Nel documento che segue vogliamo proporre ,senza eccessive pretese, qualche riflessione e qualche spunto di discussione sul tema comunicazione e controllo sociale ... e chiedere ai compagni/e in rete di inviarci un contributo scritto con l'intento -sia di produrre un numero della nostra rivista di strada (stampata questa volta in tipografia) che li raccolga, -sia di costruire ( con un sito web ) una piccola banca di conoscenza sulla questione... I nostri spunti sono ovviamente parziali e altrimenti non potrebbe essere per un lavoro di analisi che non puo' che essere collettivo. Nel nostro scritto molte cose s'intrecciano e anche molti sentimenti contraddittori vi si affacciano ....La linearità non e' proprio una nostra virtu'...(ma la curiosita' e la voglia di capire per trasformare si!) poniamo anche qualche interrogativo tra cui : come si puo', come possiamo, riconfigurare il momento della territorialità, della comunicazione diretta ..della comunicazione tra corpi...che e' anche "vita con altri"...all'interno dei fenomeni della globalizzazione comunicativa ....? ci piace pensare a questa iniziativa come un messaggio in una bottiglia lanciata nel mare di scadenze e mobilitazioni che caratteerizza questo periodo... speriamo che qualcuno lo raccolga.....c'è ne aggiunga un 'altro .....e lo rimetta in mare..... ---->contributi una@ecn.org

 

Comunicazione e strategie di controllo sociale…
(Si vive la realtà prodotta come realtà reale..)

Chi guarda,non è lui il morto. Sarebbe potuto esserlo. Ma chi giace è l'altro. Chi guarda sta
in piedi, incolume; il morto può essere un nemico ucciso o un' amico venuto a mancare: in
ambedue i casi sembra d'improvviso che la morte da cui eravamo minacciati si sia
stornata da noi su di lui.
E' questa la sensazione che, rapidissima, ha il sopravvento; ciò che dapprima era terrore
trapassa in soddisfazione. Colui che sta ritto, per il quale tutto è ancora possibile, è ora più
che mai consapevole di stare in piedi sulle proprie gambe. Non c'è istante in cui ci si senta
meglio nella posizione eretta.(…)Questo fatto è così orribile e nudo che lo si vela con ogni
mezzo. Che ci si vergogni di esso oppure no, è determinante per la valutazione dell'uomo.
Ma ciò non muta nulla in quanto al fatto in sé. La situazione del sopravvivere e' la
situazione centrale del potere.(E.Canetti- Potere e sopravvivenza)

Nulla sarà più come prima….
L'informazione diffusa dai media ufficiali non è una "finestra sul mondo", ma la base su cui
costruiamo gran parte della nostra conoscenza della realtà. Essa rappresenta il principale
canale sociale d'acquisizione di sapere e d'accesso al mondo. Viviamo dentro un
ambiente artificiale dove con la tv satellitare, internet, l'informazione telematica integriamo
/ inseriamo nella nostra quotidianità eventi accaduti a migliaia di chilometri da casa nostra
ed entriamo in contatto con spazi e vissuti che non coincidono con la nostra esperienza
immediata e fisica.
La "globalizzazione della comunicazione"ci fa precipitare in una dimensione dove lo spazio
e il tempo non sono predefiniti dai nostri modi abituali (storici) di vivere, lavorare e
apprendere, quanto piuttosto dalla velocità e dall'accesso all'informazione. La relazione tra
spazio sociale e luogo fisico viene radicalmente modificata, così come vengono cambiati i
riferimenti con i quali costruiamo identità collettive, senso d'appartenenza…memoria ed
immaginario sociale.
Le nostre condizioni di aggregazione, riflessione, di formazione delle attese individuali e di
lotta si sviluppano e vivono dentro una fitta ragnatela di flussi comunicativi.
Televisione, radio, editoria, cinema, pubblicità alimentano un mercato dove l'informazione
è trattata e scambiata come merce, ma il loro primo obiettivo non è tanto vendere un
prodotto quanto quello di creare"attitudini".Come nella comunicazione politica ciò cui si
mira non è tanto all'effetto "persuasivo" (certamente anch'esso perseguito) quanto a
quello"cognitivo". Il potere è inscritto nel corpo dei dominati sotto forma di schemi di
pensiero e di propensioni: il fondamento simbolico del potere non risiede dentro coscienze
"manipolate"che basterebbe illuminare con la "verità", bensì dentro paradigmi "cognitivi"
che perpetuano, al di là di ogni "consapevolezza politica-ideologica", la complicità delle
vittime con il sistema che le opprime:
"Ho notato sui miei compagni (qualche volta su me stesso) un fenomeno curioso:
l'ambizione del "lavoro ben fatto"è talmente radicata da spingere a "far bene"anche lavori
nemici, nocivi ai tuoi e alla tua parte,tanto che occorre uno sforzo notevole per farli invece
"male". Il sabotaggio del lavoro nazista , oltre ad essere pericoloso, comportava anche il
superamento di ataviche resistenze interne.
Il muratore di Fossato che mi aveva salvato la vita…detestava la Germania,i tedeschi,il
loro cibo,la loro parlata,la loro guerra; ma quando lo misero a tirare su muri di protezione
contro le bombe, li faceva diritti, solidi, con mattoni ben intrecciati e con tutta la calcina che
ci voleva; non per ossequio agli ordini, ma per dignità professionale." ( P.Levi-i sommersi e
i salvati)


