la protesta dei detenuti di Regina Coeli che hanno chiesto
di svolgere un’assemblea in presenza dei giornalisti.
Napoli, carcere di Poggioreale. Manifestazione dei centri sociali
davanti al penitenziario cittadino. Mentre si svolge il corteo ed il
successivo concerto nella piazza antistante il carcere, una delegazione di
parlamentari e consiglieri regionali entra nel penitenziario per
assicurarsi che non vi siano ritorsioni sui detenuti. I prigionieri
immediatamente rispondono alla manifestazione con la battitura delle
stoviglie sulle sbarre. Lo spettacolo delle celle lascia sgomenti i
visitatori. Fino a 18 persone per stanza, con un solo bagno che funge
anche da cucina. A Poggioreale le quattro ore d’aria previste per legge
sono ridotte a due, e talvolta anche ad una. I detenuti, senza alcun
timore reverenziale per la presenza del direttore e delle guardie,
denunciano l’uso sistematico delle percosse, dell’isolamento, e fanno
anche i nomi di alcuni agenti componenti delle squadrette punitive.Nel
carcere napoletano si può incorrere in una sanzione corporale per il solo
fatto di aver guardato in volto un agente, o di non aver tenuto le mani
dietro la schiena quando si percorrono i corridoi, o di non essersi messi
sull’attenti durante la conta. Le condizioni igieniche degli ambienti e
lo stato dell’assistenza medica sono indescrivibili. Dei risultati della
visita vengono informati il Ministro della Giustizia, il Direttore
generale delle carceri e i vertici dell’amministrazione. |
Poggioreale
Il grande rigore ed il clima di paura che caratterizzano la
situazione del carcere di Poggioreale sono ben noti a tutti coloro che
frequentano gli ambienti penitenziari. . Il reparto accettazione,
l’infermeria, l’isolamento del padiglione Genova sono veri e propri
luoghi terrifici per il popolo dei ‘dannati della terra’.
Un ragazzo che è riuscito ad avvicinare un componente della
delegazione che ha visitato il carcere ha raccontato che anche con le
guardie spesso si parla chiaramente dell’uso della violenza nel
penitenziario napoletano. Gli agenti giustificano gli atti di violenza
ricordando ai carcerati la situazione in cui versava il carcere nei primi
anni ottanta, quando gli uomini di Cutolo ed i loro rivali avevano
conquistato il controllo del penitenziario. La normalizzazione di
Poggioreale avvenuta nei primi anni ottanta è ricordata dai detenuti come
un evento mitico, per i livelli di violenza che quel processo comportò.
Da quel momento Poggioreale è diventato il simbolo della lotta alla
camorra, un luogo dove le strumentazioni più brutali della repressione si
sono fatte sistema, un carcere che sembra in emergenza permanente,
incapace di emanciparsi da quel pezzo della sua storia. Da quel momento
Poggioreale è diventato il modello penitenziario della massima deterrenza,
un modello che è stato utilizzato nell’apertura del secondo carcere
della città (quello di Secondigliano) e che ha prodotto due inchieste
giudiziarie per pestaggi e un morto tra gli agenti di polizia
penitenziaria.
Ma Poggioreale non è ricordato soltanto per il grande rigore del
suo regime disciplinare; dalla sua storia recente è venuto fuori un pezzo
importante della classe dirigente dell’apparato penitenziario (vedi
‘Da Sassari a Poggioreale 1-3).
|
20.5.2000 |
Milano. Il collettivo contro la repressione è fuori al carcere di
San Vittore con un banketto di controinformazione. |
|
21.5.2000 |
Napoli. Dopo la manifestazione davanti al carcere di Poggioreale, e
l’astensione dal vitto di tre giorni dei detenuti, l’Osappe (uno dei
più forti sindacati autonomi della Polizia Penitenziaria) indice una
conferenza stampa “finalizzata a mitigare le tensioni tra detenuti e
agenti di polizia penitenziaria”. I sindacalisti dichiarano che non
temono le inchieste giudiziarie anche a Poggioreale, “ricettacolo delle
più gravi malattie infettive come Aids, Tbc, epatiti, scabbia,
pediculosi”.
Roma. I detenuti del carcere di Rebibbia mettono in atto lo
sciopero del carrello (rifiuto del vitto), il rifiuto di scendere
all’ora d’aria dalle 13.00 alle 15.55, la battitura delle sbarre dalle
22.30 alle 23.30. |
|
23.5.2000 |
Prosegue la protesta di Rebibbia con la battitura delle sbarre, il
rifiuto del vitto e dell’ora d’aria. |
|
24.5.2000 |
La Conferenza Episcopale italiana chiede allo stato italiano un
atto di clemenza per i detenuti.
