Il pungiglione e l’elefante

Possiamo imparare molto dagli zapatisti. Possiamo imparare molto da quello che scrive il Subcomandante Marcos. E molto abbiamo imparato. Spesso ci siamo sentiti dire che abbiamo preso in uso in un modo acritico modelli di lotta e ”retorica” di stampo zapatista in Europa, senza prendere in considerazione il fatto che ciascun paese, ciascun luogo, ciascuna cultura ha le proprie specifiche forme di azione e di comunicazione. Teoricamente questa affermazione ci sembra del tutto legittima, non e’ possibile che essere dello stesso parere. Proprio per questo motivo ci sorprende alquanto che ci siano ancor oggi persone che mettono in atto – o meglio tentano di mettere in atto – modelli di pratica politica che sono ben piu’ lontani dal mondo di oggi – sia in senso geografico che temporaneo – della politica zapatista. L´affermazione che il contesto di Marcos sia un contesto totalmente altro da quello europeo e’ del tutto erronea. Non si conoscono le condizioni del Messico e, cosa ancora peggiore, non si conoscono le condizioni del nostro continente. Non si vede la realta’ che nel nostro continente vivono milioni di “indiani”. Non li si vede perche’ sono invisibili. Non li si ascolta perche’ sono senza voce.

Societa’ civile e soggetto-in-processo

Quando nel febbraio di questa anno gli zapatisti sono partiti dalla selva di Lacandona per marciare verso Citta’ del Messico, essi hanno messo in evidenza come lo scopo della marcia stessa fosse quello di avviare un dibattito politico con la societa’ civile messicana e non solo con il governo del paese. Forse per la prima volta nella storia un esercito guerrigliero e’ uscito dalla giungla per chiedere alla gente che cosa ne pensasse della loro attivita’. Camminare domandando: non procedere mai per dogmi, confrontare sempre le proprie opinioni e le proprie azioni con quelle degli altri, con le altre alternative.

Questo modo di procedere ci dice che gli zapatisti (e noi siamo di certo gli zapatisti d’Europa) non sono un soggetto politico prefissato, che marcia portando con se’ nel proprio zaino oltre alle vettovaglie anche la verita’, una risposta per ogni domanda e una identita’ statica inamovibile. Definiamo questo modalita’ dell’essere soggetto politico con il termine di Julia Kristeva: soggetto-in-processo. Questo soggetto on e’ vuoto, non si e’costituito definitivamente, ma si costituisce/costruisce continuamente comunicando (sovrattutto in un modo non verbale) ovvero producendo significati ed immagini. Vogliamo comunque sottolineare il fatto che stiamo parlando di un soggetto: senza soggettivita’, niente comunicazione ! Sarebbe completamente erroneo dire noi non siamo un soggetto, sarebbe completamente sbagliato confondere noi e la societa’ civile, addirittura parlare in nome di quest’ultima. Non siamo decostruzionisti, nel nostro discorso c’e’ spazio per la soggettivita’.

Un secondo aspetto per il quale gli zapatisti sono altro dai movimenti politici o dagli eserciti guerriglieri tradizionali e proprio questo concetto di societa’ civile. Secondo la teoria marxiana la societa’ civile e’ un riflesso delle relazioni della societa´ divisa in classi dietro la quale si nascondono i rapporti di sfruttamento. Secondo i “veri marxisti” il gruppo di riferimento e’ sempre la classe operaia o il proletariato e non la societa’ civile che viene vista come concezione mistificatoria borghese. Gli zapatisti d’Europa apprezzano invece l’idea che le classi nella loro forma tipica della societa’ industriale sono scomparse. Non ci sono piu’ due gruppi omogenei e stabili, la classe operaia e la borghesia che si contrappongono. La societa’ odierna e’ fatta di dinamicita’ e mobilita’, di microconflitti, di identita’ e collocazioni sociali in-movimento. Societa’ civile e’ dunque il contesto dentro il quale ci muoviamo, con il quale le minoranze devono parlare, non una totalita’ in nome della quale parlare.

Carovana ed atto pubblico

La marcia zapatista attraverso la societa’ civile, da Lacandona a Citta’ del Messico, ha preso le sembianze della carovana. Carovana come metafora concreta di un processo di movimento al quale partecipano numerose singolarita’. Una carovana fatta anche di fermate, di tappe, durante le quali comunicare con il mondo circostante, con la societa’ civile. Lo scopo della carovana non e’ quello di rimanere sul posto e neppure la propria esistenza continua – la sopravvivenza feticistica – della carovana stessa. Possiamo dunque interpretare la carovana zapatista come una metafora politica estremamente attuale, una specie di convergence center mobile. Il concetto di carovana ci ricorda molto da vicino anche il nomadismo e la deterritorializzazione di cui ci parlano Gilles Deleuze e Felix Guattari. Nel processo-carovana coloro che fanno parte delle minoranze sfruttate vengono fuori dalla giungla, con il pasamontagna sul volto, per raccontare a tutto il mondo che cosa e’ che fa di loro invisibili. Durante le tappe della carovana essi realizzano atti pubblici. Essi si riuniscono con la societa’ civile e con il passamontagna sul volto (o con altri abiti che comunicano invisibilita’) e danno visibilita’ agli invisibili. Va tenuto presente che nella societa’ mediatica per la riuscita del processo del rendere visibile e’ necessario sottolineare gli aspetti spettacolari, siano essi il passamontagna degli zapatisti, le tute bianche degli zapatisti europei, le drag queen del gruppo samba dei pink. Atto pubblico significa esplicare continuamente alla societa’ civile che cosa sta succedendo e perche’. Significa produrre ibridi tra significati simbolici e azioni reali (attraversamento di frontiere simboliche/reali, pressione reale/simbolica contro il controllo ecc.).

