CHI E’ SENZA PECCATO SCAGLI LA PRIMA PIETRA!

Tute bianche e violenza

Nel corso degli ultimi giorni ci siamo accorti che si sta svolgendo un dibattito animato avente come oggetto il modo di relazionarsi delle tute bianche alla violenza a Praga ed a Goteborg. Ieri e domani.

Per iniziare avremmo certamente apprezzato se qualcuno avesse tentato di definire che cosa si intende con i termini violenza e non violenza anche se sulla base dei dibattiti ai quali abbiamo assistito in passato ci sembra che gia’ in prima approssimazione – nella definizione del terreno del discorso – che non sia possibile raggiungere un consenso tra coloro che si trovano qui a dialogare. Secondo alcuni bloccare una strada o impedire il passaggio ai delegati che partecipano ad una riunione sono atti che ledono i diritti fondamentali degli individui. Secondo altri colpire con un bastone un robocop in assetto anti-sommossa e’ un atto legittimo (ovvero non un atto violento). Secondo altri ancora la violenza e’ legittima e quindi non-violenza, secondo altri essa e’ alcune volte legittima, secondo altri ancora l’uso della violenza e’ sempre un qualcosa di negativo. Ci sono quelli che si rapportano a tutta la questione in modo del tutto pragmatico. Altri ancora pensano all’aspetto estetico ed al fatto che certe immagini di certo non avvicinano le persone ai movimenti. Il lettore attento capira’ fin da subito che il dibattito relativo alla violenza non e’ cosa esclusiva degli attivisti dei movimenti sociali. Leggiamo ogni giorno di giudici che si domandano fino a che punto l’autodifesa e’ consentita, se per bloccare un ”criminale” si puo’ non rispettare la legge, ci si domanda se i cittadini del Texas giustiziati da George W. Bush siano vittime di un crimine o oggetto di una procedura giuridica.

E’ evidente che violenza e sovranita’ sono in un qualche modo strettamente legati fra di loro. Puo’ essere una guerra umanitaria? Puo’ essere l’agitarsi di un bastone un qualcosa di umanitario? Un teorico dello stato disse che sovrano e’ colui che decide dello stato d’eccezione ovvero colui che puo’ utilizzare la violenza senza dover incorrere nelle conseguenze legali di tale atto. La sovranita’ e’ quindi innanzitutto possibilita’ di utilizzare la violenza. La violenza e’ la base di ogni forma di sovranita’. Per noi il problema e’ ben piu’ complesso. Il nostro modo di agire e di pensare si pone contro ogni forma di potere. Allo stesso tempo ci arrovella la questione del come costruire sovranita’ senza sovranita’, del come impiegare la forza senza uso della forza, del come essere normativi senza norme. Diciamo chiaramente che noi non abbiamo che risposte contraddittorie a questi interrogativi. Noi non ci sogniamo neppure di dire che abbiamo risposte univoche. Parole e atti, al contrario di cio’ che si comunemente crede sono sempre in contraddizione tra di loro, per il semplice motivo che sono due cose assolutamente distinte. La teoria ed il suo oggetto non sono la stessa cosa.

Alla luce di tutto cio’ possiamo dire che il consenso sulla definizione di violenza e non-violenza non c’e’ e probabilmente non ci sara’ mai. A dire il vero cio’ che ci sorprende di piu’ e’ perche’ si dovrebbe trovare una risposta condivisa da tutti. Se da Seattle e Praga qualcosa abbiamo imparato e’ che non esiste piu’ un movimento unitario. La vita dopo Seattle e Praga e’ pura e semplice moltitudine che e’ impossibile unire in modo artificiale o politico. Gli unici termini di unita’ per noi sono quelli dell’agire come esercito senza armi, che difende la possibilita’ stessa di questo spazio per la moltitudine. Muri di gomma, barricate, abiti imbottiti non sono altro che garanzia di moltitudine. Non rappresentano nessuno, a onor del vero non sono neppure una tendenza politica. Sono solo strumenti che i soldati portano con se. I soldati dell’esercito degli invisibili. Per essere onesti diciamo che riteniamo giusto che proprio a noi si chiedano risposte sul tema della violenza e non-violenza. Cio’ viene chiesto a noi perche’ noi viviamo in quella sottile terra di nessuno che li divide. E noi non vogliamo fare un passo in una direzione o l’altra. La nostra forza e’ proprio qui. Non siamo cosi’ stupidi da lasciare le nostre trincee per lanciarci in un attacco suicida, allo stesso tempo non siamo disposti a fuggire in preda al panico. Per essere esatti noi non viviamo nella trincea, noi siamo la trincea.