I detenuti di Regina Coeli sospendono le agitazioni iniziate alcuni
giorni fa. In un comunicato si dichiarano fiduciosi nell’impegno
assicurato da alcuni parlamentari in visita al carcere.
Prosegue invece la protesta dei detenuti di Rebibbia che presentano
la loro piattaforma di lotta ad una delegazione di deputati in visita al
penitenziario. Tra le azioni di lotta oggi c’è anche l’astensione dal
lavoro, dalla frequenza delle attività scolastiche e culturali. |
La piattaforma di Rebibbia. a)
Indulto di tre anni, generalizzato per tutti. b)
Applicazione con maggiori automatismi della legge Gozzini. c)
Depenalizzazione dei reati minori. d)
Facilitazione all’espulsione dei detenuti stranieri che ne fanno
richiesta. e)
Decarcerizzazione dei tossicodipendenti. f)
Aumento degli organici degli educatori, psicologi e magistrati di
sorveglianza. g)
Qualificazione della polizia penitenziaria. h)
Adeguamento delle strutture penitenziarie alle esigenze della
risocializzazione. i)
Riduzione dei termini della custodia cautelare. |
25.5.2000 |
Un’emozione fortissima. Come a Poggioreale
venerdi’ 19, cosi’ a Rebibbia. Fuori-dentro. Parenti, mogli, amici,
figli, compagne, compagni. Voci, rumori, luci. Da dentro: Battitura di
pentole, acccendini, luci spente e accese aintermittenza, uno striscione
da una cella “la voce dei dimenticati”: LIBERI! LIBERI! LIBERTA’!
La protesta dei detenuti di Rebibbia èandata avanti fino al 30
maggio. |
|
29.5.2000 |
Mara Malavenda, parlamentare dei Cobas, presenta una interrogazione
parlamentare sulla situazione del carcere di Poggioreale. |
|
30.5.2000 |
Rinviato un concerto degli Assalti Frontali programmato nel carcere
romano di Rebibbia. Il direttore dell’Istituto ha giustificato il rinvio
per la troppa tensione che c’è nelle carceri. Il rapper Militant A è
comunque riuscito ad incontrare i detenuti, che hanno deciso di continuare
la protesta. Si dissociano dalla decisione dei compagni di Regina Coeli
che hanno ceduto alle pressioni di alcuni politicanti di interrompere la
protesta “in cambio di permessi, lavori esterni…”. I detenuti
dichiarano che “sono vent’anni che succedono cose come in Sardegna, è
stato solo uno scontro tra poteri istituzionali a fare scoppiare la
bomba”. “Il governo con una mano vorrebbe migliorare il carcere e con
l’altra presenta un pacchetto sicurezza per l’esecuzione della pena
dopo il secondo grado”.
Una ragazza di 28 anni muore nel carcere di Ragusa per un accesso
ai denti non curato. La vicenda è accaduta il primo maggio, ma solo oggi
se ne è avuta notizia. La donna era detenuta per una condanna a 7 mesi
per furto ed il primo luglio sarebbe tornata a casa. Nel 1999 i morti in
carcere sono stati 83; 59 i suicidi; 920 i tentati suicidi; 6.536 gli atti
di autolesionismo.
Per Giancarlo Caselli 500 miliardi renderebbero le carceri più
vivibili. L’indulto farebbe risparmiare allo stato 1600 miliardi che
potrebbero essere investiti nell’assunzione di nuovo personale. |
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2.6.2000 |
I compagni e le compagne di Parma ‘per l’autonomia di classe
organizzano un’assemblea cittadina per discutere sull’attuale
situazione nelle carceri e delle lotte dei detenuti. |
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3.6.2000 |
Parma. Manifestazione per le strade della città e presidio sotto
il carcere di via Burla in solidarietà con le detenute e i detenuti in
lotta nelle galere italiane e nel mondo.
Il Ministro Fassino propone l’istituzione di circuiti
differenziati per detenuti tossicodipendenti, con strutture sganciate dal
carcere, di piccole dimensioni, collegate al territorio. Finora i tossici
sono stati assistiti dai Sert e dai presidi sanitari interni al carcere.
