Il 29 novembre 2004, la famiglia Veronelli comunica l'avvenuta scomparsa di Luigi, per gli amici Gino. Immediatamente la notizia si diffonde tra i collaboratori della rivista EV (ex vinis), gli amici e i compagni più intimi. Sono passati da allora più di cinque anni e il suo più stretto collaboratore, Marc Tibaldi (nel n. 349, di A rivista anarchica, dicembre 2009 – gennaio 2010), ci regala un bellissimo ricordo del Veronelli politico, delle sue battaglie culturali e politiche. L'ultimo atto ribelle dell'enogastronomo più famoso d'Italia si verifica il 2 febbraio 2004 quando, recatosi a Monopoli, insieme a 40 associazioni, decide di occupare il piazzale antistante il porto per protestare contro le navi cisterna che trasportano olio di nocciola (che poi le multinazionali trasformano in olio extra-vergine di oliva). E pensare che pochi mesi prima del suo ultimo viaggio a Sud (tremila chilometri in auto per complessivi dodici giorni di viaggio) un noto giornalista aveva dichiarato che Gino era ormai l'epigono di se stesso. Posso testimoniare invece che a 78 anni suonati l'anarchenologo di Bergamo, quasi cieco, aveva in mente tanti programmi e tante azioni da far invidia ad un ragazzo di 18 anni. Pochi giorni prima di morire difatti, con grande lungimiranza, invia una e-mail con la proposta di organizzare, insieme ai centri sociali, alle associazioni, a Don Ciotti, a Slow Food, ai "ragazzi" dei circoli anarchici, un Critical Wine al Sud, in Calabria, contro le mafie. Appoggiato e poi "tradito" dall'ANCI, innervosito dalle circolari ministeriali che bloccano le possibilità di liberazione insite nelle De.C.O. (denominazioni comunali di origine), osteggiato da chi crede di poterlo sostituire con brillanti imitatori, aderisce alla "Proposta di legge Battisti per la depenalizzazione dell'eutanasia" e, come Montanelli, dichiara di considerarsi morto, nel momento stesso in cui non avrebbe più potuto stare solo in un gabinetto. "Come lui", afferma "chiederò, esigerò l'eutanasia. È un'esemplificazione cruda, ma che rende bene il cammino parallelo tra l'ideazione e la fisicità. Vivere senza dignità è la pretesa – assurda e "satanica" – di estendere la morte". All'indomani della sua scomparsa la prestigiosa rivista EV inizia a "perdere colpi" anche grazie a scelte non condivise (e per molti di noi impensabili) che vedono l'estromissione, da ruoli delicati e importanti, proprio di alcuni tra i suoi migliori collaboratori. Per coloro che lo hanno frequentato e hanno intrattenuto con Gino rapporti di collaborazione giornalistica e soprattutto politica non è stato difficile, nonostante le delusioni, raccogliere la sua scomoda eredità. I "ragazzi" dei centri sociali, insieme al collettivo Terra e Libertà/Critical Wine, continuano a condividere la sensibilità planetaria. Le federazioni municipaliste di base, i comitati, le comunità resistenti di Urupia (TA) e di Spezzano Albanese (CS) esprimono ancora idee e azioni per fermare la spropositata crescita e l'insensato sviluppo e lo ricordano nelle pratiche quotidiane di produzione agricola e culturale. Il seminario permanente Luigi Veronelli, grazie a Andrea Bonini (giovane filosofo-sommelier, braccio destro di Gino) e ad altri enodissidenti, continua nella sua opera di formazione e consulenza. E cosa dire di quelle migliaia di vignerons e contadini che autocertificano i loro prodotti sostenendo le De.CO.? Tutti amano parlare di Veronelli, persino in quel Parlamento da lui aspramente criticato hanno dato vita a un'associazione che porta il suo nome. Ma su questo giornale mi preme ricordare i nomi delle persone che lui amava e stimava come Massimo Angelini, Marc Tibaldi, Andrea Bonini, Sergio Cusani, Pino Tripodi, Pablo Echaurren, Giorgio Ferraresi e tanti altri, giovani e meno giovani, che hanno dato vita ad innumerevoli battaglie culturali e politiche: dal prezzo sorgente, all'autocertificazione, dalle cucine popolari ai mercati locali, dalle produzioni in carcere alla banca della solidarietà. Persino coloro che si autodichiarano suoi allievi e che giocano gare inconsulte per strapparsi a vicenda la primogenitura, senza neanche cedere il piatto di lenticchie, dimenticano che le idee e i programmi di Veronelli non hanno Copyright, sono a disposizione di chiunque voglia lottare per un mondo ordinato senza autorità. Il vero problema è che, nonostante siano passati cinque anni dalla scomparsa, in pochi analizzano il pensiero politico di Gino. Come Fabrizio De Andrè, Leo Ferrè, George Brassens anche Luigi Veronelli era un libertario, un uomo colto, senza dogmi, senza ipocrisie, in perenne lotta contro le armate schiaviste delle multinazionali. Ecco perché mi piace ricordarlo così: senza compromessi o aggiustamenti per agire, come amava dire, "a vantaggio molto molto molto più dell'altro che del nostro".
Angelo Pagliaro