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CHI CONTROLLA IL PASSATO CONTROLLA IL FUTURO
CHI CONTROLLA IL PRESENTE CONTROLLA IL PASSATO
CHI CONTROLLA IL PASSATO CONTROLLA IL FUTURO
George Orwell, 1984

La direzione verso cui la conoscenza ed il sapere in ogni loro forma e grado stanno venendo incanalati, arginati e costretti è sempre più evidente. Lo stiamo vivendo sulla nostra pelle, informa di sé le nostre scelte e le nostre vite, ci toglie spazio e prospettive. La riforma dell'università, così come la riforma dei cicli delle scuole inferiori e superiori, fa parte di un unico piano di trasformazione che riguarda direttamente l'intero assetto culturale - mirando a quello sociale, politico ed economico - della società. La legge che vuole dominare e governare i percorsi formativi e conoscitivi dell'istruzione è, in modo subdolo ma sempre più manifesto, quella del mercato - mercato di merci, di produzioni immateriali, di profitti ed interessi - in cui il valore di ciò che si produce deve essere valutabile economicamente, dev'essere utile di un'utilità prestabilita da chi questo mercato controlla. La determinazione degli obiettivi formativi da parte del mondo della produzione, dei servizi e delle professioni, sancito dalla riforma universitaria, insieme all'autonomia finanziaria che svende l'università agli stessi soggetti, sono due degli aspetti più pericolosi di questa tendenza. Perché sottomettono la scienza, la conoscenza e la cultura alla legge del vantaggio economico. Non è previsto, in questo schema, che chi ne faccia parte abbia qualcosa di altro e diverso da offrire; non solo: non è previsto che si possa pensare e creare un modello alternativo e quindi di per sé conflittuale con l'esistente. L'intenzione insita in questa trasformazione è quella di rendere più difficile - e forse meno appetibile economicamente - l'utilizzo di strumenti critici che possano mettere in discussione la realtà e farne immaginare un'altra.
Esistono dunque due tipi di intervento sui futuri cittadini globali che popolano le università oggi, interventi strettamente collegati, che si intersecano e trovano validità interagendo: uno che stabilisce e delimita i contenuti di quello che dobbiamo pensare, l'altro che ha a che fare con la forma, la disciplina con cui si dovrà apprendere d'ora in poi. In questo senso il sistema universitario diventa un microcosmo, riflesso di un sistema la cui sussistenza trova giustificazione nel suo pervadere ogni aspetto reale ed ideologico della vita sociale. La parola chiave diviene controllo: sui percorsi conoscitivi individuali, sugli obiettivi e le aspettative sociali, sui bisogni, sulle tensioni e i conflitti nella società. L'egemonia culturale che si sta imponendo dentro e fuori dall’università ha la funzione di legittimare la violenza di questo argine, di instillare in ognuno la certezza tautologica per cui tutto è così perché dev'essere così - e non può essere altrimenti. Ed è in questo modo che la confluenza/influenza degli interessi economici nell'università ci mette di fronte all'intrinseca, enorme contraddizione dei rapporti che oggi legano l'università al mondo della produzione e all'economia globale.

:LA DEMOCRAZIA DEL SAPERE

Crediamo che oggi più che mai sia fondamentale riappropriarsi dei mezzi di analisi critica per creare una nuova consapevolezza, che sia capace di demistificare la realtà che ci circonda e di farne sperimentare una nuova; crediamo che il primo passo per comprendere fino in fondo i meccanismi che governano il mondo sia una controinformazione libera ed autonoma. Rivendichiamo il diritto al sapere, inteso come diritto ad essere protagonisti del nostro percorso conoscitivo, come conquista del diritto alla scelta fra alternative reali in un orizzonte dilatato dalla nostra ricchezza, in cui lo spazio assuma una nuova dimensione; diritto al sapere, come pratica quotidiana di conquista di spazi di democrazia diretta, sfumatura del diritto all'esistenza attiva; diritto ad esserci sempre di più in ogni parola che venga spesa su di noi. E da oggi saremo noi a parlare, per dire che non accettiamo il ruolo subalterno che il neoliberismo globalizzato vuole dare ai nostri corpi ed alle nostre menti attraverso l'asservimento dell'istruzione e dell'esistenza di tutti alla logica di mercato.
L’università dev’essere un luogo di cultura e dialettica, di ricchezza ed apertura, dove noi per primi abbiamo spazio per elaborare ed esprimere le nostre idee con un nuovo e reale peso politico. Sappiamo che mettere in discussione non più solo il funzionamento interno e burocratico dell’università, ma anche la sua sostanza, quello su cui si regge e che determina la sua funzione sociale e politica - il sapere che ci vuole imporre - significa mettere in discussione il macrosistema in cui è inserita. Ed è quello che vogliamo fare.
Il nostro percorso è partito da questo: dalla volontà di riappropriarci del nostro presente per trasformare il futuro che ci aspetta.