I deputati Mara Malavenda e Paolo Cento, il consigliere regionale
di Rifondazione Franco Maranta, i centri sociali Officina 99 e Ska, le
associazioni Antigone e Lila visitano il carcere di Poggioreale. Vittorio
Agnoletto, presidente della Lila, chiede al Direttore del carcere
informazioni sul trattamento adottato nei confronti dei
tossicodipendenti che entrano
nella struttura. Il presidente della Lila ricorda che un recente
provvedimento del direttore generale Caselli impone ai direttori delle
prigioni l’uso del metadone per i tossicodipendenti in crisi di
astinenza. Ma quale metadone, risponde il direttore ilare, qui non ne
abbiamo bisogno. Ma c’è la direttiva, incalza Agnoletto. E il
direttore: “E noi la applichiamo a modo nostro”.
Carcere di Nuoro. Il testo della perizia medico-legale sul corpo di
Luigi Acquaviva, morto il 23 gennaio, non conferma il suicidio e documenta
invece i segni delle percosse, con segni di violenza diffusi su tutto il
corpo del detenuto.
Torino. Proiezione del film “Le rose blu” di E. Piovano, girato
all’interno delle carceri ‘Le Nuove’ di Torino, protagoniste le
detenute, alcune delle quali morte nel rogo del 3 giugno 1989 (nel giugno
dell’89 in un incendio nella sezione femminile del carcere torinese
morirono 11 ragazze detenute. Promotori dell’iniziativa associazioni e
collettivi di movimento. |
Dal primo gennaio 2000 una legge, voluta dall’ex ministro della
Sanità Bindi, trasferisce la medicina penitenziaria al Servizio Sanitario
Nazionale. Attualmente si è ancora in attesa dei decreti attuativi di
questa legge e si va avanti con due circolari della Bindi e di Diliberto e
una del Dap, emessa da Caselli. Le
circolari prescrivono la prevenzione attraverso analisi; terapie
farmacologiche e psicologiche; presa in carico immediata da parte dei Sert
assicurando la continuità assistenziali; terapia metadonica. Per
Giancarlo Caselli all’uso del metadone non dev’essere opposto nessun
ostacolo o resistenza”. |
6.6.2000
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Dopo due settimane i detenuti di Rebibbia sospendono lo sciopero
della fame dopo gli impegni assunti dai parlamentari presenti
all’incontro del 30 maggio per un provvedimento di amnistia e indulto. |
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7.6.2000 |
L’Osappe, sindacato autonomo della polizia penitenziaria, indice
per il prossimo 16 giugno uno sciopero della fame ad oltranza dei suoi
dirigenti ‘davanti alla Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale, da
sempre simbolo delle situazioni periferiche gravi e irrisolte
dell’Amministrazione e dei disagi del personale’. |
Di nuovo una manifestazione nazionale dei poliziotti penitenziari
davanti a Poggioreale. |
12.6.2000 |
Sciopero dei detenuti in tutte le carceri italiane a sostegno della
nuova piattaforma di rivendicazioni proposta dall’associazione Papillon
di Roma Rebibbia. |
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13.6.2000 |
Indulto-amnistia. Scontro tra Ds e Forza Italia sui contenuti
dell’eventuale provvedimento indulgenziale. I forzisti spingono per
un’amnistia ampia, che copra anche i reati di tangentopoli. Intanto
all’ordine del giorno della Camera arriva oggi la discussione sul
pacchetto sicurezza. |
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15.6.2000 |
Sergio Segio e Sergio Cusani, a Roma per sostenere la loro ipotesi
di amnistia, vengono ricevuti a Palazzo Chigi, in Vaticano e dal Polo.
Pietro Folena dichiara che il centrosinistra presenterà un ddl che
recepisce le indicazioni contenute nella proposta di Cusani e Segio,
rispondendo anche all’appello lanciato dalla Chiesa. Nel provvedimento,
però, ci saranno due paletti saldi: nessuna amnistia per i reati di
tangentopoli né per quelli di grave allarme sociale.
Contraria alla concessione di un provvedimento indulgenziale
generalizzato anche la maggioranza del CSM. Il rifiuto è netto anche per
il Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Gennaro,:
“dopo ogni amnistia le carceri sono tornate piene dopo pochi mesi.
Sarebbe necessario collegarla a un provvedimento più generale di
decriminalizzazione e di interventi sul recupero post-carcerario”.
Sul piano istituzionale tutto appare immobilizzato. Alla
commissione giustizia del Senato la discussione sulle proposte di
amnistia-indulto non sono neppure state messe nel calendario.
Due tunisini sono evasi dal centro di permanenza temporanea di
Trapani, dov’erano rinchiusi in attesa del rimpatrio. Il centro di
Trapani era stato teatro nel dicembre scorso di una tragica rivolta.
