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Da "Umanità Nova" n.14 del 15 aprile 2001
Trono e altare
Santa alleanza tra neofascisti e integralisti cattolici
Quando il 22 dicembre dello scorso anno un militante neofascista come Andrea
Insabato mise una bomba alla redazione romana de "il manifesto", tutta la
società civile e il mondo politico, da destra a sinistra, s'indignarono.
Ma quando si cominciò a scavare nella storia e nel presente di Insabato
e vennero fuori le sue connessioni fra il variegato mondo della destra radicale
e il mondo dell'integralismo cattolico, qualcuno cominciò a sospettare
che quello che poteva, in un primo momento sembrare, il gesto isolato di un
folle, in verità era l'esito naturale di culture contigue votate alla
distruzione, anche fisica, dell'avversario, soprattutto se "comunista".
Ma quello dell'alleanza fra "nuova-vecchia" destra e ultra-tradizionalismo
cattolico è un fenomeno che viene da lontano, dalla storia del nostro
Paese. Una storia che adesso qualcuno vorrebbe cancellare e riscrivere. Una
storia che non piace alle "destre" religiose e politiche.
Ma procediamo con ordine. Nella tormentata, e a volte oscura vicenda, del
neofascismo italiano, fin dai primi gruppi dell'immediato dopoguerra, si sono
spesso fra loro mescolate correnti anticlericali e cattoliche
tradizionaliste.
Nei Fasci di azione rivoluzionaria, i famosi Far, - che si resero responsabili
di una serie impressionante di gravissimi attentati dinamitardi tra il '50 e il
'51 -, a fianco dell'area pagana e dichiaratamente razzista rappresentata da
Pino Rauti e Julius Evola (il filosofo ispiratore di tutta la destra radicale),
troviamo, non a caso, figure di devotissimi cattolici-tradizionalisti come
Fausto Gianfranceschi. La "mistica" della "Tradizione" è senza dubbio il
denominatore comune delle diverse anime del neofascismo, capace di unificare
così tutte le sue componenti.
La "Tradizione" come "riconoscimento trascendente di un ordine naturale e
immutabile delle cose", espressione di "valori assoluti e soprastorici"
è assunta come contesto e terreno unificante di miti e modelli sociali
di passato, più immaginato che conosciuto, ma a cui comunque far
riferimento per l'avvenire e il presente. Si passa così dal Sacro Romano
Impero, a Sparta, alla Roma antica, fino ad arrivare all'aberrazione
dell'hitlerismo visto come "provvidenziale spinta al ritorno violento nella
tradizione". "Tradizione" che ha anche la facoltà di legittimare
gerarchie aristocratiche sociali del passato come il patriziato romano, le
nobiltà feudali, l'Ordine dei monaci Templari, fino ad arrivare alle
SS.
Un'alleanza politica e culturale, insomma, in nome del rifiuto del "mondo
moderno", del "mito democratico ed egualitario" e della "civiltà
borghese" capace di mettere insieme pagani neonazisti e integralisti
cattolici.
Così negli anni '60 in "Europa Civiltà", una delle tante
organizzazioni ruotanti intorno ad Ordine Nuovo, sono state mischiate e confuse
fra loro tematiche care ad Evola e altre care agli integralisti cattolici. O
come negli anni '70 nella cattolicissima rivista "la Torre", edita da Giovanni
Volpe, accanto al vescovo non ancora scismatico e scomunicato monsignor Marcel
Lefebvre, troviamo tra i più solerti collaboratori il solito Evola e
Adriano Romualdi.
Non a caso nel mondo neofascista è da sempre nota l'esaltazione per
Cornelius Zelea Codreanu, ispiratore negli anni '30, del movimento
ultracattolico e antisemita rumeno della "Guardia di Ferro" o Leon Degrelle, a
capo del movimento fascista belga "Christus Rex", poi volontario delle SS sul
fronte russo.
Si vede in questo modo che questa "fusione" fra mondo fascista e destra
cattolica non fu solo un fatto italiano, ma europeo. A favorirlo nel suo
svilupparsi negli anni '60, di certo, il coagularsi, in occasione del Concilio
Vaticano II, di una minoranza ultraconservatrice di "Padri".
Tra i tanti, accanto ai cardinali brasiliani filogolpisti De Castro Meyer e De
Proenca Sigaud e agli italiani Siri (con qualche cautela in più
però) e Ottaviani, detto - perché a capo del Sant'Uffizio - il
"supremo della Suprema", il già noto monsignor Lefebvre, divenuto poi
ispiratore di un modello "nazional-cattolico", fondato sulla "signoria sociale
di Nostro Signore Gesù Cristo", che ha fatto scuola anche in Italia e in
alcuni settori del Vaticano.