Tutto diventa luogo del conflitto
Le imprese globali hanno bisogno di complesse trame comunicative sia per connettere i
differenti segmenti produttivi dislocati nei punti più lontani e disparati del pianeta, sia
perché ormai non producono più solo prodotti da consumare (merci) ma anche relazioni
sociali, bisogni, modi di utilizzare i corpi e le menti. Con la fine del "capitalismo politico"e la
liberalizzazione dei mercati di capitali e di merci si è aperto un vasto e generalizzato
processo di "spoliticizzazione"delle questioni economiche e sociali.
L'eliminazione delle barriere e dei vincoli "alla liberta d'investimento dei capitali e di
sfruttamento del lavoro" (risultati delle lotte popolari degli anni '60 e '70) è proceduta di
pari passo con un processo di "depoliticizzazione"che consegnava e trasferiva (non senza
contraddizioni) i compiti e le funzioni di controllo e legittimazione sociale del sistema dalle
vecchie ideologie di classe, di status, di stratificazione occupazionale / gratificazione
individuale all'universo del consumo di merci, alle ideologie che queste ultime proiettano.
In questo processo di "spoliticizzazione"dell'economia e della società la "comunicazione
d'impresa"e il sistema dei media in generale diventano una risorsa strategica sia in termini
di competitività che di comando e controllo sociale. Il terreno di conquista delle imprese
globali diventa sempre di più "immateriale", riguarda le coordinate spazio-temporali, il
desiderio, la corporeità e il quadro mentale con cui si definiscono i significati e i "riti"
individuali e sociali.
In più la diffusione della comunicazione digitale delle reti di comunicazione telematica,
hanno ampliato la possibilità del capitale di sfruttare ogni tipo d'informazione e linguaggio
prodotto dai singoli e dalle relazioni sociali. E' ormai un dato di fatto che le agenzie
responsabili delle strategie comunicative d'impresa usano continuamente linguaggi nati
dal "basso", dalla "protesta"o dal"disagio. La pubblicità ha reso la figura del "non integrato"
un modello accreditato e riconosciuto dell'immaginario sociale. Il capitalismo parla
anch'esso il linguaggio delle controculture, lo divora e lo rimette in circolazione, ormai
svuotato della sue potenzialità sovversive, neutralizzato sotto forma di oggetto di consumo
(il mercato dell'alternativo).
Con lo spazio immateriale delle borse telematiche il capitale spostando da una parte
all'altra della terra denaro-informazione-comando- si presenta come una scala relazionale
che copre tutto l'universo sociale. Con l'acquisizione di quest'enorme capacità di mobilità il
capitale si "deterritorializza" (perde il suo carattere "naturale") tanto in termini "geograficoterritoriali"
quanto in termini "qualitativi": nel senso che estende il suo rapporto sociale di
produzione ad ogni ambito dell'attività' umana. Parafrasando Marx si potrebbe dire che il
primo risultato del capitale finanziario e' la riproduzione e la nuova produzione su una
scala sempre più allargata (estensivamente e intensivamente) del rapporto tra lavoro e
capitale, tra capitalista e operaio. Questo rapporto sociale investendo tutti gli ambiti della
vita umana rende fragile la distinzione tra processi culturali/ideologici/economici. Le
relazioni economiche, sociali, ideologiche, culturali s'intrecciano in modo inestricabile: tutto
diviene ugualmente vicino al punto centrale.
Tutto diventa luogo del conflitto.

