04 Gennaio 1998

Disoccupati e precari, ma anche cittadini

Era la richiesta di un'una tantum di fine d'anno. E' diventato un movimento di disoccupati che si estende in tutto il paese

BEPPE CACCIA, LUDOVIC PRIEUR * -

È UN FINE D'ANNO di fuoco, per il governo Jospin: non solo quello acceso dai giovani di diverse periferie francesi, ma soprattutto quello che sta riscaldando il clima sociale. Un mese fa partiva la prima occupazione della sede di Marsiglia dell'Assedic (l'agenzia che gestisce i sussidi di disoccupazione), ed era stata proposta da diverse associazioni di disoccupati - tra le quali Ac! ("Agire insieme contro la disoccupazione", tra i promotori delle Marce europee conclusesi ad Amsterdam) - una settimana di mobilitazione sull'"emergenza sociale". Obiettivo: ottenere subito un "Premio di Natale" di tremila franchi (circa 900 mila lire), l'aumento dei minimi sociali di 1.500 franchi e l'accesso per i giovani di età inferiore ai 25 anni al Reddito minimo di inserimento (Rmi), il tutto alla vigilia del dibattito parlamentare sulla politica economica e sociale del governo Jospin.

Sorprendendo tutti, compresi gli stessi protagonisti, la campagna di mobilitazione si è trasformata in un vero movimento sociale, in cui si è ritrovato l'insieme delle figure che popolano gli uffici di collocamento.Ci sono la donna divorziata con tre bambini a carico, disoccupata da anni e che vede il "Premio di Natale" come l'unica soluzione per offrire ai suoi figli delle feste dignitose; il "quadro" quarantenne, licenziato da una piccola impresa del Nord della Francia, che non aveva mai partecipato in vita sua ad uno sciopero ed è oggi costretto a sopravvivere con l'Rmi; il giovane precario parigino che non ha mai conosciuto un contratto di lavoro più lungo di sei mesi e che non ha speranza (e forse l'intenzione) di trovare un lavoro fisso...

La varietà di queste figure sociali dimostra quanto sia oggi inapplicabile, ai 23 milioni di "senza lavoro" europei, la definizione classica, keynesiana, di "disoccupazione": questa cifra non indica più una categoria sociale omogenea, quanto un'esclusione generalizzata dallo "statuto sociale" di cittadino-lavoratore, con ciò che ne consegue dal punto di vista dei diritti-garanzie e del reddito. Ed è proprio l'aver posto al centro delle rivendicazioni la conquista di un reddito come "diritto universale ad un'esistenza degna" (a partire dalla redistribuzione di una ricchezza sociale che tutti contribuiscono a produrre) a risultare il principale vettore della ricomposizione di soggetti frammentati, dispersi ed atomizzati. Così è possibile sfuggire sia al riprodursi di stratificazioni di tipo corporativo, che all'improbabile richiamo di suggestioni assistenzialiste o al miraggio del "pieno impiego".

Risultato di queste settimane di lotta: i telegiornali aprono con le immagini delle occupazioni (Assedic, servizi sociali comunali, sedi del Partito socialista...), di comizi, di blocchi ferroviari, di azioni di autoriduzione nei supermercati e nei pedaggi autostradali, nei grandi alberghi e nei ristoranti di lusso di Parigi. A parlare sono, per la prima volta, i diretti protagonisti. Cristophe Aguiton (del sindacato indipendente autorganizzato Sud, un cui articolo pubblichiamo qui a fianco), Laurent Guilloteau (della rete dei precari/disoccupati Ac!) e altri diventano interlocutori dei media, ma anche controparti del governo.In questo movimento sociale prende così corpo una prima forma di rappresentanza effettiva e visibile delle nuove figure sociali prodotte dalla trasformazione postfordista. Il governo chiede ai prefetti di aprire "tavoli di crisi" con la partecipazione dei comitati in lotta, per assegnare contributi ai disoccupati in maggiori difficoltà. Gayssot, il ministro comunista dei trasporti, e Martine Aubry, la ministra dell'occupazione, hanno ricevuto le associazioni dei disoccupati. Il 63% dei francesi appoggia la mobilitazione, e non si contano gli atti di concreta solidarietà con gli occupanti. Ulteriore elemento di novità è la convinta partecipazione dei comitati di disoccupati della Cgt. Messe da parte le diffidenze, è evidente la scelta politica del Partito comunista, pure al governo, di imporre al dibattito della maggioranza il problema dell'occupazione, ma anche la questione del welfare e dei nuovi diritti.Con l'inizio del nuovo anno il movimento, ribaltando tutte le previsioni, si va estendendo. Le occupazioni proseguono e se ne segnalano di nuove: l'ultima è iniziata a Nantes il 2 gennaio, e il governo è ora costretto a rispondere.

Centralità politica della battaglia sul reddito, organizzazione - nel conflitto - delle nuove figure sociali postfordiste, costruzione di percorsi che coinvolgano anche componenti sindacali e di partito: "Fare come in Francia" può diventare il credibile proposito di tutte quelle forze sociali e politiche che anche in Italia hanno, negli ultimi tempi, iniziato a sillabare una riflessione sul nesso lavoro/nonlavoro/reddito. E se Maastricht condiziona le scelte di tutti i governi nazionali, la questione delle 35 ore ha mostrato come - viceversa - le scelte di singoli paesi possano produrre effetti a catena in tutta Europa.

I tempi del dibattito a Montecitorio sulla legge per la riduzione dell'orario coincidono con quelli dell'Assemblea nazionale francese. Riusciremo a sincronizzare anche gli orologi dei movimenti?

* dei centri sociali del nord-est