Siamo entrati nella guerra civile.
L'edificio di cartapesta elevato dallo sforzo legalitario del Partito e
della Confederazione del lavoro è quasi a terra: giornali, case
del popolo, istituzioni di organizzazione, di difesa, di coltura,
cooperative, biblioteche, ecc. sono distrutte, annientate, incendiate.
Molti uccisi, i più sbandati, avviliti, dispersi (…) Che cosa
risponderà il popolo? Abbandonato come un branco di inermi
montoni alla furia dei lupi, fugge, si sperde, s'appiatta. Ma certo
cova il risentimento, l'odio, il proposito della vendetta.
(Zino Zini, maggio 19211)
Nell'ultimo decennio, finalmente, si è iniziato a studiare,
conoscere e valorizzare il primo antifascismo, sovversivo e proletario,
che cercò di fermare lo squadrismo montante prima che il
fascismo prendesse il potere. Per troppo tempo, infatti, questa pagina
della storia italiana era stata accantonata e l'immagine stessa
dell'antifascismo aveva finito per collimare quasi esclusivamente con
quella resistenziale del periodo 1943-'45. In particolare, è
stata riscoperta la rilevanza politica e sociale della prima guerra
civile che divampò tra il 1919, anno fondativo del movimento
fascista, e il 1922, quello della mitica marcia su Roma che
regalò una cornice rivoluzionaria al regio incarico al cavaliere
Benito Mussolini per la formazione del nuovo governo. Così
è riemersa la breve epopea degli Arditi del popolo nel biennio
1921-'22, ossia della più significativa, agguerrita ed estesa
organizzazione dell'antifascismo militante, intenzionata a difendere,
anche con le armi, gli attivisti e le sedi del movimento operaio sotto
attacco da parte dei fascisti e della repressione statale.
In risposta alla cruenta e devastante offensiva reazionaria che vedeva
quotidianamente l'assassinio di una decina di proletari, fin
dall'inizio del 1921, in varie località e situazioni, oltre alla
riattivazione delle Guardie rosse residuali dell'Occupazione delle
fabbriche nel biennio precedente, venne registrato il sorgere di un
certo numero di raggruppamenti di autodifesa, su iniziativa di nuclei
di aderenti alle diverse tendenze della sinistra, rivoluzionaria e non:
socialisti, anarchici, comunisti, repubblicani, sindacalisti. Le
denominazioni assunte furono le più diverse e suggestive, a
seconda delle zone e dell'orientamento politico prevalente: Arditi
rossi e Ardite rosse (Trieste), Centurie proletarie (Torino e Friuli),
Gruppi rivoluzionari d'azione (Torino), Abbasso la legge
(Carrara), Squadre d'azione antifascista (Livorno), Lupi rossi
(Genova); Figli di nessuno (Genova e Vercelli)2.
Pochi mesi dopo, con la nascita agli inizi di luglio a Roma
dell'Associazione Arditi del popolo, la quasi totalità delle
precedenti menzionate strutture si sciolse per confluire
nell'organizzazione nazionale ardito-popolare promossa da Argo
Secondari; ma per circa sei mesi esse avevano rappresentato sia
un'anticipazione della nuova e più forte compagine che un primo
argine, a livello locale, alle aggressioni fasciste.
Leggendo un volume, pubblicato a cura del regime mussoliniano a
distanza di quasi vent'anni allo scopo di celebrare i martiri fascisti,
è possibile constatare che le uniche organizzazioni
dell'antifascismo sovversivo menzionate risultano essere le Guardie
rosse, gli Arditi del popolo e i Figli di nessuno3. La citazione di
quest'ultimi appare senz'altro interessante in quanto testimonia il
fatto che questa esperienza, pur essendo stata attiva solo in alcune
località, aveva lasciato il segno nella memoria e
nell'immaginario nemico pur a distanza di molto tempo.
