LA PERSONALITA' DELL'ELETTRONICA
 
Intervista con Mauro Teho Teardo 
A cura di Neural  
 

Una delle peculiarità che ti hanno indubbiamente caratterizzato nel tempo sono state le tue collaborazioni, a volte realizzate interamente a distanza, precorrendo quelli che sono i modi di Internet. Parlami di qualcuna di queste esperienze e di quelle che ti piacerebbe realizzare in futuro.
Lavoro moltissimo da solo nel mio studio, ho quindi bisogno anche di lavorare con altre persone, è una cosa che mi ha sempre stimolato; chiaramente con persone di cui apprezzo il lavoro. Mi sembra un buon metodo per mettersi sempre in discussione, per capire meglio i propri limiti e anche per imparare qualcosa di nuovo; se si ha sufficiente umiltà e un minimo di capacità di controllo sul nostro ego, alla fine si riesce sempre a portare a casa qualcosa di positivo da una collaborazione. Il mio primo disco l'ho realizzato in Inghilterra ed in Italia a 18 anni, con l'aiuto di Gary Mundy (Ramleh) e Steven Stapleton (Nurse with wound). Andai in Inghilterra, ma poi il disco fu finito spedendosi nastri tramite posta. I postini sono stati molto utili quando internet non c'era. Il web non ha cambiato molto il mio modo di lavorare a distanza, mi serve sempre per spedire suoni, adesso arrivano più velocemente e non c'è più l'attesa spasmodica del postino, ma il succo non cambia. Inutile dire che internet è un'innovazione che aspettavo da anni. Per altri progetti, come Matera, sono stato a Birmingham, lì non c'è stata collaborazione a distanza, quando è possibile preferisco lavorare faccia a faccia con i miei collaboratori. Per Here invece lavoriamo molto sia a distanza che quando ci incontriamo, o a New York, oppure quando siamo in tour, troviamo sempre il modo per scrivere del nuovo materiale e/o registrare. Sto lavorando a due progetti diversi, uno con Lydia Lunch e l'altro con Scott MC Cloud dei Girls Against Boys, in entrambi i casi lavoreremo a distanza (tramite internet e con lo scambio postale di nastri) e quando sarà necessario ci incontreremo per mettere tutto insieme. In futuro mi piacerebbe lavorare con tantissime persone, la lista sarebbe troppo lunga.
Come arrederesti una stanza in cui suonasse perennemente la tua musica?
Mi piacciono le cose semplici, direi minimali, ci metterei quindi le cose che mi servono per starci bene, e quello penso sia un fattore decisamente individuale. Nella mia comunque potrei avere la mia libreria, dei quadri e dei tappeti. L'aspetto visivo è comunque strettamente legato alla musica, certi quadri sono immagini di momenti che hanno un significato speciale e sono in qualche modo legati alla vita e quindi anche alla musica. Non dipingo, tengo a precisarlo, però l'arte attraversa in molti modi la mia vita e la ritengo necessaria, delle pareti bianche mi lascerebbero un po' perplesso, come degli scaffali senza libri. Ah sì dimenticavo il fornellino per il tè.
Una volta mi hai parlato di una teoria dei colori che ti affascinava. Hai mai applicato teorie visive alla composizione musicale?
Ancora no, penso funzioni bene per i quadri e meno per i suoni; del resto la mia musica ha già delle componenti visive, quasi cinematiche direi. Piuttosto che immagini statiche credo che esprima delle situazioni in continuo movimento. La vedo bene come soundtrack per qualche film, ma per il momento mi va benissimo come colonna sonora della mia vita.
Spesso sottolinei il feedback che ti danno gli strumenti elettronici, contro il luogo comune che siano degli strumenti freddi. Come lo descriveresti ad uno scettico?
Non perderei tempo con uno scettico, per me non c'è differenza radicale tra un pianoforte e un campionatore, soprattutto il piano non è uno strumento naturale come qualcuno si ostina a definire, infatti né l'uno né l'altro crescono per terra. Sono entrambi frutto di tecnologie diverse, ma comunque sono sempre creati dall'uomo e in quanto tali necessitano di un approcio diverso. Bisogna essere ben consci che quando li si adopera ci si deve misurare con un certo tipo di meccanismi: elettrici, manuali o elettronici, ma comunque sempre meccanismi. L'elettronica ha una sua dimensione, talmente personale e interessante che non parlerei assolutamente di freddezza; la freddezza appartiene solo all'esecuzione, indipendentemente dallo strumento usato. La freddezza dell'elettronica è uno dei concetti più demodé e superficiali che ci siano nella musica. 30 anni fa si diceva lo stesso della chitarra elettrica quando veniva paragonata a quella acustica. Sono tutte cazzate.