Consulta

Il luogo dalla quale la carovana parte e il luogo dove essa arriva lo definiamo con il termine di Consulta. Consulta come bacino della decisionalita’ di tutte le comunita’ della minoranza coinvolte. Le decisioni qui vengono prese con il principio del consenso e con il contributo dei facilitatori. Nella Consulta parlano in modo perfettamente eguale donne e uomini, persone di provenienza diversa. I facilitatori rispondono innanzitutto di questo. Certo alla Consulta possono partecipare anche rappresentanti nominati dalle comunita’. Essi sono pero’ delegati temporanei che vengono scelti con il principio del turn-over dalle loro comunita’ rispettando comunque il fatto che non vi devono essere discriminazioni di sorta. La Consulta e’ un organo di democrazia diretta delle minoranze, essa non rappresenta la societa’ civile ma discute con essa. Il suo scopo non e’ essere organo di potere, ma un forum aperto che discute con la societa’ civile.

L’EZLN europeo

L’EZLN – l’esercito zapatista e’ quel soggetto che difende militarmente le popolazioni indiane del Chiapas mettendo in gioco i propri corpi. Gli indiani sono una minoranza e l’EZLN porta alla luce del sole gli invisibili e le loro rivendicazioni e la necessita’ di un dialogo con la societa’ civile, non parlando per loro conto, ma occupando e difendendo spazi pubblici dove e’ possibile realizzare diritti e dialogo. Lo scopo dell’esercito zapatista non e’ raggiungere il potere o agire come partito, che parla per gli altri. L’EZLN e’ un esercito che a differenza di tutti gli altri eserciti che al suono delle loro armi hanno attraversato la storia, combatte per sparire.

Il nucleo centrale del progetto politico delle tute bianche europee e’, a nostro avviso, essere l’esercito degli invisibili d’Europa, che combatte per i diritti delle minoranze. Qualcuno dira’ “in Europa non ci sono indiani, l’Europa non e’ il Chiapas”. In Europa in questo momento ci sono milioni di indiani: migranti clandestini, che a migliaia vengono uccisi alle frontiere della Fortezza-Europa; persone emarginate che vivono al di sotto della soglia di poverta’; persone senza voce e invisibili. Noi siamo l’esercito di queste persone. Noi non siamo l’esercito della classe operaia o dell’interesse comune. Allo stesso tempo siamo un esercito che combatte per sparire, siamo o non siamo invisibili? Il soggetto-in-processo produce un mondo che rende possibile la sua metamorfosi.

Il nostro stato

Le rivoluzioni che hanno affermato di liberare le popolazioni del terzo mondo o di sovvertire sistemi sociali ingiusti hanno prodotto dei mostri perche’ hanno parlato in nome degli altri, hanno affermato di rappresentare una maggioranza, esse hanno prodotto sovranita’. Noi non parliamo per conto di nessuno, noi apriamo solamente spazio per il discorso. Noi non siamo maggioranza, siamo minoranza. Non abbiamo neppure il coraggio di rivendicare il potere per noi stessi. Noi vogliamo solamente ridurre l’influenza che il potere esercita sulle persone.

Allo stesso tempo diciamo che nel medio periodo nel nostro progetto politico e’ presente il concetto della trasformazione dello stato. Lo stato nazionale e’ stato fin qui la forma di sovranita’. Esso ha chiuso fuori da cittadinanza e diritti chi non ne era membro. Il nostro progetto politico e’ uno spazio – l’Europa – che sia aperto alla cittadinanza ed ai diritti, che sia inclusivo e non esclusivo. Il nostro obbiettivo e’ la trasformazione degli stati nazionali europei in un nuovo spazio politico aperto che chiamiamo Europa. Definiamo questo spazio politico con il termine stato, perche esso e’ come il pungiglione dell’ape nelle carni dell’elefante. Se il pungiglione mette in movimento l’elefante, siamo gia’ riusciti nel nostro intento.

Storia e rivoluzione

La storia non e’ una lotta tra due gruppi distinti per l’egemonia. Nella storia non c’e il buono ed il cattivo. Nella storia ogni volta che si e’ parlato in nome del buono contro il cattivo il prodotto sono stati risultati ancora peggiori. La storia delle rivoluzioni e’ tragedia. Il soggetto-in- processo non combatte per la rivoluzione, esso combatte per la produzione di una ralta’ molteplice. Per una realta´ fatta di molti significati, di alternative.

La storia non e’ finita, e noi non vogliamo concluderla in nome della rivoluzione, per noi l’unica storia possibile e’ una storia dove il soggetto e’ in processo.