I Figli di nessuno, sulla base dei rapporti di polizia dell'epoca,
risultano essere stato il nome prescelto da aggregazioni
sostanzialmente spontanee tra militanti di base, di tendenza anarchica
e comunista, accomunati dalla pratica dell'azione diretta.
La denominazione stessa sembra sottolineare la mancanza di una
specifica paternità politica che, peraltro, neanche gli organi
di polizia furono in grado di indicare in modo preciso, inducendo
quindi a ritenere tali gruppi come espressione del diffuso antagonismo
sociale e dell'avversione di classe verso i poteri costituiti.
A Genova nel maggio 1921, il questore Falcetano fece pervenire
tardivamente al prefetto, e poi questi al Ministero dell'Interno,
un'informativa alquanto approssimativa secondo la quale "il locale
Partito Comunista" aveva avviato la formazione di squadre denominate "I
figli di nessuno" o "lupi rossi", "con l'incarico di contrapporre alla
violenza fascista la più feroce rappresaglia (…) di seguire i
singoli fascisti e perfino di sopprimerli attirandoli in imboscata". Da
una successiva comunicazione, datata 19 luglio, con cui si dava notizia
che "le squadre di azione proletaria dei così detti Figli di
nessuno" si erano sciolte e gli aderenti erano "entrati a far
dell'associazione dei così detti Arditi del popolo", si desume
invece che si trattava "di elementi e simpatizzanti dei vari partiti
sovversivi: anarchico, comunista, socialista ufficiale"4.
Gli Arditi del popolo genovesi formarono quattro battaglioni intitolati
rispettivamente: "Lenin", "Trotsky", "Tolstoj" e Nulla da Perdere, un
nome quest'ultimo che per assonanza ci fa ipotizzare una relazione con
i Figli di nessuno.
Il 1 luglio, le stesse autorità di polizia avevano
trasmesso al Ministero dell'interno anche lo Statuto della "segreta
associazione comunista" ottenuto tramite una spia.
Il documento, articolato su 12 punti, riportava l'intestazione: Gruppo
"Figli di nessuno" - Sezione di Genova - Statuto per le squadre
d'azione proletaria.5 In realtà, i fascisti non risultavano
neppure menzionati come tali, anche se era del tutto evidente che nel
considerare come nemici "qualunque associazione patriottica" e "i
gruppi borghesi e chi li protegge", i Figli di nessuno si prefiggessero
di "proteggere i propagandisti proletari" e reagire anche con attentati
all'incendio de "la Camera del Lavoro o altre istituzioni proletarie".6
A Vercelli, l'esistenza dei Figli di nessuno è attestata dalla
documentazione relativa alle indagini giudiziarie svolte in seguito ad
uno scontro a fuoco avvenuto il 5 giugno 1921 a Tronzano Vercellese.7
Quella domenica, alcuni antifascisti del luogo, spalleggiati da due
sovversivi in uniforme di Ardito di guerra, avevano sostenuto una
sparatoria presso il locale Circolo Ricreativo con alcuni fascisti, tra
i quali lo stesso presidente del circolo. L'episodio, pur senza esiti
mortali, rappresenta comunque un'eccezione, dato che si trattò
di una spedizione punitiva al contrario. Dall'inchiesta condotta dai
carabinieri, emerse che i due sovversivi in divisa appartenevano alla
"setta" dei Figli di nessuno della Frazione Cappuccini. Inoltre,
durante una perquisizione effettuata presso il domicilio di uno dei
sospettati, vennero sequestrate un'arma e "il distintivo della setta,
consistente in uno spillone con teschio di morte trapassato da un
pugnale", pressoché identico a quello degli Arditi del popolo.
Grazie ad un recente e ben documentato studio, è stato possibile
ricostruire l'ambiente sociale e politico della Vercelli di allora.8 I
principali punti di riferimento per la lotta contro il fascismo erano
la sezione del neonato Partito comunista d'Italia, guidata da Francesco
Leone, e il Gruppo anarchico "La Folgore", così come risulta
anche dalle corrispondenze pubblicate su «Umanità
Nova».9 Dopo la sconfessione degli Arditi del popolo da parte dei
vertici del PCd'I, sarebbero stati quindi gli anarchici a mantenere in
piedi tale struttura, mentre i comunisti dettero vita alle loro Squadre
d'azione.
