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Da "Umanità Nova" n.41 del 25 novembre 2001

Scenari proibizionisti
La guerra e la guerra alla droga

Da due-tre anni, in Italia ha iniziato a circolare eroina proveniente dall'est europeo. Di pessima qualità, chiamata in gergo "la grigia" per il suo colore malsano, secondo le leggende urbane sarebbe pura eroina chimica, prodotta nei laboratori farmaceutici dell'ex Patto di Varsavia. Più probabilmente, è una miscela di succedanei di sintesi e di eroina tratta dallo scadente oppio afgano (in Afganistan, la coltivazione su vasta scala del papavero è iniziata solo dopo l'invasione sovietica), in ogni caso, con il suo arrivo sul mercato, oggi un grammo di eroina costa "in piazza" tra le 100 e le 150mila lire, un po' meno di vent'anni fa.

Nel frattempo, la timidissima politica di "riduzione del danno" degli ex governi di centrosinistra ha prodotto come unico risultato quello di estendere la distribuzione di metadone in tutte o quasi le strutture pubbliche della penisola, mentre fino a poco tempo prima c'erano ancora regioni completamente "scoperte".

La combinazione di questi due fattori ha completamente modificato la scena della droga in Italia. Innanzitutto, per la prima volta dopo quasi vent'anni, è comparsa una nuova generazione di giovani consumatori di eroina, provenienti soprattutto dal giro delle discoteche e da quello degli ultras, ma anche - seppure in misura molto minore - dall'area dei centri sociali. Inoltre, sono fatalmente ricadute in tentazione tantissime persone che avevano smesso, magari da anni. Eroinomani vecchi e nuovi, comunque, possono tutti gestirsi la propria tossicodipendenza con una certa tranquillità, con la roba a basso prezzo e il metadone sempre a disposizione senza troppe menate per i periodi di crisi economica o di poca voglia di sbattersi.

L'immediato effetto collaterale di questa situazione è stato lo spopolamento delle comunità terapeutiche, in particolare di quelle chiuse e dure stile San Patrignano, che continuano ad avere ospiti solo grazie alla complicità di alcuni giudici che non lasciano altra scelta ai poveretti che gli capitano per le mani. Alcune di queste comunità - tra cui proprio San Patrignano - hanno cercato di riciclarsi come ricoveri coatti per giovani psicotici, ma senza grandi successi nonostante il battage pubblicitario. La faccenda è grave, anche perché succede per esempio che gli operatori licenziati, quasi sempre ex tossici, una volta tolti i panni del kapò, ricomincino subito a farsi e magari muoiano anche d'overdose, che non è proprio una bella pubblicità.

Messa in questi termini, l'annunciata svolta ultraproibizionista del governo Berlusconi parrebbe semplicemente rientrare nel genuino spirito "do ut des" che lo caratterizza. Come la politica dei trasporti è stata affidata all'amico costruttore Lunardi, così le scelte in materia di droghe sono state messe nelle mani dell'amico lagerfuhrer Muccioli jr. Questa, però, è purtroppo solo una delle possibili chiavi di lettura per la grande sfilata proibizionista di San Patrignano.

Qualche dato. Nel 1998 quasi un milione e mezzo di americani (1.403.900) sono stati in carcere almeno una settimana con l'accusa di consumo, coltivazione o detenzione (non spaccio!) di droghe. Secondo l'ACLU (la lega americana per i diritti civili), più di nove milioni di cittadini statunitensi negli ultimi vent'anni hanno subito "una sanzione legale significativa" (detenzione, licenziamento, sottrazione dei figli, multe superiori ai 5mila dollari) per motivi legati alla marijuana. In un sondaggio svolto negli USA sui consumi personali, sei intervistati su dieci hanno risposto di aver utilizzato psicofarmaci per almeno un mese nel corso dell'ultimo anno.

La "war on drugs" comincia negli anni '80, durante la presidenza Reagan. Non c'è nessuna emergenza-droga in corso: grazie ai programmi di riduzione del danno inaugurati dalla distribuzione Nixon e rafforzati da quella Carter con la distribuzione controllata di metadone e morfina, il numero di morti per eroina e in generale il suo consumo sono in costante calo da anni e la diffusione della cocaina rimane stabile, ma limitata. Solo il consumo di marijuana - più o meno depenalizzata in molti stati - continua allegramente ad aumentare, mentre diminuisce l'alcolismo giovanile. L'utilizzo di psicofarmaci viene riservato solo alla cura delle patologie mentali gravi. Reagan, dal canto suo, ha invece superato il rivale democratico di una manciata di voti solo per la presenza del terzo incomodo Anderson e si trova a governare un paese in cui le oceaniche mobilitazioni antinucleari dopo l'incidente di Three Miles Island e le gigantesche marce contro la corsa agli armamenti fanno intravedere un ritorno all'attivismo politico di massa.