Vivere in provincia puo' essere un'esperienza alienante, ma i nuovi media per la comunicazione possono rompere questo schema, restituendo ad un ambiente con una forte componente umana il fondamentale vantaggio di non essere isolati. Come vivi questa dimensione?
La posta prima, e internet ora mi fanno sentire meno isolato, anche se comunque mi sposto spesso e quindi a Pordenone non ci sono poi molto; sto anche seriamente pensando di andarmene in quanto la maggior parte delle esperienze musicali le ho fuori da qui, spessissimo all'estero. Tempo fa riuscivo comunque a viverla meglio questa distanza dal mondo che mi interessa: pur spostandomi più di allora, adesso sento veramente forte l'esigenza di essere dove succedono le cose, anche se la comodità e la tranquillità che ti può dare una cittadina come Pordenone sono preziose. Ma forse mi erano più comode tempo fa, ora credo che se hai delle cose da dire le dici ovunque tu ti trovi, il problema è che in certi posti riesci a dirle e a realizzarle concretamente, qui si fa fatica, parecchio!
La scena italiana, sul fronte elettronico continua ad essere estremamente frammentata. Secondo te c'e' un filo rosso che unisce le diverse esperienze indipendenti o si tratta solo di un insieme di sforzi 'splendidamente' isolati?
A parte pochi amici, non sono in contatto con la maggior parte delle persone che si occupa di musica elettronica qui in italia; all'estero mi è capitato di lavorare con decine di persone diverse, qui in Italia invece molto meno e senza risultati eclatanti. Come al solito.
Alcuni ambienti sonori degli Stati Uniti hanno rappresentato per te un punto di riferimento. Come vedi ora i paradossi musicali e sociali di quei luoghi?
New York è stato il luogo in cui ho messo meglio a fuoco le mie intenzioni sonore, paradossalmente è il posto meno americano degli Usa, è il più contaminato dalle diverse culture presenti in città e questa è una grande fortuna. L'atteggiamento medio americano mi sarebbe risultato insopportabile. Anche a San Francisco c'è una situazione di apertura simile a NYC, però ho realizzato interamente il progetto Here a New York, in quanto i miei collaboratori erano tutti di Brooklyn o Manhattan, quindi è stato naturale farlo lì. Seguo da sempre la scena di questa città, dalla compilation "No New York" ad oggi sono usciti tantissi dischi che mi hanno influenzato. Se dovessi parlare delle contraddizioni, soprattutto sociali degli Usa, staremo qui dei mesi, ripeto, fortunatamente in certe grosse città, come NYC, sono rappresentate molte etnie che le rendono in qualche modo universali e quelli che sono i tratti fondamentali delle città americane vengono un po' meno. La forte presenza di europei rende le cose più bilanciate e il mix che ne esce è interessante. Fortunatamente, perchè non credo ce la farei a sopravvivere in posti come Denver o in qualche altra città in Usa.
Il diritto d'autore e' sempre piu' stravolto con la sempre piu' rapida riproducibilita' delle opere. La tua posizione a riguardo era gia' critica anni addietro. Cosa ne pensi oggi?
Penso ancora che quando hai comprato il disco hai già pagato il tuo debito con la Siae e quindi, se vuoi, puoi farlo sentire in giro e duplicarlo per i tuoi amici. Capisco bene che da ciò nascono svantaggi per i produttori e anche per gli artisti, ma finchè un cd che costa di manifattura poco più di 2000 lire viene venduto a 40.000 "autorizza" ogni tipo di pirateria. E comunque gli artisti sono i primi a risentirne perché un prezzo troppo alto impedisce alla gente di acquistare tanti cd. Troppe tasse, Iva su un prodotto che ha ancora una valenza fortemente culturale. Inoltre un disco solitamente passa 3 distributori prima di arrivare ai negozi e i prezzi salgono ulteriormente. La possibilità di scaricare musica (e la copertina) da un sito ufficiale di un'etichetta non mi sembra così remota e penso dovrebbe rendere più abbordabile il prezzo d'acquisto, che per ora rimane un furto. Sicuramente in seguito a questa possibilità, nei cd verranno inseriti dei codici che renderanno impossibile la duplicazione digitale dei supporti, credo in modo simile a quando uscirono i primi dat Sony, che impedivano di fare delle copie. Questo potrebbe essere un tipo di regolamentazione. Comunque la gente si copia i dischi, anche a costo di non avere la copertina, perché i dischi hanno un costo eccessivamente elevato, se questo fosse più basso, credo che il fenomeno delle copie pirata verrebbe meno. Certo che in questo momento é difficile biasimare chi colleziona cd copiati, un appassionato di musica non può permettersi sempre di avere 3/4 cd alla settimana, e di uscite interessanti settimanalmente ce ne sono anche di più.
Immagina di poter vivere un concerto a New York fra vent'anni. Come te lo immagini?
Quelli fatti finora sono stati belli, spero però non venga la stessa gente anche tra 20 anni.