La trasmissione dell'informazione si approssima alla velocità della luce
La condotta del conflitto in ogni epoca dipende dal livello raggiunto dai mezzi di
produzione e comunicazione.
L'informazione e' parte integrante delle strategie e delle tattiche militari. Essa stessa
diventa un'arma bellica.:"la CNN ha impiegato militari statunitensi specializzati in
operazioni psicologiche (psypos), nell'ambito del programma dell'esercito U.S.A.
"formazione nelle industrie ", nella sua sede di Atlanta durante la guerra del Kossovo
.Come ha riferito il maggiore della U.S.T Collins al giornale olandese Trow: e' possibile
che questi militari abbiano "aiutato" a preparare i materiali informativi sulla guerra del
Kossovo….Il personale militare dislocato alla CNN apparteneva al 4 gruppo per le
operazioni psicologiche ,con base a Fort Bragg nella Carolina del nord.Il compito
principale di questo gruppo e' quello di diffondere "informazioni selezionate"….
Le "notizie"sono una modalità organizzativa degli eventi, dei fatti non solo in termini
"razionali"..Porsi il problema della loro "verità"o "falsità"ha una rilevanza relativa: in primo
luogo perchè esse veicolano sentimenti/affetti/propensioni.
La scelta di un'inquadratura e' un problema politico/morale, non tecnico:"la distanza fisica
della telecamera rappresenta il distanziamento psicologico che si vuole trasmettere
rispetto alla situazione …il primo piano valorizza l'individualità', l'intimità' o l'identificazione
con il soggetto, mentre i piani lunghi e le panoramiche accentuano l'aspetto collettivo,
l'anomia o la non-familiarità….
Far vedere le cose non significa far "vedere veramente"le cose; l'operatore sceglie con
che occhio guardare: e' differente registrare le immagini di una manifestazione come se
fosse lo sguardo del poliziotto che cerca di gestire i dimostranti, o dei dimostranti che
cercano di gestire le azioni dei poliziotti".
Come diceva Godard"qualche volta la lotta di classe e' lotta di un'immagine contro un'altra
immagine, di un suono contro un altro suono… di un suono rivoluzionario opposto a
un'immagine imperialista".
Il manovale col cellulare continua ad impastare calce e a trasportare mattoni: e' probabile
che in gran parte il lavoro resti "fatica ": sempre più immateriali invece diventano le reti di
controllo intessute dal comando. La "reperibilità"e la "disponibilità"totale e' la norma. Il
controllo raggiunge le pieghe del quotidiano .Tutto e' lavoro, il tempo libero non esiste:
Non c'è un luogo dove possa cominciare la nostra vita.
Lo spazio pubblico-sensibile e locale e' colonizzato dai significati fabbricati da un'elite
globale che non ha vincoli di carattere territoriale e linguistico. Ogni giorno, 24 ore su 24,
mezzi di comunicazione diffondono il comando gestendo le nostre angosce, paure,
desideri ci fanno cooperare in quest'immensa catena di montaggio che e' la società. Ma
lungo questa catena immateriale restano uomini e donne con i loro corpi….Chi governa e
chi e' governato…chi schiaccia e chi e' schiacciato. Il conflitto non e' virtuale, non e'
simulato, ma il "virtuale"e' costitutivo dell'umano. Viviamo in un mondo fatto di linguaggio,
dentro spazi fisici e affettivi e dentro uno spazio simbolico. Non c'e nessuna perdita di
"realtà"c'è solo una sovrapposizione continua di spazi. Nella provincia di Bangalore (India)
si calcola che il dieci per cento della popolazione e' composta di ingegneri informatici. In
una zona della città vengono assemblati i computer e i software Ibm,Digital,Hewlet
Packard,Texas Instruments,Motorola,Bull…ma solo una piccolissima parte della
popolazione indiana e' coinvolta nella diffusione delle nuove tecnologie. Quasi un miliardo
di persone entreranno nel 21 secolo incapaci di leggere un libro o di scrivere la propria
firma, tanto meno di capire un semplice modulo o usare un computer. Miseria e sviluppo di
nuove tecnologie sono complementari. L'informazione prolifera con una velocità che
annichilisce: ma la sua proliferazione non si risolve in una maggiore possibilità di controllo
della realtà, anzi suscita la sensazione opposta: quella della perdita di senso,del
"disorientamento". Se alle elite globali e' permesso di azzerare il tempo e lo spazio e di
acquisire la "mobilità"come opportunità,
ai globalizzati per forza non resta che circoscriversi in piccole sfere dell'esperienza e del
senso: non rimane che cercare di costruire spazi "sicuri "in cui illudersi di non diventare
"obsoleti" (attualmente un lavoratore deve cambiare circa 15 posti di lavoro nel corso della
sua vita, contro i due o tre finora ritenuti normali.) Si vive, si guarda, si consuma, si ama e
si odia lungo una filiera immateriale della produzione, ma persino i cosiddetti mercati
finanziari hanno un "corpo": strutture fisiche d'interconnessione…..materia non digitale e
assai vulnerabile…
La "globalizzazione della comunicazione"dà la possibilità di annullare la lontananza
geografica, lo spazio e il tempo come limiti, ma lo può solo imponendo ad una moltitudine
di uomini e donne sparsi sul pianeta "l'immobilità", il legame e il vincolo con un luogo
determinato dove il tempo non passa mai e le distanze si ampliano indefinitivamente ..qui
il movimento e' illegale, al massimo si può correre con le Nike….o navigare con un
gommone.
La trasmissione dell'informazione si approssima alla velocita' della luce.

