PER UN FORUM DELLA COMUNICAZIONE


Come già avvenne nella prima guerra del Golfo e nella guerra del Kosovo, in questa nuova guerra contro l'Iraq il terreno dell'informazione e della comunicazione si rivela uno dei terreni strategici. Non solo perché l'informazione sulla guerra (o forse dovremmo dire la guerra dell'informazione) ha anticipato lo scoppio della guerra fisica, quella dei missili delle bombe dello sferragliare dei tank e del sudore dei corpi, non solo perché ha accompagnato il dispiegamento delle truppe e degli armamenti, e sta celebrando adesso - mentre cadono le prime
bombe - la guerra come evento multimediale. Ma soprattutto perché la gestione dell'informazione è lo strumento principale per conseguire uno degli obiettivi strategici di questa guerra, e cioè la creazione di un senso accettabile per chi l'ha promossa agli occhi della cosiddetta "opinione pubblica." Anche se è gestita con degli obiettivi e con una direzione che sembrano andare nella logica dell'imperialismo classico piuttosto che in quella del nuovo Impero, questa guerra non ha solo lo scopo di terrorizzare le popolazioni che colpisce, ma anche quello di creare consenso alla versione Usa-centrica del "nuovo ordine mondiale." Attraverso le reti lunghe e i capillari della comunicazione e dell'informazione a dominanza tecnologica, il tentativo di trasformare tutti gli abitanti del globo in terminali umani di questo evento multimediale è una delle poste in gioco più sotterranee ma più importanti del conflitto. Per questo sbaglieremmo se pensassimo che la censura militare e l'autocensura degli organi di informazione siano prevalentemente strumenti "negativi," tesi a occultare dei fatti e a negare l'informazione. La pratica dell'informazione prodotta nell'interesse dei centri dell'Impero ha piuttosto un carattere "biopolitico," tende cioè a investire e a informare "positivamente" i corpi dei sudditi, costruendo e indirizzando una comunicazione produttrice di senso: un senso livellatore e omogeneo, che non esclude però l'esaltazione di certi interessi e di certe logiche ancora "territoriali" (vedi la posizione della Lega in Italia sul rifiuto dell'accoglimento dei profughi).

Ma in questo, come in altri campi della vita sociale, l'esistenza delle reti e delle nuove condizioni di circolazione dell'informazione permettono il sorgere al proprio interno di pratiche diffuse che si oppongono alla valorizzazione centralizzata e alla mercificazione delle conoscenze. In questi mesi, il movimento contro la guerra ha saputo creare una dimensione di partecipazione senza precedenti, uno spazio pubblico che vuole sottrarsi al dominio della privatizzazione e dello stravolgimento della comunicazione, un sistema di relazioni reticolare e acentrato che produce in continuazione iniziativa, conoscenza, democrazia reale e non formale. È solo in questo spazio pubblico che oggi si dà la possibilità di veicolare processi di comunicazione capaci di sottrarsi al dominio universale dei media mainstream, di sviluppare una rete autonoma di saperi libera e collegata ai bisogni di partecipazione espressi dal movimento. Ed è quindi dentro a questo spazio che proponiamo di dare vita, da subito, a un forum della comunicazione.

Questo forum vuole essere un'articolazione di quello spazio pubblico in cui possano incontrarsi mediattivisti, militanti del movimento e professionisti dell'informazione e della comunicazione interessati a uno sviluppo orizzontale di quella rete autonoma di saperi e di pratiche. Il processo, infatti, è appena cominciato, e questo spazio va esteso a chiunque possa condividere la circolarità della comunicazione sulla guerra in corso, e particolarmente sulle strategie messe in atto per controllare e incanalare l'opinione pubblica. Abbiamo la possibilità di far crescere questo spazio, se sapremo creare un luogo dove si possano incontrare competenze, strumenti e iniziative di comunicazione diverse ma tutte orientate all'autonomia della comunicazione e alla crescita della partecipazione. Il forum della comunicazione si pone quindi al servizio della crescita di iniziativa e di presa di possesso di spazi politici. Non intende centralizzare, pianificare o controllare alcunché, ma promuovere e garantire, con ogni modalità e attraverso qualsiasi strumento, la diffusione di competenze e la circolazione dell'informazione.

In questi giorni, a Milano, stiamo vivendo la crisi del controllo politico delle istituzioni proprio nel momento in cui si verifica una nuova ondata di partecipazione ed espressione politica quale non vedevamo da molti, molti anni. È indubbio che il movimento contro la guerra abbia dato un formidabile impulso alla crisi di legittimità delle politiche del centrodestra, del blocco sociale che lo ha prodotto. La produzione autonoma di comunicazione e di conoscenza deve quindi affrontare i problemi posti da due processi, quello della guerra e quello del governo neo-liberista delle società, mostrandone nella pratica l'interdipendenza e i concreti collegamenti.

C'è la necessità e la possibilità di realizzare passi concreti: la capacità di cooperare e di essere solidali deve attivare e mettere in rete le competenze, deve trovare le risorse tecniche e materiali necessarie a produrre libera comunicazione. Chi possiede queste competenze, mentre svolge il suo lavoro quotidiano all'interno dell'informazione (tv, radio, internet, carta stampata...) può avere l'opportunità, all'interno del forum, di partecipare a un laboratorio sociale esteso. Nello spazio pubblico del movimento la produzione e l'utilizzo dell'informazione si intrecciano l'una all'altro, dando vita a un ciclo reale che può crescere rapidamente, anche in modo esponenziale.

In questo momento la guerra mette in gioco le sue tattiche, basate sull'utilizzo massiccio ed estensivo delle tecnologie di informazione e di comunicazione globali. Questa guerra esprime al massimo livello la volontà di stabilire un dominio incontrastato su ogni essere umano, ogni risorsa, ogni luogo, ogni particella di vita: vuole essere, anche e soprattutto, un momento di presa di possesso, di privatizzazione di ogni funzione, di ogni produzione intellettuale e comunicativa.

Il forum della comunicazione a Milano, nella sua logica reticolare e partecipativa, può essere uno strumento per portare la forza del movimento contro la guerra anche dentro il circuito mediatico, indicandone il nesso con il potere e mettendo in atto pratiche decostruttive di questo nesso. Contro la logica di privatizzazione di ogni risorsa, di ogni attività intellettuale e conoscitiva.

È necessario conoscersi, ritrovarsi, per poter garantire la circolazione delle notizie e la libertà di informazione, per fare della comunicazione un processo attivo e orizzontale, e non passivo e verticale. È necessario raccogliere e rilanciare le attività comunicative nel territorio metropolitano milanese, per farle fiorire alle finestre come altrettante bandiere di pace, di crescita della coscienza, di riappropriazione della vita.

Milano, marzo 2003

Gruppo comunicazione di Milano contro la guerra
Redazione di Socialpress