Alcuni immigrati avevano appiccato il fuoco nella camerata dov’erano
stati rinchiusi dopo un tentativo di fuga. Nel rogo morirono carbonizzati
due stranieri, e altri tre erano deceduti in ospedane nei giorni
successivi.
Antonio Di Pietro scende in campo contro le ipotesi di concessione
di amnistia. Le dichiarazioni favorevoli di molti esponenti di Forza
Italia, dichiara l’ex Pm, svelano che dietro la voglia di amnistia c’è
una voglia di impunità. |
Le proposte attualmente presentate a)
Disegno di legge Manconi-Saraceni: prevede la concessione
dell’amnistia per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita
una pena detentiva massima non superiore a quattro anni, e per una serie
di reati ritenuti di minore gravità. Anche l’indulto è previsto nella
misura non superiore a due anni. I beneficiari potrebbero essere circa
14.000. b)
Disegno di legge Pisapia-Russo Spena: l’amnistia sarebbe
condizionata, cioè, l’eventuale beneficiario nei successivi cinque anni
dovrà dare prove effettive e costanti di buona condotta e volontà di
reinserimento. Sull’indulto si arriva fino a 3 anni e senza eccezioni. I
fruitori sarebbero circa 17.000. c)
La proposta Cusani-Segio. Nella sua versione più radicale prevede
la concessione dell’amnistia – seppur condizionata – per
reati fino a 5 anni di pena massima, comprendendo quindi anche il reato di
falso in bilancio. L’indulto è previsto per 3 anni. |
16.6.2000 |
Il consiglio dei ministri vara il nuovo Regolamento Carcerario, che
sostituisce quello del 1976.
Giuliano Pisapia, componente della commissione Giustizia, visita il
carcere di Cagliari.
Indetto uno sciopero della fame pubblico per richiamare
l’attenzione sulla gravità della situazione carceraria si svolgerà a
Roma, a Castel S. Angelo, dal 21 giugno al 9 luglio, giorno del Giubileo
dei detenuti. Hanno aderito, tra gli altri, Pietro Ingrao, Lidia Ravera,
Erri De Luca, Tullia Zevi, Moni Ovadia e Gianni Ippoliti. E, tra le
associazioni, Antigone, Arci ora d’aria e Nessuno tocchi Caino.
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Le novità del nuovo regolamento
-
migliori condizioni igienico-sanitarie -
servizi sanitari più mirati alle specifiche patologie -
modalità di trattamento più rispettose della personalità del
detenuto -
mediatori culturali per stranieri -
più lavoro extracarcerario -
diffusione della scuola dell’obbligo in tutti gli istituti -
locali e ministri del culto per la celebrazione di riti non solo
cattolici -
i colloqui mensili passano da 4 a 6 senza vetro divisorio -
possibilità di trascorrere parte della giornata con i familiari in
appositi locali o all’aperto -
incremento del numero e della dutata delle telefonate. Resta
fuori per ora il capitolo sull’affettività in carcere, bocciato dal
Consiglio di Stato |
17.6.2000 |
Il Collettivo contro la repressione di via dei Transiti organizza
una giornata di mobilitazione fuori al carcere di Milano Opera. |
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18.6.2000 |
Giancarlo Caselli, Direttore delle carceri, presenta un piano di
differenziazione degli istituti penitenziari. Quattro modelli che
favorirebbero una graduale fuoriuscita dalle prigioni e un progressivo
reinserimento sociale. Un circuito per i detenuti più pericolosi, uno
dove scontare pene secondarie, un terzo per le pene brevi e infine un
circuito ampio per chi si trova in regime di custodia attenuata.
Samir non è morto, se n’è andato via.
Un detenuto extracomunitario si suicida nel carcere di Pisa.