Bisognerebbe sottrarsi…
Le parti di una macchina sono strettamente coordinate, ma non comunicano. Il termine
comunicazione indica anche "vita con altri", partecipazione reciproca.
Il comando viaggia sulle reti telematiche, la comunicazione nel rapporto diretto fra
soggetti. La "globalizzazione della comunicazione" e le nuove tecnologie telematiche
dissolvono le differenze culturali, omogeneizzano, annullano i contesti spazio-temporali,
ma il nostro corpo continua ad esservi legato.
Non c'è un contesto sociale nel quale le identità collettive "globalitransnazionali"
sostituiscono le "identita' locali". C'e invece un permanente movimento da
un livello all'altro. Il "locale", il luogo fisico del desiderio, della corporeità, del tempo e della
morte e' continuamente inglobato,usato produttivamente, ma non per questo uniformato e
totalmente standardizzato. L'omologazione dei comportamenti sul piano del lavoro e della
comunicazione induce un livellamento in direzione del conformismo sociale, ma dentro
questo "conformismo" c'è anche una potenzialita' dell'esistenza concreta : possibilità di
affrancarsi da qualsiasi rapporto rigidamente precostituito all'interno di una specifica
collocazione strutturale.
La differenza come progetto .
Se non esiste più una connessione lineare tra collocazione nel processo produttivo e
specifiche prospettive di autoidentificazione e d'immaginario sociale c'è anche la
possibilità di poter reinventare ed inventare i propri spazi di senso, di connessione , di
comunità.
La riduzione "delle differenze culturali"non e' solo "omologazione", ma anche liberazione
da limiti nella capacità di comunicare, di avere relazioni, nella possibilità di "riconfigurare"la
propria realtà.
La globalizzazione comunicativa disegna comunità virtuali, conflitti simulati cioè
neutralizzati, una politica fatta a mezzo di "opinione pubblica" e media, ma produce anche
una base per attivare una comunicazione diretta fra soggetti. Non c'e un "riferimento"e
una "memoria"collettiva da disoccultare…siamo noi a dover inventare riferimenti e
memoria.
"la costruzione di situazioni comincia al di là della distruzione della nozione di spettacolo"
(G.D.)
La colonizzazione del vissuto, il monopolio del senso e della memoria dei media ufficiali si
combatte nel"locale", riappropriandosi di comunicazione fatta di/da corpi, relazioni
sensibili.
Ciò che oggi unisce o divide nelle relazioni sociali non e' tanto la memoria storica quanto il
"vissuto"del momento…non la storia ma la cronaca…non l'ideologia , ma l'immagine..non
il lavoro, ma la comuni "occupazione "del tempo sociale: sono i flussi d'informazione a
costruire e sostituire memoria collettiva e storia, e così facendo distruggono quella che e'
stata da sempre l'anima della solidarietà , della forza e dell'azione di classe. "La guerra
non si e' ancora conclusa che già viene tramutata in carta stampata in centomila
esemplari". La memoria diventa un'insieme di segni, viene esteriorizzata e mercificata (la
"grande storia"in dispense settimanali…) ; oggettivata e così sottratta alla ri-elaborazione
collettiva e vivente . Tutto viene consegnato alle dicotomie mediatiche e alle loro
semplificazioni fasciste, ma non c'e niente da dover "smentire"c'è solo bisogno di
recuperare autonomia. E non c'e autonomia di un soggetto o di un "movimento"se esso
non crea "propri mondi di senso",la sua memoria condivisa.
Non c'è comunicazione possibile,ma la sua negazione massima.
Diciamo spesso che il "senso e i significati"sono diventati oggetto di produzione , ma non
sempre teniamo presente che questo comporta che il potere e' in condizione permanente
di ingoiare e divorare un discorso di liberazione, digerirlo e restituircelo sotto forma di
veleno.
I movimenti e i singoli vengono "accecati", ma e' una luce troppo chiara, repentina e
mutevole il mezzo di questo"accecamento". Nella cronaca l'informazione si accumula fino
all'indifferenza;
Non stimola alla comunicazione e al dibattito collettivo, non serve a creare un supporto
culturale autonomo di scelte e comportamenti quotidiani, e progettuali. L'evento, appena si
spegneranno i riflettori e i clamori accesi dai media ufficiali, diventa "replica"di criteri che o
si sanno già, o "eccitano", o gratificano e rassicurano…memoria televisiva che
continuamente espelle da sè ogni elemento soggettivo …. che ribadisce il nuovo-sempreuguale…
lo spettacolo continua…..
I morti diventano una sagoma sull'asfalto o una macchia di sangue come nei peggiori
serial polizieschi americani.
Se quello che accade, l'evento puntuale nel tempo e nello spazio, non e' rielaborato a
partire da un vissuto che si mette autonomamente in relazione collettiva, ma insegue onde
d'immagini e notizie diffuse dai media, non c'è riappropriazione della realtà in vista della
trasformazione del presente. Rimane un semplice urto…Sono i fattori emozionali a
generare solidarietà; fragili forme di solidarietà spesso senza spessore e senza continuità.
Forse,alcune volte bisognerebbe darsi la forza di spegnere le tv,smettere di leggere i
giornali dei padroni e anche di criticarli.
Bisognerebbe "sottrarsi"…