Marcel Lefebvre e la sua "battaglia per la fede"
Ma chi era Lefebvre? L'alto prelato divenne in Francia, negli anni a cavallo
del 1960, al tempo dell'ascesa al potere del generale Charles De Gaulle, uno
dei principali animatori e sostenitori della "Cité Catholique", un
movimento integralista e anticomunista predicatore dell'"instaurazione del
Regno di Dio sul mondo contro il naturalismo moderno che costituisce il trionfo
di Satana". Sostenitore di dottrine razziste, già vescovo di Dakar in
Africa, Lefebvre fu anche, come acerrimo oppositore del Vaticano II, portavoce
intransigente della cosiddetta "Tradizione", simboleggiata dal rito eucaristico
redatto da Pio V, contro la "nuova Messa" di Paolo VI. Nel 1970 fondò
pure a Econe, in Svizzera, la "Fraternità Sacerdotale San Pio X", un
seminario "ribelle" che ordinò persino vescovi e sacerdoti, dando
così vita ad una "Chiesa parallela" poi scomunicata nel 1988.
Ma i suoi discussi trascorsi come "combattente per la fede" sono legati
soprattutto alla "guerra santa" per un'Algeria francese. Appoggiò il
terrorismo e la tortura praticata dai mercenari dell'Organisation Armée
Secrète, la tristemente famosa Oas, divenendo così un riferimento
"spirituale" per tutte le correnti tradizionaliste-cattoliche della destra
europea.
Di questo vescovo combattivo e ribelle si parlerà molto in un famoso
convegno sulla "guerra rivoluzionaria", tenutosi a Roma nel maggio del '65,
dove, in preparazione alla famosa "strategia della tensione", accanto a
militari e a esperti delle tecniche della guerra psicologica, a neofascisti
come Pino Rauti, Guido Giannettini ed Edgardo Beltrametti, assunsero un ruolo
fondamentale alcuni fra i più noti difensori della "ortodossia
religiosa" quali il già noto e citato Fausto Gianfranceschi, Enrico De
Boccard e soprattutto Alfredo Cattabiani. Quest'ultimo di lì a poco
direttore della Rusconi, "divulgatrice - secondo il consigliere regionale della
Lombardia del Prc, Saverio Ferrari - in quegli anni in Italia delle opere e del
pensiero più reazionario e ultraconservatore".
In quel convegno, Alfredo Cattabiani terrà addirittura una relazione dal
titolo assai significativo: "Un'esperienza controrivoluzionaria dei cattolici
francesi", parlando proprio delle vicende della "Cité Catholique" di
Lefebvre e portandola come modello teorico ed operativo di resistenza al
pericolo marxista. Invece, il cattolico-evoliano Enrico De Boccard, il quale
negli anni precedenti aveva aderito alla Guardia Nazionale Repubblicana di
Salò, teorizzò il "terrorismo anticomunista" invitando in quella
occasione a superare ogni remora di tipo "umanitario". Addebitò, fra
loro, proprio ai tentennamenti morali nell'uso della tortura, il fallimento
dell'Oas. "Il colpo di Stato - concluse - non può reggersi solo sulle
uniformi, ma ha bisogno dell'apporto diretto delle forze civili che
garantiscano una rete di consenso e la libera azione dei militari".
Nasce Alleanza cattolica
In un contesto così ricco di stimoli, non poteva non "fiorire", fra le
numerosissime altre, anche un associazione che nel tempo si diffonderà e
radicherà in tutto il Paese: Alleanza cattolica.
Avete capito bene. Nata a Piacenza ad opera di Giovanni Cantoni, estimatore di
Franco Freda (non vi dice nulla?), frequentatore della sua libreria a Padova, e
il cui fratello Pietro verrà ordinato in Francia proprio dai
lefebvriani. Accanto a Cantoni c'è Agostino Sanfratello, che oggi, come
tanti provenienti da Alleanza cattolica, milita in Forza Nuova. Sanfratello si
farà anche interprete e diffusore in Italia del pensiero
dell'associazione della destra cattolica brasiliana "Alleanza per la difesa
della Tradizione, Famiglia e Proprietà", la Tfp. Una sigla tristemente
nota in tutta l'America latina per essersi alleata in Cile con "Patria e
Libertà", formazione di estrema destra, finanziata dalla Cia, in
preparazione del colpo di Stato contro il presidente democraticamente eletto
Allende. Il fondatore di "Patria e Libertà", Ettore Riesle, fu anche
ambasciatore di Pinochet presso la Santa Sede.