Scontava una condanna a pochi mesi per spaccio, stava per uscire, ha
picchiato una guardia, è stato messo in isolamento, si è impiccato con
la giacca del pigiama. |
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20.6.2000 |
Conferenza stampa al Senato del coordinamento di associazioni e
personalità politiche che si battono per l’amnistia. Ovidio Bompressi
annuncia che nella giornata di domani inizierà
a Roma il digiuno pubblico che continuerà fino al 9 luglio, giorno
del giubileo dei detenuti. Pietro Ingrao chiede che il Parlamento dedichi
una seduta speciale ai temi delle carceri dove possano parlare le
delegazioni parlamentari che vanno in giro per le prigioni. Alcuni
deputati di Alleanza nazionale hanno protestato per la presenza di
Bompressi e di Francesca Mambro nella saletta del Senato dove si è svolta
la conferenza stampa. Nella giornata di oggi la commissione giustizia del
Senato deciderà se iscrivere o meno la questione amnistia all’ordine
del giorno. Intanto il partito della Quercia si spacca tra i
giustizialisti della tolleranza zero, capitanati da Ayala, e i
cerchiobottisti guidati da Fassino. |
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21.6.2000 |
Feroce presa di posizione contro le ipotesi di amnistia del
Procuratore Generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli. Il capo di
mani pulite attacca gli uomini politici che hanno portato in parlamento
‘un terrorista e un corruttore’, riferendosi a Sergio Segio e Sergio
Cusani. In una improvvisata conferenza stampa Borrelli invita Wojtyla a
non ficcare il naso negli affari interni dello stato italiano. La
Commissione Giustizia del Senato rinvia di una settimana l’iscrizione
all’ordine del giorno del tema dell’amnistia. L’Associazione
Nazionale Magistrati esprime forti perplessità su provvedimenti
indulgenziali. |
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22.6.2000 |
L’Amministrazione Penitenziaria consegna alla Commissione
giustizia del Senato un rapporto sulla situazione delle carceri.
Molte le reazioni negative alle dichiarazioni fatte ieri dal
Procuratore Generale di Milano Francesco Saverio Borrelli. Sul piano
politico siamo allo stallo totale. La Quercia è il primo partito ad
opporsi ai provvedimenti di amnistia, anche se non arrivano a pronunciare
un no secco. Come non lo fanno Forza Italia e An. Il partito di Fini ha
anzi aperto uno spiraglio, chiedendo di approfondire la questione dei
reati che sarebbero coperti dal provvedimento.
Festa del Corpo di Polizia Penitenziaria; presenti il capo dello
stato, il ministro della giustizia e Giancarlo Caselli. Fassino legge le
cifre del sovraffollamento penitenziario e promette di rinfoltire gli
organici del personale penitenziario (1200 educatori e 1500 poliziotti
penitenziari). Per Caselli nessun intervento riformatore è possibile se
non si affronta il problema della presenza dei 15.000 detenuti in più
rispetto ai posti letto delle nostre prigioni. |
Il rapporto del Dap.
Secondo il documento presentato dall’Amministrazione
Penitenziaria i detenuti in Italia sono 53.507 a fronte di una capienza
regolamentare di 42.749 persone. I condannati sono 28.104, gli imputati in
attesa di giudizio 23.933, gli internati 1.470. I detenuti stranieri sono
14.803, i tossicodipendenti 15.097. In 8.783 sono in cella per condanne
fino ad un anno, 5.147 da uno a due anni, 3.611 da due a tre anni. Una parte importante della prossima campagna elettorale si giocherà di certo sui temi della sicurezza, ed i sondaggi d’opinione che in questi giorni sono apparsi sui giornali sconsigliano alle grandi forze politiche di sbilanciarsi troppo sul tema dell’amnistia. Il pacchetto sicurezza, attualmente in discussione alla Camera, prende di mira proprio quei cosiddetti reati di strada (furti, scippi, rapine) che dovrebbero essere interessati da un eventuale indulto-amnistia, e nelle strategie politiche dei partiti c’è sicuramente più attenzione all’alto valore elettorale aggiunto che la repressione di questi reati è in grado di esprimere, piuttosto che ad evitare qualche casino nelle carceri.
Secondino Pride
Ad accogliere i 54.000 detenuti che stazionano nelle
nostre prigioni ci sono 34.000 posti letto, 44.000 agenti di
polizia penitenziaria e una sparuta pattuglia di operatori del
trattamento.
In Germania per custodire 60.000 detenuti vengono impiegati 26.000
addetti alla sorveglianza; al contempo, i tedeschi pagano 9.500 addetti
alle funzioni trattamentali. In Francia vengono ritenuti sufficienti
19.000 agenti per assicurare la sicurezza nelle carceri, che ospitano
58.000 detenuti; le unità di personale socio-educativo sono 6500.
L’apparente paradossalità della situazione italiana in cui,
nonostante l’elevato rapporto tra agenti e detenuti, si continuano ad
assumere poliziotti penitenziari a colpi di decreti da un migliaio di unità
all’anno, è il segno tangibile di ciò che questa Amministrazione ha
fatto negli ultimi anni: riprodurre, in forma esponenziale, le sue più
antiche vocazioni repressive attraverso un’assoluta egemonia delle
regioni dell’ordine e della sicurezza.
