10 Gennaio 1998

La Francia è diversa

"Queste mobilitazioni pongono il problema politico dell'incontro tra disoccupati e lavoratori"

GUIDO CALDIRON -

UN GRANDE MOVIMENTO di lavoratori, precari e disoccupati che possa imporre nuove regole per il lavoro e contribuire a distribuire in altro modo il reddito, ma anche i diritto sociali. Per Alain Bihr le lotte di disoccupati francesi di questo ultimo mese, un progetto ce l'hanno già, e molto più vasto e articolato del premio di Natale che viene richiesto oggi.

L'autore di Dall'assalto al cielo all'alternativa (Biblioteca Franco Serrantini, Pisa), di cui è prevista una nuova edizione italiana per il prossimo mese, e Pour en finir avec le Front National , tradotto da noi come L'avvenire di un passato (Jaka Book), vede nelle occupazioni delle sedi dell'Assedic, dove si ritira il sussidio degli chomeurs, una domanda di piena cittadinanza, di rivendicazione di diritti dovuti, sanciti fin dalla carta costituzionale francese. "La richiesta di un salario sociale per i disoccupati - ci spiega, all'inizio della nostra conversazione -non può essere separata dall'idea di una nuova divisione del lavoro, che escluda ogni tipo di marginalizzazione".

Per il filosofo di Strasburgo che ha analizzato da anni le trasformazioni del movimento operaio e la crisi radicale del compromesso fordista, il lavoro resta comunque l'orizzonte comune delle lotte sociali di questi anni, che riguardino gli occupati o i disoccupati.

Gli abbiamo chiesto di definire per il manifesto l'orizzonte che ha davanti a se il movimento delle ultime settimane, che, forse per la prima volta con questa ampiezza, mette insieme i grandi "protagonisti" dello sviluppo produttivo di questi ultimi anni: gli esclusi dal lavoro.

"Ho seguito - continua Bihr - lo sviluppo del movimento nella zona della mia città, Strasburgo, e ho incontrato i disoccupati durante le loro iniziative. Devo dire che, al di là delle rivendicazioni più immediate, mi sembrano convinti che la vera soluzione resti quella della richiesta di lavoro, e l'orizzonte più logico della loro lotta quello di 'incontrare' il movimento dei lavoratori".

In questo senso, oltre alle richieste immediate quale può essere lo scenario che si comincia a comporre intorno a questo movimento?

E' molto difficile da dire, anche se sono convinto che molto dipenderà dai legami che si andranno costruendo con i lavoratori. Una fase dove disoccupati, precari e lavoratori possano ritrovarsi su dei punti comuni come, primo fra tutti, quello della riduzione dell'orario di lavoro. Non dobbiamo dimenticare che in questo momento, attende in Parlamento il dibattito sulla legge sulla riduzione dell'orario di lavoro".

Le lotte degli chomeurs hanno preso corpo proprio ora che con il governo Jospin, si è tornati a parlare di "gauche pluriel", si può pensare a un'onda lunga dei movimenti sociali che, dopo aver sostenuto la sconfitta elettorale della destra, continuano a porre le proprie domande anche al nuovo governo di sinistra?

Credo che più che a un legame diretto con le vicende politiche elettorali, questo movimento vada messo in relazione alle lotte contro la riforma della protezione sociale del governo precedente di Juppè. E, soprattutto, ha un legame evidente con le "marce per il lavoro" che hanno attraversato anche tutta la Francia e che si sono concluse a Amsterdam lo scorso giugno con una manifestazione europea.

La sinistra al governo a Parigi, che ha senz'altro beneficiato di quel nuovo clima sociale, mi sembra anzi del tutto sorda, malgrado le dichiarazioni dello stesso Jospin, alle rivendicazioni di questi giorni. Non hanno nulla da rispondere davvero alle domande dei disoccupati, nulla da proporre, prigionieri come sono degli equilibri di budget e del loro impegno nella costruzione europea di Maastricht.

Questo malgrado il governo di Jospin faccia scuola per tutta la sinistra in Europa sulla questione delle 35 ore?

Se il movimento di questi giorni cresce e riesce a rafforzarsi, credo che scoppieranno alcune contraddizioni molto serie nel governo della cosiddetta "gauche pluriel". E' per questo che non credo che possa andare davvero così lontano.

Non va dimenticato che a marzo in Francia ci saranno le elezioni regionali e non credo proprio che Verdi e Pcf siano interessati, sostenendo i disoccupati, a condurre le critiche e la possibile crisi nel governo così in fondo.

Nel definire la genealogia del movimento degli chomeurs non hai però citato la lotta dei "sans papiers", malgrado abbia contribuito a creare un nuovo clima di mobilitazione, che ha coinvolto forze che vanno ben oltre quelle dei soli immigrati...

Certo, anche se i protagonisti sono diversi, è chiaro che tutto questo rientra in uno stesso processo di ridefinizione dell'idea di cittadinanza nel nostro paese. C'è da dire che però, almeno per il momento, questi due movimenti sono organicamente separati. O meglio, bisogna tenere conto del fatto che in questi anni il movimento operaio classico è cambiato e che non esiste più alcuna sezione sindacale in cui non ci si sia posti il problema di discutere della disoccupazione e dello statuto degli immigrati.

Ma, malgrado questo, le lotte dei "Sans papiers" e degli "chomeurs", hanno conosciuto una genesi diversa, che non li ha unificati, fino ad ora.

Proprio a Strasburgo, negli ultimi giorni, si è tornati ancora una volta a parlare delle banlieues e dei loro problemi. Un altro elemento che, accanto ai diritti dei disoccupati e degli immigrati, sembra caratterizzare la crisi attuale dell'idea francese di cittadinanza.

Di banlieues in Francia si parla spesso a sproposito. La marginalità sociale dei giovani di queste zone è enfatizzata a tal punto dai media che mi chiedo cosa resterà davvero di tutto quello che viene detto e scritto oggi su di loro.

E' difficile scorgere compiutamente quello che emerge dalle banlieues, e io stesso non mi sento in grado di farlo. Capisco le rivendicazioni dei disoccupati che sono poste in termini di diritti, o quelle degli immigrati che scelgono di occupare una chiesa per rivendicare i loro diritti di cittadini. Ma bruciare a caso decine di macchine come è successo a Strasburgo la notte di Capodanno, non so cosa possa significare e dove possa condurre. Anche se le sole misure prese dopo questi fatti sono unicamente nel segno della repressione.