10 Gennaio 1998
CARLA CASALINI -
UN MILIARDO di franchi destinati al fondo di "emergenza sociale", un decreto la prossima settimana per finanziarlo. Questa è stata la prima risposta di Lionel Jospin al movimento dei disoccupati. La premessa essendo l'averli legittimati come "suoi" interlocutori: e anche questo segna la novità del governo francese, visto che è la prima volta che si accetta di discutere riconoscendo le rappresentanze sociali che via via si formano.
Non è un caso infatti che, per legittimare i rappresentanti dei disoccupati, Jospin abbia accettato di incassare l'opposizione non solo dei padroni ma anche dei sindacati (solo la Cgt, in questo specifico caso, non si è unita al coro), i quali pretendono di essere le "parti sociali" legittimate istituzionalmente a riassumere in sè come rappresentanza tutto ciò che esiste, e anche ciò che non sono invece per nulla in grado di rappresentare.
La differenza del comportamento di Jospin dalla palude e prudenza buonista del governo italiano non può essere più stridente. Ma va anche aggiunto che qui non c'è stato alcun movimento capace di imporre alla discussione politica le questioni di fondo, come invece è già avvenuto e continua ad avvenire in Francia. Speriamo di non doverne dedurre che è l'eccessivo peso del sindacato nostrano - peso istituzionalmente riconosciuto, al di là delle nuove avventure della rappresentanza - e il suo orientamento moderato, a fare da "tappo" a qualunque possibile movimento sul lavoro e non lavoro.
Ma Jospin continua a insegnare qualcosa anche nel "secondo passo". La sua risposta è stata infatti giudicata insufficiente dalle organizzazioni dei disoccupati, e allora il primo ministro - che pure non è un barricadiero insensibile alle "compatibilità" pretese dalle aziende, nonché a quelle dell'Euro - ha accettato la sfida: "Continuiamo a ragionare su come fare sul problema della disoccupazione e dell'esclusione, su cui il governo ha molte proposte articolate da lanciare", ha proposto al movimento dei disoccupati. I quali nel frattempo gli hanno fatto sapere che, per accettarli come interlucori, Jospin deve anche accettarne la soggetitività articolata nel movimento sociale: per esempio il metodo dell'occupazione delle sedi pubbliche deputate ai sussidi sociali, che non intendono interrompere.
Ancora ieri, infatti, 19 sedi Assedic - facenti capo all'Unedic, l'organismo nazionale paritetico di padroni e sindacati che eroga i sussidi - erano occupate dai dimostranti, più alcuni altri uffici pubblici. Le organizzazioni dei disoccupati rivendicano loro stesse queste azioni non solo come simbolo di identità ma anche come forma di pressione sul governo che non ha ancora "previsto nulla per alzare i minimi sociali, né per dare sussidi ai giovani sotto i 25 anni". Perciò le associazioni di disoccupati intendono continuare la mobilitazione, e, insieme ai comitati della Cgt propongono "dibattiti nei quartieri e in azienda" sui problemi della disoccupazione, per organizzare una manifestazione a metà gennaio, ma insieme dicono di sottoporsi alle forme di azione che saranno decise localmente dalle assemlee generali di territorio.
"E' un movimento destinato a durare a lungo", ha precisato per le associazioni Malika Zediri dell'Apeis; e Hubert Constancias, presidente di Mncp, ha precisato che nessuno può farsi "portaparola" di un movimento che deve decidere da solo nelle sedi concretamente e socialmente legittimate.
Per quanto riguarda le reazioni ufficiali, sindacali e politiche, alla proposta di Jospin ai disoccupati, esse sembrano seguire le preoccupazioni degli equilibri tra le diverse forze della maggioranza governativa, e i contrasti interni a ciascuna forza, in misura preponderante rispetto al merito delle questioni poste dal movimento dei disoccupati.
Così possiamo registrare le reazioni dei dirigenti socialisti Ayrault e Bartolone, che salutano la capacità "di ascolto del governo".E quella del segretario del Pcf Robert Hue che spinge oltre chiedendo una tassazione dei redditi più alti e dei profitti sul capitale speculativo.