La pacificazione delle carceri operata dalla Gozzini e la montante
ondata punitiva proveniente dall’opinione pubblica nazionale ha posto
finora l’Amministrazione Penitenziaria al riparo da pressanti esigenze
di governo interne e da ogni forma di controllo democratico esterno, in
particolare al Sud.
Ciò ha trasformato il carcere in un territorio dove scorrazzano
indisturbati voraci appetiti corporativi che si muovono in una logica
esclusiva di accumulo di privilegi. I detenuti, in tutto questo, sono
diventati l’ultimo dei problemi.
La smilitarizzazione del Corpo degli agenti di custodia avvenuta
nel 1990 e la conseguente sindacalizzazione di questo soggetto, frutto di
autentiche istanze di democratizzazione di questo contesto istituzionale,
è precipitata su terreni di lotta corporativa che hanno soffocato ogni
residuo progressivo che quel provvedimento legislativo conteneva.
Lo sgelamento delle carriere del personale dirigente del neonato
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria operato da questa
riformariforma, con l’ingresso dei direttori negli uffici centrali e
periferici del Dipartimento, ha portato questo personale in una situazione
di accesa concorrenza per la conquista di una poltrona ministeriale,il
che significa, almeno per loro, la possibilità concreta di
liberarsi dalla necessità del carcere.
Condizione essenziale perchè si possa ambire a questi salti della
carriera è che nei loro curriculum personali non vi siano ‘incidenti’,
cioè che negli istituti sottoposti alla loro direzione non si verifichino
problemi rilevanti sotto il profilo della sicurezza.
Tutto ciò ha alimentato e rafforzato quella cultura gestionale che
valuta positivamente le situazioni in cui ‘non succede nulla’,
piuttosto che quelle che possono vantare ‘eventi significativi’. Un
direttore viene giudicato sulla base del criterio del ‘non aver mai
fatto parlare di sè, piuttosto che della valutazione oggettiva
dell’aderenza alla legge del suo operato.
Questa situazione ha ancor più accresciuto il potere della polizia
penitenziaria, vera ed unica garante della sicurezza, dell’ordine e
della disciplina negli istituti, e peggiorato progressivamente i livelli
di vivibilità della condizione detentiva.
La forza di questo soggetto istituzionale, una forza incontestabile
sia per i numeri che per le funzioni, ha appiattito questa Amministrazione
su posizioni di pura separazione e conservazione di se stessa. La gran
parte delle risorse economiche ed umane pervenute ai penitenziari negli
anni novanta sono andate quasi esclusivamente a rafforzare le
‘impellenti ragioni della sicurezza’.
I benefici economici, normativi e di carriera conquistati dai
neonati agenti di polizia penitenziarie hanno conservato a questo
personale un sistema previdenziale speciale e veloci automatismi
nei passaggi di carriera. Il tradizionale senso di separatezza di
questo corpo militare dal resto del mondo del lavoro si è così
rafforzato, consegnando grande visibilità e credito alle loro
rappresentanze sindacali.
Si tratta di un sindacalismo fortemente corporativo, che ha
alimentato ideologie dell’appartenenza militaresca che stanno producendo
profondi e pericolosi guasti.
Il potere di condizionamento che questi sindacati esercitano sulle
scelte dell’Amministrazione è veramente enorme, e può essere ritenuto
senza dubbio responsabile di una parte importante dell’irrigidimento dei
regimi disciplinari.
L’indubbia capacità che hanno dimostrato nella vicenda di
Sassari di tradurre in un proprio vantaggio un momento di grande difficoltà
nato dall’indignazione con cui l’opinione pubblica aveva accolto la
notizia del pestaggio, ne è una prova sconcertante. |
23.6.2000 |
Protesta di detenuti nel carcere di Trieste. Sul posto giungono
immediatamente pattuglie della polizia e dei carabinieri e squadre dei
vigili del fuoco. I detenuti agitano pezzi di lenzuola in fiamme e
lanciano carca bruciata dalle finestre. Battitura di stoviglie contro le
sbarre delle celle.Il direttore del carcere, Enrico Sbriglia, ha precisato
che la protesta si è svolta in maniera pacifica e senza incidenti. Le
immagini del carcere, ubicato al centro della città, sono state trasmesse
da tutti i telegiornali. “E’ il segnale che 54.000 detenuti
aspettavano nelle 217 carceri italiane” (La Repubblica 26.6.2000). |
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24.6.2000 |
Dopo la messa in onda nella mattinata delle immagini del carcere di
Trieste in rivolta, “in poche ore la febbre attacca come un virus in
altri istituti: a Bologna, a Genova, a Milano, a Bergamo,a Napoli, dove
rispondono spontaneamente gli oltre tremila detenuti di Secondigliano e
Poggioreale. “Le proteste non sono violente – scrive La Repubblica –
perché i direttori restano nelle carceri e parlano con delegazioni dei
detenuti”.