Allo stato attuale delle ricerche, poco altro si conosce in merito ad
ulteriori azioni compiute dai Figli di nessuno, salvo due episodi.
Il primo, di una certa rilevanza, è quello che avvenne a
Castelnuovo Scrivia, in provincia di Alessandria, il 15 maggio 1921,
durante le elezioni politiche svoltesi ovunque in un clima di violenza
e intimidazione da parte fascista. Una decina di squadristi che
presidiavano il comitato elettorale nella cittadina si scontrarono con
un gruppo "di certi anarchici chiamati Figli di Nessuno" giunti da
fuori a bordo di un camion; ne seguì una sparatoria in cui i
fascisti ebbero la peggio contando due morti tra le loro fila. Anche in
questo caso, va osservato che la tattica mobile sistematicamente
applicata dai fascisti aveva trovato qualcuno in grado di applicarla
contro di loro.
Infine, va segnalato quanto avvenuto a Borgo a Buggiano, in provincia
di Pistoia, il 13 novembre 1921. In seguito ad una provocazione del
fascista Zanni che aveva strappato un garofano rosso all'operaio
comunista Puccini, ci fu uno scambio di rivoltellate in cui restarono
uccisi entrambi. Secondo le fonti fasciste, a colpire il giovane
squadrista era stato un Figlio di nessuno: particolare questo
inaspettato, visto che non esistono altre indicazioni che avvalorano
una presenza dei Figli di nessuno in Toscana, che però assume
valore d'indizio.
Come conclusione, vale la pena soffermarsi sulla scia lasciata da
questa struttura di autodifesa proletaria nel canzoniere popolare e
antifascista. Un canto intitolato proprio Figli di Nessuno, da cantarsi
sull'aria dell'Inno dei Lavoratori, venne scoperto dalle forze di
polizia e in quanto prova di reato è rimasto agli atti.10 Ma
esiste un altro canto col medesimo titolo, sull'aria del più
noto Figli dell'officina e con la prima quartina uguale a quella
riscontrabile in una versione di Avanti siam ribelli.11 Certo non
casuale il fatto che tale canto partigiano risulta essere stato assai
diffuso tra i resistenti alla macchia in Liguria e in Piemonte, ossia
proprio le regioni che vent'anni prima avevano visto i Figli di nessuno
opporsi al fascismo.
emmerre
FIGLI DI NESSUNO
(Canto sovversivo, sull'aria dell'Inno dei Lavoratori)
Primavera di bellezza
Il fascismo è una gran teppa,
Ma la nuova società
Quanto prima si vendicherà.
Noi non siamo detenuti
Né teppisti né malviventi,
Ma siam figli di onesta gente
Che il nostro istinto vuol vendicar.
Noi siam figli di nessuno
E la morte è per ciascuno;
I fascisti ad uno ad uno
Li vogliamo decimar.
I flagelli che han fatto
Fan risorgere una nuova aurora
Ma è questa per i fascisti
Che sparire li farà.
Un giuramento l'abbiam fatto:
E le armi sappiam impugnar
E della vile tirannia
Ci vogliamo liberar.
Noi siam figli di nessuno;
Dal governo non siam protetti
Dai fascisti siam maledetti
Ma li vogliamo liquidar.
Olà – libertà.
FIGLI DI NESSUNO
(Canto partigiano, sull'aria di Figli dell'officina/Avanti siam ribelli)
Noi siam nati chissà quando
chissà dove
allevati dalla pubblica carità
senza padre senza madre
senza un nome
e noi viviam come gli uccelli in libertà.
Figli di nessuno
per i boschi noi viviam
ci disprezza ognuno
perché laceri noi siam
ma se c'è qualcuno
che ci sappia ben guidar - e ben guidar
Figli di nessuno
anche il digiuno saprem lottar.