Alla fine del 1981, mentre in tutto il settore pubblico scioperi a raffica accolgono i tagli proposti dall'amministrazione repubblicana, nelle università parte una campagna nazionale di picchettaggio contro gli uffici militari all'interno degli atenei, dove i giovani maschi sono obbligati da una recente legge a registrare i propri dati. Diversi picchetti sono attaccati dalla polizia e in alcune località-campione l'FBI sottopone a test delle urine gli arrestati che in oltre l'80% dei casi risultano positivi alla marijuana, allora come ora la droga più popolare tra i giovani alternativi. Agli inizi dell'anno successivo, Reagan lancia la "war on drugs" con una vera e propria campagna ideologica contro la cannabis - simbolo del "permissivismo" degli anni Sessanta - e con una legge che obbliga gli enti pubblici e invita le ditte private a sottoporre periodicamente i propri dipendenti ai test antidroga.

Gli effetti degli "urine tests" sono devastanti: solo le Poste in meno di un anno licenziano 80mila lavoratori. Da allora in poi, la "war on drugs" continuerà in un crescendo di barbarie che porterà la popolazione carceraria americana ad aumentare dai 320mila detenuti del 1980 ai 2.040.000 del settembre 2001. Anche i danni collaterali sono spaventosi. Come ha dichiarato Mark Fletcher, un ex funzionario della DEA, ad High Times, "fino agli anni '80 la maggior parte degli spacciatori girava disarmata e gli omicidi e gli scontri a fuoco erano molto rari nella scena della droga, poi tutto è cambiato".

La stretta repressiva fa la fortuna delle gangs giovanili e delle milizie rurali che gestiscono lo spaccio e la coltivazione delle droghe proibite e si propongono come forze d'autodifesa contro la violenza poliziesca. Inoltre, "le isteriche campagne antimarijuana creano un clima di tolleranza per altre sostanze più pericolose, ma legali (...) i genitori permettono ai figli di tornare a casa ubriachi e concedono a se stessi di affrontare i propri problemi con qualche pillola", diceva già nel 1986 lo psichiatra inglese Kenneth Drake in un'intervista tradotta da UN. Oggi l'alcolismo tra i teenager è diventato una piaga diffusa in tutti gli strati sociali (il Presidente Bush ne sa qualcosa: le sue due figlie minorenni sono state arrestate diverse volte in stato di ubriachezza e sottoposte a trattamenti disintossicanti), mentre il consumo di psicofarmaci è aumentato di decine di volte in tutto il mondo, anche tra i bambini. La "war on drugs" ha evidentemente centrato i suoi obiettivi: ha creato un clima diffuso di violenza e di paura e ha favorito quel disciplinamento farmacologico di massa che è stato uno dei fattori-chiave della relativa pace sociale degli anni Novanta.

La situazione italiana di oggi assomiglia sinistramente a quella degli USA di un ventennio fa. I fascisti, privi di consenso reale (s'è ben visto il 10 novembre, quando l'adunata interventista sponsorizzata da tutti i media di regime ha avuto meno della metà dei partecipanti del corteo antiguerra organizzato da "poche e rumorose minoranze"), hanno preso il potere senza nemmeno aver ottenuto la maggioranza dei voti validi e già a Genova hanno mostrato di volerlo mantenere con i manganelli e le pistole delle proprie ben armate - e ben pagate - forze di polizia. Mettere in galera o licenziare qualche centinaia di migliaia di fumatori, potenziali dissidenti, e magari chiudere i centri sociali a suon di blitz antidroga potrebbe essere visto come uno strumento per risolvere molti dei loro problemi. Inoltre, in Italia - a differenza di quel che succedeva allora negli USA - negli ultimi anni c'è stato un consistente ritorno di fiamma per l'eroina e il fatto che questo dato sia stato ridicolmente negato durante la Conferenza organizzata a Genova dal centrosinistra nell'autunno dell'anno scorso, favorisce oggettivamente la propaganda proibizionista. Che a propria disposizione ha non soltanto "i ventimila di San Patrignano" sempre disposti a scendere in piazza contro ogni ipotesi di depenalizzazione, ma anche luminari scientifici come il farmacologo cagliaritano Giuseppe Gessa (che ha scoperto che la cannabis da una sensazione di piacere, veicolata dalla dopamina, simile a quella degli oppiacei, del pecorino stagionato e dell'innamoramento) e lo psichiatra pisano Giovanni Cassano, che gode di una particolare notorietà mediatica come guru antidepressione dopo aver ridotto a zombie col sorriso al Prozac alcuni noti personaggi dello spettacolo (Gassman, la Mondaini etc).

In materia di droga, il centrosinistra è riuscito soltanto ad inserire nella lista dei farmaci mutuabili il Prozac, il Favarin e altri psicofarmaci esattamente il 24 aprile 1999 (in piena guerra del Kosovo). Adesso, la guerra santa di Bush & Co. si prospetta ancora più lunga ed è lecito aspettarsi di peggio. Intanto, in diverse città è stata già notata la presenza costante dei cani antidroga davanti alle scuole più attive alle manifestazioni per la pace. Naturalmente, gli studenti perquisiti con maggiore attenzione sono stati quelli con l'aspetto più "sinistro" e irregolare.

robertino - PSYCHOattiva -



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