Per la seconda notte consecutiva i detenuti del Carcere di Trieste
proseguono la protesta con lanci di lenzuola in fiamme e battitura.
Giancarlo Caselli dichiara al Tg3 che ‘la protesta può essere
legittima, ma gli incidenti e le provocazioni non aiuterebbero ad
accelerare le riforme”. Scende in campo a favore dell’amnistia anche
il Presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Conso. Il Ministro
della Giustizia Fassino chiede al Parlamento di decidere in fretta
Il Procuratore Generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli, apre
parszialmente sull’amnistia. “L’amnistia può essere accettata, sia
pure a fatica, - ha dichiarato Borrelli – ma solo se affiancata da
provvedimenti strutturali importanti…” .
I sindacati della Polizia Penitenziaria Sappe e Sinappe dichiarano
lo sciopero in bianco per protestare contro la scarsa attenzione che la
prossima finanziaria dedicherebbe agli aumenti salariali delle guardie. |
Sciacallaggi
Le pesanti ricadute che hanno sui detenuti la forma di lotta dello
sciopero in bianco (difficoltà nei colloqui con i familiari, nella
consegna dei viveri, meticolosità delle perquisizioni, rallentamento di
tutte le attività formative, culturali e sportive dentro agli istituti,
sono una incredibile provocazione che i questi sindacati dei poliziotti
penitenziari intendono lanciare nell’arena incandescente delle carceri.
La spregiudicatezza e l’arroganza con cui si decide, in questo momento,
di utilizzare la sofferenza dei detenuti per trarne vantaggi corporativi,
è la prova lampante della estrema pericolosità che questi sindacati oggi
rappresentano. Il messaggio è chiaro: far precipitare il conflitto nelle
prigioni per poi presentarsi come gli unici di affrontare lo scontro sul
piano militare. |
25.6.2000 |
Napoli. Particolarmente dura è la protesta nel penitenziario
napoletano di Poggioreale, dove alle richieste di un provvedimento
indulgenziale si aggiungono le denunce sul clima di violenza e
intimidazione che si respira nell’istituto. 2070 detenuti, per una
capienza ‘tollerabile’ di 1200. Anche nel penitenziario di
Secondigliano la protesta va oltre la richiesta di amnistia. Qui ci sono
oltre 1300 detenuti, cioè oltre il doppio della capienza tollerabile. I
detenuti denunciano che, da quando ha aperto il nuovo carcere,
alcuni reparti d’estate rimangono senz’acqua per alcune ore al
giorno. Un documento firmato dai detenuti del reparto S2 viene inviato al
Procuratore Capo Agostino Cordova, con la richiesta di aprire
un’indagine sulle condizioni di vita di Secondigliano.
Napoli. Prosegue la protesta negli istituti di Poggioreale e
Secondigliano, con la battitura, il lancio di carce incendiate dalle
finestre delle celle, l’esposizione di striscioni di protesta. I
detenuti dell’S2 di Secondigliano hanno scritto in un documento che se
entro dieci giorni non avranno alcun segnale dalla Procura di Napoli sulle
denunce presentate ieri, inizieranno lo sciopero della fame. Secondo il
quotidiano Il Mattino, “il direttore di Poggioreale, Salvatore Acerra,
ieri, nonostante la giornata festiva, era al suo posto di lavoro”.
Comunicato Ansa
“Carceri: amnistia, monta la protesta, ma non è ancora
emergenza. (ANSA) - ROMA, 26 GIU
Il dibattito in corso nel mondo politico, sull' |
Capienza tollerabile.
Nei documenti ufficiali che divulga l’amministrazione
penitenziaria si trova sempre il doppio dato della capienza,
e della capienza tollerabile. Per capienza si intende il
numero di posti letto previsti dai progettisti della struttura carceraria;
per capienza tollerabile il numero di persone che possono essere infilate
in un cubicolo lasciando un metro di spazio tra i letti a castello. La
capienza tollerabile viene stabilita sulla base di ‘relazioni
tecniche’ delle direzioni delle carceri.