Nell'ambito di Alleanza cattolica - il cui simbolo è un'aquila con al
centro il Sacro Cuore Incrociato della Vandea - figurerà anche un altro
nome, quello di Pietro Vassallo, un "intellettuale" autore di un saggio in
difesa dei nazisti processati a Norimeberga. Nel 1975, Vassallo
diventerà segretario dell'Associazione Internazionale Filippo II, nel
nome dell'"Imperatore cattolicissimo dell'età della Controriforma". Oggi
Vassallo è in Forza Nuova dove ha ricoperto anche la carica di
presidente nazionale.
In Alleanza cattolica militano anche altri nomi illustri, e non casualmente. Ad
esempio, vi sono due affermati avvocati: Benedetto Tusa e Mauro Ronco.
Abbastanza noto è il loro passato. L'uno fu responsabile di alcuni
efferati episodi di squadrismo a Milano, l'altro fece parte di "Europa 70", un
gruppo di giovani democristiani "presidenzialisti" vicina alla cosiddetta
"maggioranza silenziosa". Oggi li troviamo entrambi nell'aula in cui si svolge
il processo per la strage di Piazza Fontana. L'uno difende Giancarlo Rognoni -
leader negli anni '60 a Milano di Ordine Nuovo, accusato di aver materialmente
aiutato Delfo Zorzi nel mettere la valigia con l'esplosivo dentro la banca -;
l'altro invece difende Carlo Maria Maggi, massimo esponente sempre di Ordine
Nuovo nel Triveneto, considerato nell'ambiente il "teorico delle stragi". Ma
non finisce qui.
Ci sarebbe, infatti, un sottilissimo filo nero che lega alcuni esponenti di
Alleanza Cattolica alla nuova destra di Alleanza nazionale. Vediamolo nel
dettaglio questo filo. Il consigliere regionale lombardo di An, Pietro Macconi,
eletto a Bergamo, è, guarda caso, di Alleanza Cattolica. Ma più
di lui lo è l'onorevole Alfredo Mantovano, già coordinatore
nazionale e uomo della stanza dei bottoni di An. Moltissime sono le iniziative
sponsorizzate da An. Ne menzioniamo solo due. La prima: la presentazione del
libro di Giovanni Cantoni, "Aspetti in ombra della legge sociale dell'Islam"
(inspiegabilmente edito dalla siciliana Salvatore Sciascia, la casa editrice
progressista di Caltanissetta a cui collaborò anche Leonardo Sciascia),
il 22 novembre del 2000 a Roma. Promossa dal gruppo parlamentare di An, con la
partecipazione dello stesso Gianfranco Fini. La seconda: la riunione della
cosiddetta componente cattolica di An, il 2 marzo dello scorso anno, sempre con
la partecipazione di Fini, ma soprattutto di Pietro Vassallo di Forza Nuova, il
difensore dei criminali nazisti della seconda guerra mondiale.
La pagina culturale dell'organo ufficiale di An, "Il Secolo d'Italia",
è, del resto, diretta da Marco Respinti, anche lui di Alleanza
Cattolica. A Milano, il Circolo "Carlo Magno", di An, ha nel passato ospitato
più volte iniziative dell'associazione cattolica.
Più di recente in Alleanza Cattolica ha assunto un peso considerevole
Massimo Introvigne, uno dei maggiori studiosi in Italia del fenomeno delle
sette, autore di diversi saggi sull'argomento. Oggi aderisce al partito di
Casini, il Ccd-Bianco Fiore, ma in passato è stato monarchico e, negli
anni '90, articolista di punta, con lo pseudonimo de "Lo Svizzero", del
settimanale di destra "il Borghese".
Il Corriere della Sera, il 19 gennaio del 1999, lo ha menzionato nel comitato
scientifico promotore della Fondazione "Nova Res Publica", costituita da Forza
Italia e presentata alla corte di Arcore da Silvio Berlusconi in persona, il
presidente.
Un buon punto di approdo per un'associazione che, all'articolo quattro dello
statuto, dichiara di muoversi nella "prospettiva dell'instaurazione della
regalità di Cristo anche sulle società umane". Non notate una
singolare assonanza con il discorso sulla "regalità sociale di Nostro
Signore Gesù Cristo" promossa da monsignor Lefebvre ai tempi della
Cité Catholique e anche dopo?
Ma ormai forse è troppo tardi e anche inopportuno parlare di ciò
che né la Chiesa né che la Destra che va la governo vogliono
sentirsi dire.
Davide Romano
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