Il potere e' capacità di realizzare progetti
"quando uso una parola,Humpty Dumpty,disse con tono abbastanza sprezzante,-essa
significa proprio ciò che io scelgo di dire,ne'più ne'meno-
il problema e'-disse Alice-se puoi dare alle parole significati tanto differenti
-il problema e'-disse Humpty dumpty,-chi e' il padrone.E' tutto qui.(Alice nel paese delle
meraviglie)
Il "discorso del potere"annulla l'altro nei meccanismi impersonali dell'economia .Come nel
linguaggio della "politica" l'altro e' sempre "funzionale": o "alleato"o "ostacolo"
(nemico).Qui l'esigenza del confronto e' ridotta a cercare "un'accordo d'opinione". Si legge
la realtà attraverso una logica binaria e dicotomie televisive.Tutto viene polarizzato
<o…o..>e come spesso accade le nostre identità si costruiscono non sulla base di ciò che
siamo, ma di ciò che consideriamo diverso da "noi". Il dibattito di una politica multimediale
senza radicamento territoriale si affanna dietro un ventaglio grottesco di tattiche e strategie
di "ricomposizione"e intanto rimaniamo dei cristalli isolati.
Si "media-si ragiona-si calcola", si tratta , ma a pensarci bene non c'è nulla da
"ricomporre"né "accordi d'opinione "da realizzare, c'è solo da riprendersi la capacità di
porre ciò che non e', di immaginare.
Il potere e' capacità di realizzare progetti.
Non c'è da perseguire una rappresentazione unitaria o una riduzione concettuale di realtà
o movimenti perchè non c'e nulla da"controllare". La "differenza"non e'
solo"frammentazione" e segmentazione…e anche costruzione e ricerca di autonomia. Una
"politica"che cerca "sintesi"e' conservazione, non libera ma amministra, non comunica ma
nega ogni comunicazione.
Politica ed economia sono i promotori di una globalizzazione astratta; operano con potenti
astrazioni (denaro e ideologie) usano la diversità, la molteplicità le differenze solo per
profitto.
In questo senso vogliamo "una società senza economia e senza politica".
Se proprio dobbiamo continuare ad usare questo termine -politica- usiamolo per indicare
la questione del sapere e riflettiamo su che cosa esige di volta in volta l'uguale
partecipazione di tutti al potere. Se vogliamo parlare di "economia"parliamone nel senso di
porci il problema di una condivisione di conoscenze e di circolazione di sapere. Di una
comunicazione che non e' semplice e pura trasmissione di informazioni-comandi, ma di
capacità e luogo di costruzione di significati comuni.

LA REDAZIONE DI ATTACCHI DI PANICO