Non tutti sanno che
Il prestigio, ma soprattutto la carriera di un direttore, si misura
anche dalla grandezza della struttura che ha diretto (e per grandezza si
intende il numero di carcerati che ha custodito). Nella recente riforma
della dirigenza dei penitenziari, una delle condizioni per aver
riconosciuto al proprio istituto lo '‘status di prima dirigenza'’ è
appunto il numero di detenuti ospitati. |
26.6.2000 |
Si diffonde la protesta in tutte le carceri italiane. A Novara un
incendio appiccato nella notte ai materassi di una cella manda
all’ospedale sei agenti, intervenuti per sedare le fiamme. In
toscana la protesta coinvolge i penitenziari di Livorno, Firenze, Pisa,
Prato, S. Gimignano e Pistoia. Agitazioni anche a Lecce, Ancona, Bologna,
Lanciano, Teramo, Chieti, Bergamo (dove
un agente è rimasto ferito), Parma, Modena, Padova, Pesaro, Fermo,
Alessandria, Udine, Pordenone, Palermo e Trento. A Trieste, il carcere che
ha lanciato l’ultima ondata di proteste, proseguono le agitazioni con
uno sciopero della fame, il rifiuto dei colloqui e dei pacchi, astensione
dagli incontri con gli avvocati e diserzione dalle aule di tribunale.
Grave appare la situazione di Roma Rebibbia, dove i poliziotti avrebbero
lanciato lacrimogeni contro un centinaio di detenuti, che avevano
appiccato il fuoco ai materassi e alle suppellettili. A Bergamo un agente
è stato ferito al braccio con una lametta da barba da un detenuto
extracomunitario.
Il Direttore Generale del Dap, Caselli, ordina agli agenti di
mantenere la calma e di non reagire.
Il Viminale dà l’allarme. Allertati i Comitati provinciali per
l’ordine e la sicurezza pubblica.
Napoli. In tutte le strutture carcerarie della regione si segnalano
manifestazioni e proteste dei detenuti. Particolarmente pesante è la
situazione nei due penitenziari napoletani. Striscioni appesi alle
finestre sbarrate di Secondigliano chiedono amnistia ma anche condizioni
di vita meno pesanti. Nel carcere di S. Maria Capua Vetere i detenuti
hanno incendiato le lenzuola. A Secondigliano sopo apparse lenzuola con
scritte polemiche contro la Magistratura di Sorveglianza il cui
Presidente, Angelica Di Giovanni, sta ricevendo in queste ore decine di
fax da tutte le case di pena di Napoli e provincia.
Il prossimo 8 luglio il cardinale Giordano si recherà
nella casa di pena di Secondigliano nell’ambito delle
manifestazioni per il giubileo dei detenuti. Contemporaneamente, davanti
al carcere, i familiari dei detenuti daranno vita ad una fiaccolata. La
manifestazione è stata organizzata dalla Caritas e da altre associazioni
di volontariato religioso.
A Poggioreale è stato di massima allerta. Un agente intervistato
da La Repubblica ammette che gli agenti cominicano ad avere paura. Nicola
Sanseverino, sindacalista del Sappe, dichiara di essere favorevole
all’amnistia. Emilio Fattorello, segretario regionale dello stesso
sindacato, ammette che dopo i fatti di Sassari il rapporto tra agenti e
detenuti è sul filo del rasoio, e minaccia di chiamare gli agenti ad
effettuare uno sciopero bianco.
Leo Beneduci, segretario dell’’Osappe, sindacato dei poliziotti
penitenziari, accusa il governo di non avere alcuna politica sull’aumento degli
organici e sul riassetto delle carriere degli agenti. Per questo motivo il
direttivo dell’Osappe ha indetto uno sciopero della Fame.
Qualcosa comincia a sbloccarsi tra le forze politiche. Oggi
l’argomento verrà discusso nel vertice di maggioranza con Amato: la
linea che si sta affermando nel centrosinistra è favorevole ad un
indulto. L’inversione di marcia è particolarmente vistosa tra i DS.
Anche AN, dopo l’impegno mostrato da Fassino di inserire nel Dpef fondi
per le prigioni, ha di molto ammorbidito il suo veto iniziale. Decisamente
contro l’amnistia sono invece Antonio di Pietro e Luciano Violante. |
Sciacallaggi
L’Osappe è impegnato in un duro scontro con il primo sindacato
dei poliziotti penitenziari, il Sappe, per la conquista della maggioranza
degli iscritti. Dopo l’indubbia egemonia che il Sappe ha esercitato nei
giorni caldi delle vicende di Sassari, l’Osappe sta cercando adesso di
recuperare visibilità attraverso un forte attivismo che si sta
manifestando soprattutto sulla scena napoletana, area in cui vanta un buon
insediamento. |