poggiato al bancone biasimo 
questa maschera rispecchiata
da luce giallastro-liquida -

mi dice schiavo di nero
qualcuno - e, certo, non sbaglia -

mhm!, soddisfazione soddisfatta e leggera!!!
sì! abusi e riusi ... non voglio sentirti!

sollevo lo sguardo, intorno –
un brivido di socialità
m’entusiasma, pervadendomi –

piegata fra i gomiti larghi
sul legno, un occhio dentro al vetro,
riconosco una testa – m’alzo
e preparo la mano aperta
a incontrare una nuca – giro
intorno a una fluente pioggia,
capelli,
festa, a ogni incontro –

viene al mio angolo – si siede

Colmi sbattono, due bicchieri.

fra le mani avevo un libro, oggi,
e sentivo il telegiornale:
fosse comuni nelle orecchie,
intanto gli occhi scorrevano
un’antica preghiera pagana –
là mi fermo, a considerare
la distanza che ci separa
dalle fauci d’un Licaone … –

chi sarebbe ‘sto licaone? …
a me, ormai, non resta che andare
a cercarmi altrove una terra –
magari non troppo lontana –
dove una guerra mi permetta
il pane che qui non mi è dato
mangiare – nonostante mente
braccia rabbia, impegno imposto
dal dovere, perennemente
in affitto, si sfianchino sotto una soma.

"il monopolio legittimo della forza" –
neanche fossi uno sbirro!!! – ahaa, basta!
schiavo sarei, in quella terra,
schiavo sono qui, nella terra
di mia madre, né posso usare
la mia forza – mi hanno tolto anche questo –
che, in quanto illegittima, sarebbe "violenza" –

e la violenza, a quanto pare,
non si addice a chi è schiavo –

Labbra brindano, fra parole.

invadente come al solito,
il petulante blaterare
del giallo becco d’un papero
s’infila a forza, a interrompere
un dialogo, col suo atteggiarsi
tinto, che a ogni gesto ripete,
come un loop,
io ti sono amico!
viene in mezzo, a fare il maestro –

"Vietata ogni tristezza,
è tempo, cuori, di giubilo!"

Devo ancora riempire il pieno,
cominciare a guardare oltre
l’intuizione di me in un’immagine
sbattutami contro da un muro
o da carne, fino ad attuare
oniriche materializzazioni –
necessaria espansione
di questa unitá molteplice.

"Vietate le lacrime,
l’assurdo, inutile dolore!"

il Santo mi lascia da solo
toccando, per l’ultimo sorso,
il mio bicchiere col suo – resto,
con la mia attenzione svogliata,
continuando a dare credito
a chi ha contratto un debito
con me, incommensurabile –
e non si cura di saldarlo –

 

continua ...