Noi viviam fra i boschi
e sulle alte cime
e dagli aquilotti
ci facciam comandar
ma il nemico nostro
dai confini scaccerem - e scaccerem
e l'Italia bella
noi la saprem - noi la sapremo liberar.
Figli di nessuno
per i monti noi viviam
ci disprezza ognuno
perché laceri noi siam
ma se c'è qualcuno
che ci sappia ben guidar - e ben guidar
Figli di nessuno
anche il digiuno saprem lottare.
Note:
1 Zino ZINI, La tragedia del proletariato in Italia. Diario 1914 – 1926, Feltrinelli, Milano 1973.
2 Si veda Eros FRANCESCANGELI, Arditi del popolo. Argo Secondari e la
prima organizzazione antifascista (1917-1922), Odradek, Roma, 2000.
3 AA.VV., I grandi scomparsi e i caduti della Rivoluzione Fascista,
Casa Editrice dei Panorami di Realizzazioni del Fascismo, Roma, 1941 (o
1942).
4 Cfr. Gaetano PERILLO, I comunisti e la lotta di classe in Liguria
negli anni 1921-22, in «Movimento operaio e socialista», n.
3-4, Genova, Luglio-Dicembre 1962.
5 Questi i dodici punti:
I - Chiunque aderisce al suddetto gruppo deve sapere affrontare le
sevizie della borghesia, cioè la fame, il carcere e con
stoicismo, la morte.
II - Ogni affiliato deve giurare di non tradire i compagni, e non palesare ciò che viene deliberato in assemblea segreta.
III - Chiunque tradirà il gruppo verrà punito a seconda della deliberazione del gruppo.
IV- Per l'azione di piazza contro qualunque associazione patriottica,
saranno impartiti ordini dal Comandante del Gruppo, e se qualcuno degli
affiliati per viltà tentasse di fuggire, il compagno vicino lo
dovrà percuotere al viso e questi oltre ad essere radiato
verrà messo alla gogna di tutta la classe proletaria per mezzo
di giornali sovversivi.
VI - Ricordarsi che in reazione di piazza oppure sulle barricate se
venisse a noi anche il padre o la madre od altri congiunti di non
retrocedere, ma colpire, perché chi è contro il
proletariato è nemico nostro.
VII - Sapere agire in caso di aggressione.
VIII - Incendiare e distruggere palazzi e navi se bruciassero la Camera del Lavoro o altre istituzioni proletarie.
IX - Uccidere senza pietà qualora venisse assassinato un compagno.
X - Proteggere i propagandisti proletari.
XI - Abbattere con violenza i gruppi borghesi e chi li protegge.
XII - Gli affiliati al gruppo devono agire con disciplina, lavorare,
per insegnare ai vigliacchi che sappiano vivere lavorando e che si sa
difendere i diseredati della Terra.
6 A.C.S., Direzione Generale PS (1921), pacco 88B, fasc. Genova.
7 A.S.V., Procura di Santhià, Fascicoli penali, m. 47, Sentenze penali 1922, 8 agosto.
8 Si rimanda a Francesco RIGAZIO, Gli Arditi del popolo a Vercelli
(luglio-agosto 1921), in «Archivi e Storia» n. 15-16,
gennaio-dicembre 2000.
9 Corrispondenti dal vercellese del quotidiano anarchico erano,
sicuramente, Marco Claudio Corona e, probabilmente, Bruno Chitto.
10 A.C.S., Tribunale speciale per la difesa dello Stato, 1927, b. 31, fasc. 262, "Procedimento penale contro Prina Natale".
11 Si vedano A. Virgilio SAVONA e Michele L. STRANIERO, Canti della
Resistenza italiana, Rizzoli, Milano 1985, pagg. 181-182; Santo
CATANUTO e Franco SCHIRONE, Il canto anarchico in Italia nell'ottocento
e nel novecento, Edizioni Zero in Condotta, Milano, 2001, pagg. 199-201.