Tute bianche?
Praga: l’inizio del ciclo di lotta delle tute bianche europee
Il movimento delle tute bianche ha acquisito in Finlandia una certa rilevanza
mediatica a partire dalle proteste che hanno avuto luogo a Praga nel
settembre del 2000 in occasione del vertice del Fondo Monetario
Internazionale.
Nella manifestazione di Praga le tute bianche guidarono il blocco giallo
(yellow block) verso il ponte principale di accesso alla zona del centro
congressi dove aveva luogo il meeting del FMI, mentre altri gruppi di
manifestanti si avvicinavano da altre direzioni. Il luogo di riunione
dell’elite finanziaria del mondo si trovo’ ad essere ridotto ad un’area
isolata dal mondo, protetta da robocop, piu’ simili a cyborg che non persone,
armati di attrezzature high-tech, pepper-spray, carri armati e trasporti
truppe blindati. La societa’ civile aveva accerchiato i potenti del mondo.
Sul ponte di Praga insieme tute bianche provenienti dall’Italia, dalla
Grecia, dalla Spagna e dalla Finlandia.
Protetti da “gommoni” e protezioni personali le tute bianche realizzaroni in
modo aperto in uno spazio pubblico un’azione di disobbedienza civile non
violenta. Le tute bianche contribuirono in modo fondamentale all’assedio del
centro congressi, obbligando buona parte dei reparti speciali anti-sommossa
di Praga a rimanere sul ponte. Non una delle persone partecipanti al blocco
giallo venne arrestata.
Invisibili
Allo stesso modo del passamontagna degli zapatisti le tute bianche sono
simbolo di invisibilita’/visibilita’ e di disobbedienza. Un simbolo aperto a
tutti coloro che vogliono camminare e domandare, agire in uno spazio pubblico
in modo non-violento, a ribellarsi contro le molte ingiustizie del nostro
mondo utilizzando il corpo come arma.
La tuta bianca non e’ una bandiera ideologica. I principi centrali delle tute
bianche sono quelli condivisi con lo zapatismo. Le tute bianche sono un
movimento orizzonatale, che offre a tutti la possibilita’ di agire. I
principi del “camminare domandando” e dell’ “obbedire comandando” sono anche
nostri. Il nostro obbiettivo non e’ il potere politico, ma la trasformazione
dal basso, qui ed ora, delle relazioni sociali.
Chi siamo?
Siamo persone che da invisibili vogliono divenire visibili. Siamo una parte
attiva di quella societa’ civile che il sistema politico dominante in ogni
modo ha cercato di rendere passivo. La tuta bianca e’ anche simbolo della
trasformazione della societa’ da basata su di un modello di produzione
industriale e di fabbrica ad un modello produttivo che si basa sulla
comunicazione e sui servizi, sul lavoro immateriale. Le tute blu della
vecchia societa’ fordista nel postfordismo diventano bianche. L’attivita’
produttiva e di resistenza non risiedono piu’ solamente dentro le quattro
mura della fabbrica, ma sentro tutto il tessuto sociale. La tuta bianca e’
quindi simbolo di un nuovo soggetto produttivo il cui lavoro e’ sempre meno
lavoro manuale in tuta blu e sempre piu’ lavoro intellettuale, affettivo e
comunicativo.
Le tute bianche non sono un gruppo dogmatico che si relaziona in modo
dogmatico alle forma dell’impegno politico. Tra le tute bianche ci sono
persone che partecipano alle elezioni municipali come anche persone che non
credono all’attivita’ istituzionale. Come lo zapatismo la nostra prassi e’
aperta alla diversita’ nel pensiero e nei fatti.
Disobbedienza civile non-violenta
La disobbedienza puo’ avere molte forme. Una delle tattiche principali delle
tute bianche e’ la disobbedienza civile di piazza attiva, di massa e protetta
tramite la quale tentiamo in modo simbolico e reale di avanzare in occasione
di manifestazioni verso quei luoghi nei quali la societa’ civile non ha
accesso (possono essere una riunione dei potenti del mondo come un centro di
reclusione per migranti che si vuol tenere fuori dall’attenzione dei media).
In Finlandia la prima azione di massa delle tute bianche e’ stata condotta ad
Helsinki il 6 dicembre 2000, un giorno prima del vertice europeo di Nizza,
quando le tute bianche tentarono di portare un messaggio contro il neo-
liberismo e per un Europa dei diritti di cittadinanza dentro il palazzo
presidenziale del paese dove si svolgeva una serata di gala.
Le tute bianche sono un movimento non-violento. Cio’ non significa pero’ un
pacifismo di tipo gandhiano. La nostra disobbedienza e’protetta, collettiva
ed auto-organizzata. Con la nostra azione vogliamo dimostrare nei fatti come
tra il potere imperiale e la moltitudine si dispone sempre una violenza
istituzionale. Nelle nostre azioni abbiamo impiegato solamente strumentazioni
di difesa collettiva e personale (gommapiuma, camere d’aria, scudi ecc.), ma
mai strumenti di offesa.
La nostra forma di lotta ha avuto un notevole successo perche’ ha costituito
una valida alternativa sia agli scontri dove volano pietre e bottiglie che
alle tradizionali e rituali marce pacifiste. Secondo noi l’azione diretta
deve allargare il proprio consenso, offrire la possibilita’ a sempre nuovi
soggetti di partecipare. L’azione diretta non puo’ e non deve essere una
questione relegata solamente a piccoli gruppi marginali o avanguardie.
Nella nostra attivita’ e’ anche centrale la dimensione del biopolitico: il
corpo e’ l’oggetto e il soggetto della lotta. Il corpo e’ la nostra arma.
Nella lotta delle tute bianche si esprimono praticamente il concetto di
biopolitica e le analisi relative ad esso derivati tra gli altri da Michel
Foucault e dal femminismo.
La lotta e’ globale
Riteniamo in linea di principio che oggi la battaglia politica si esprime
innanzitutto a livello globale. Lo spazio politico dello stato nazionale
scompare e il nostro obbiettivo e’ di agire come soggettivita’ organizzata ad
un livello che sia come minimo europeo. Come abbiamo spesso detto noi non
siamo contro l’Europa, ma per l’Europa. Ma non a favore dell’Europa dei
burocrati e della Banca Centrale, ma per un’Europa dei diritti universali di
cittadinanza. Non abbiamo nulla a che vedere con chi si oppone all’Europa in
nome della nazione. Per noi federalismo non significa costruire un’Europa che
sia provincia dell’Impero, ma nuovi spazi di liberta’ e partecipazione, di
democrazia diretta e di spazi allargati di partecipazione per le comunita’
locali.