Da "Umanità Nova" n. 38 del 6/12/98
Nell'immaginario collettivo Milano è una grande metropoli dove ognuno si
fa i fatti suoi, convivono poveri e ricchi, gente di varie razze e colore,
ognuno conducendo come può la sua vita. Non si immagina Milano come una
città accogliente, ma almeno come una città "neutrale" che vive e
lascia vivere.
Ed invece non è così. Milano è brutale, Milano emargina
nei containers, Milano demonizza chiunque non sia della sua razza, colore e
cultura originaria (quale questa sia poi non è dato saperlo, viste le
varie dominazioni susseguite nel corso dei secoli e le numerose ondate
migratorie)
Ma Milano non solo prova fastidio e diffidenza per chi è venuto da altri
paesi, Milano brucia le loro case.
Un gruppo di baracche costruite oltre le siepi di un campo incolto in via De
Castilia, al margine della stazione FS Garibaldi, dove sopravvivevano una
cinquantina di donne, uomini e bambini rumeni è stato incendiato "da
ignoti".
Questo campo era lì da molto tempo, le baracche costruite con materiali
di recupero, metallo e cartone, erano ignorate dagli abitanti del quartiere,
non vi erano mai stati screzi tra gli abitanti del quartiere e gli abitanti
delle baracche. Nessuno si occupava di loro, né per aiutarli, né
per lamentarsene.
Chi se ne occupa e si preoccupa è l'efficientissimo Comune di Milano che
un mattino manda le ruspe per abbattere le baracche. Dove andranno poi a finire
gli abitanti delle stesse non è un problema che riguardi
l'amministrazione della città. La demolizione viene impedita per
l'intervento solidale di altri immigrati e di molti compagni. Pochi giorni dopo
per affermare il diritto ad avere uno spazio abitativo nello spiazzo di via De
Castilia si tiene una festa. Ma la solidarietà non è sufficiente
ad impedire che, terminata la festa, alcune baracche siano incendiate "da
ignoti" e molti degli abitanti rimangano senza un tetto sotto cui abitare.
Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: il campo va eliminato a
tutti i costi, chi è povero non è sopportato.
Questo episodio a Milano è passato tra l'indifferenza quasi generale. I
giornali gli hanno dedicato poche righe nonostante la fattiva
solidarietà del centro sociale di quartiere e di molti altri compagni.
Sabato 28 novembre si é anche tenuta una manifestazione cui hanno
partecipato centinaia di compagni e di immigrati. La manifestazione ha
attraversato le vie del quartiere ricevendo dovunque dagli abitanti attenzione
e solidarietà.
In questa città dove la parola d'ordine di successo è "non
disturbiamo la gente normale" è necessario riaffermare che è
possibile garantire libertà di accesso, di circolazione e di soggiorno a
ogni essere umano (e chissà che i fautori della liberalizzazione dei
mercati non si accorgano della contraddizione tra libera circolazione della
merci e del denaro e immigrazione contingentata). Ma soprattutto garantire una
vita degna di essere vissuta a tutti noi di ogni razza sesso e colore.
Red MI
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