Spesso citando il filosofo francese Louis Althusser abbiamo detto che la contraddizione e’ il nostro metodo. Questo forse spiega perche’ sia possibile prendere a legnate e gassare i robocop di Praga (come certi solerti personaggi si sono sbrigati a testimoniare anche con fotografie) e allo stesso tempo parlare di non-violenza. La frase ”la contraddizione e’ il nostro metodo” e’ uno di quegli strani ossimori che ci contraddistinguono come il ”comandare obbedendo, obbedire comandando” e via dicendo. Fa parte di quella stessa serie di frasi postmoderne, segno dei tempi, che appartengono anche all’impero: ”guerra umanitaria”. Certo ci fa piacere che esistano tendenze politiche o comunita’ che grazie alle loro ideologie hanno risolto tutte le contraddizioni. Forse converrebbe chiedere a loro delle risposte. Perche’ noi, contraddittori e postmoderni, dovremmo dare delle risposte? Sono le scimmie bianche degli animali cosi’ strani che devono esser dipinti del colore della terra? Anche perche’, come ci insegna la nota favola, anche noi ci accorgiamo talvolta che all’improvviso il nostro volto e’ del colore della terra, che la faccia che ci guarda dall’altra parte dello specchio forse non e’ piu’ il nostro volto. Questo e’ l’effetto che fanno quelle foto di fantasmi bianchi che impugnano i bastoni sul ponte di Praga. Pensiamo sia lo stesso sentimento che i nostri compagni hanno provato al tempo in cui l’EZLN gli affido’ la responsabilita’ dell’integrita’ fisica della Commandancia...ed era gia’ sei settimane fa’.

Non-violenza e violenza non sono per le tute bianche una scelta ideologica o un feticcio da difendere sempre e in ogni luogo. E’ l’EZLN un esercito guerrigliero? Hanno gli zapatisti impiegato le armi sul serio? Sono le nostre sorelle ed i nostri fratelli del Chiapas dei guerriglieri o solo una caricatura postmoderna di questa figura? Per noi lo zapatismo e’ un modo di agire e un modo di pensare, che in modo creativo abbiamo abbracciato e che non ci stancheremo di arricchire.

Riguardo violenza e sovranita’ non possiamo dare altra risposta che essi devono essere minimizzati. Se per fermare un manganellatore occorrono materassi e scudi, noi li impeghiamo. Se per fermare dei paramilitari bisogna utlizzare modem e pc-portatile, siamo sicuri che i nostri compagni della Selva li impiegheranno. Se per fermare un attacco di fascisti contro la nostra comunita’ dobbiamo utilizzare dei bastoni, allora il bastone e’ la nostra arma. ACCETTIAMO VIOLENZA E SOVRANITA’ SOLAMENTE SE IL LORO IMMEDIATO RISULTATO E’ LA DIMINUZIONE DI VIOLENZA E SOVRANITA’. Abbiamo detto IMMEDIATO risultato e non un risultato che si puo’ vedere fra un anno, dieci o cento.

A coloro che si meravigliano dell’uso dei bastoni sul suicide bridge di Praga vogliamo dire due cose. Il fatto che su quel ponte c’eravamo proprio noi non e’ un caso. E’ il risultato di un consenso sorto tra le diverse soggettivita’ coinvolte. Dopo Praga nessuno ci e’ venuto a chiedere di render conto delle nostre azioni. Certo che se a qualcuno della battaglia di Praga e’ rimasto in mente il fatto che le tute bianche hanno bastonato e gassato i robocop locali, possiamo certo dire che costoro non hanno molto capito di cio’ che politicamente Praga ha costituito. La stessa considerazione vale anche per coloro che pensano che i blu abbiano rovinato la festa.

L’uso dei bastoni a Praga e’ un’azione le cui conseguenze ricadono solamente su di noi. Non ci interessa con foto o altro materiale di prova chiarire cosa hanno fatto o non fatto gli altri. Ognuno e’ innanzitutto responsabile per le proprie azioni. Forse l’uso dei bastoni a Praga ha allontanato delle persone da noi, forse allo stesso tempo ha avvicinato altre soggettivita’ al nostro percorso. Lo stesso vale per il McDonald di Praga, la cui rapida occupazione venne rivendicata apertamente ed alla luce del sole a Namesty Miru. Per noi Jose Bove non e’ un mito. Ha distrutto un luogo di oppressione e 50.000 persone lo hanno appoggiato. Egli e’ riuscito ad allargare il consenso attorno alla propria azione. Alcuni di noi sono del parere che l’uso dei bastoni a Praga ha avvicinato a noi piu’ persone di non quante se ne sono andate. Altri sono del parere opposto. In ogni caso riteniamo che la questione relativa al consenso ottenuto o meno dalle tute bianche sia una cosa interna delle tute bianche. Noi rispondiamo delle nostre azioni. Il progetto delle tute bianche e’ tanto forte quanto esso e’ forte.

Possiamo dire con gli strumenti di analisi che abbiamo a disposizione in questo momento che l’uso dei bastoni non si ripetera’ a Goteborg. Comunque dobbiamo anche dire che la decisione sui metodi di azione a Goteborg deve essere presa al Convergence Center in modo unanime. Noi non decidiamo per conto di tutti riguardo cio’.

Le proposte che le tute bianche porteranno al Convergence Center di Goteborg saranno molto probabilmente quelle di sfidare il divieto a manifestare nei pressi del Centro Congressi della citta’ in modo NON-VIOLENTO. Siamo sicuri che le forze di sicurezza tenteranno di impedire in modo violento il nostro tentativo. Per questo non ci faremo trovare impreparati, la disobbedienza civile non-violenta sara’ protetta. Sappiamo per certo che anche altre proposte verranno fatte. Noi rispettiamo anche queste proposte anche se ci muoveremo in modo diverso. Vogliamo dire con cio’ che sappiamo di essere solamente una componente del movimento che convergera’ a Goteborg. Non vogliamo rappresentare nessuno e non vogliamo parlare per conto di nessuno. La conseguenza delle nostre azioni riguarda solo noi.

Chi e’ senza peccato scagli la prima pietra !!!