in cammino...
La strada da percorrere è ancora lunga; perché l’orizzonte che vogliamo raggiungere si sposta mentre avanziamo. Estendere spazi di democrazia e consapevolezza critica dentro e fuori dall’università è solo uno strumento per sabotare i meccanismi distruttivi dell’economia globale, per denunciare e farne esplodere le contraddizioni, per allargare la partecipazione di tutti ad una trasformazione che vogliamo diversa da quella che è in atto. Diversa nei contenuti e negli obiettivi che deve raggiungere, diversa soprattutto perché i soggetti protagonisti saremo noi. Non riconoscere la legittimità del mercato delle multinazionali all’interno dell’università vuol dire per noi rifiutare il loro potere in quanto tale, a tutti i livelli. Vuol dire che non accettiamo e contestiamo la loro logica e quella di tutti gli apparati politici ed economici che ne sono portavoce. Per questo la nostra battaglia si è finora espressa anche con l’appoggio e la partecipazione diretta alle grandi manifestazioni contro i vertici degli organi decisionali che governano la globalizzazione. In questa prospettiva ci stiamo preparando alla scadenza del vertice dei G8 di luglio a Genova, che tratterà il tema della libera circolazione, la stessa libera circolazione, di cui si fanno paladini i grandi del mondo, che altro non è che quella delle merci e dei capitali. Abbiamo già dovuto sperimentare la sospensione del diritto alla libera circolazione decretato e garantito dal trattato di Shengen, quando abbiamo cercato di raggiungere Nizza per contestare l’antidemocraticità del sistema politico dell‘Unione Europea. Abbiamo appena visto come vengano costruiti ogni giorno nuovi muri per dividere ulteriormente l’umanità che gode della ricchezza del mondo dall’umanità che di questa ricchezza viene espropriata: il vertice ‘panamericano’ di Quebec city, che aveva lo scopo di allargare il trattato di libero scambio NAFTA (sancito da Messico, Stati Uniti e Canada nel 1994) a tutto il continente americano, si è svolto in una fortezza ritagliata nel cuore della città, difesa da quattro chilometri di reti e filo spinato - chiamato da subito il muro della vergogna - per difendere i capi di stato americani dalle proteste di decine di migliaia di manifestanti che volevano denunciare gli effetti devastanti della liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati sulla popolazione mondiale e sull’ecosistema. I confini che crollano sotto il peso degli interessi economici e finanziari restano intatti per i cittadini del mondo, a cui non viene riconosciuto il diritto di dimostrare il proprio dissenso o di conquistarsi un futuro migliore.
Il cammino che ci porterà a Genova sarà simbolicamente il proseguimento del percorso della carovana zapatista che a marzo ha raggiunto Città del Messico dallo stato del Chiapas, perché crediamo nei valori di democrazia, giustizia e dignità per cui lottano i guerriglieri zapatisti insorti nel gennaio 1994, non a caso la stessa data dell’entrata in vigore del NAFTA. Percorso seguito dai manifestanti anti WTO di Seattle, delle marce europee e di Quebec city, che ci farà arrivare al vertice dei G8 con la consapevolezza di essere parte di una moltitudine che crede e lotta perché un mondo diverso è possibile.

COLLETTIVO DI SCIENZE POLITICHE DI PADOVA