sono appesantito da tare
quando poi t’accorgi
che gl’occhi
parlano, e da sempre
intuisci
quello che gli hai
letto nel fondo,
incosapevolmente parli
usando il corpo –
movimenti
che delle parole hanno
il peso
codice cifrato solo a te noto! –
quello che non riesci a capire
....
io, non voglio
rinunciare,
in alcun modo, alla
tensione
che eternamente m’accompagna,
ai margini della
pochezza
d’animo imperante –
ho spregio
d’un’esistere
deformato
dalla ricerca dell’utile
per sé, esclusiva, e
informato
da edonistiche
meschinità
superficialità comoda
viscidi opportunismi
– frega
‘n cazzo, se ai tuoi
occhi sembro,
così come agli occhi
del mondo,
un Giuliano,
un abatino
dal destino
ineluttabile –
non cederò alle labili
lusinghe d’una
mascherata,
nel quotidiano mio
vivere ...
ma tanto!, è inutile spiegare ,,, –
bravo! complimenti!
faranno
di te un santo, un
giorno, ci sarà
il tuo nome, nei
calendari –
non miro a
riconoscimenti,
non ho bisogno di
dirtelo! –
sì!, e intanto si
moltiplicano
difficoltà e
delusioni,
si prospetta, intanto,
una vita
amara di solitudine –
io non sono disposto ad
accettarla! –
ma ch' cazz' capiscj'
tu! ... ma
allora lasciala questa
gabbia,
abbandonalo questo
corpo,
perché qui comando io!
e questa
è casa mia! –
così!, per citare qualcuno –
calmo – cammino, m’accompagna,
vago, come unhm …
senso di …- colpa? –
m’è rott’u cazz’!
nun t’ vuoglj send’! –
mentre accuratamente
raso
la pelle rugosa di
pietre
gonfie come guance
ingrigite
dal tempo, sbuffanti
polvere –
poggio sul piede
destro, schiaccio
un chiodo di ferro di
trenta
cm, infisso a sinistra
–
ben dentro, fino
all’orecchio – che
pulsa fra un paio di
sanpietrini del cranio –
…porcoggiuda!,
e una risata
strascicata sul
marciapiede –
ho abbracciato, caldo
di terra,
un muro diaccio,
diroccato
da un vizio infame – bruceremo,
domani, ogni minima
traccia
del nostro inutile
passaggio? –
e, in un’orgia di
carezze, una
risata s’insinua nei
buchi –
quelli vuoti, ricolmi d’ombra,
che si squarciano fra
una piega
e l’altra, fra il
cemento passato –
e ne rovista ogni
sporgenza –
ma chi ti ha convinto?
chi ha detto
che tutto il vino della
festa
era per te solo, solo
tuo? –
un solo dio da
biastimare? –
bevo, su una sola natica
sollevato, dalle tue labbra
secche, un nettare sibilante,
essenza viva e simbolo sacro
del mantello appena svestito,
del calcare assiso a guardare
maschere agghignate a sorrisi,
degli sfregamenti ossessivi
di coste sfioranti ginocchia –
solletica il fondo dei buchi
una risata –
antri
umidi
caverne impetrate incavi –