PARIGI - "La disoccupazione non è più una sorta di malattia
del lavoro, ma un'esclusione durevole. Oggi si può essere disoccupato
come si è giovane o pensionato. La società francese ne è
cosciente e dice con chiarezza ai governanti che il contratto sociale non
è più rispettato".
Secondo il sociologo Alain Touraine è questa la radice del conflitto
dei senza lavoro, al quale il governo Jospin non riesce a mettere fine.
Come nell'autunno '95, quando fu paralizzata per un mese dalla rivolta
dei ferrovieri, la Francia occupa la ribalta sociale europea, ma questa
volta su un terreno molto diverso: "Nel 1995 - spiega Touraine - c'era
un fatto preciso, la riforma del sistema previdenziale che si scontrava
con la difesa degli interessi dei ferrovieri che non sono, pur con tutto
il rispetto, i dannati della terra. Questa volta, e ciò è
molto più positivo e importante, la società francese riconosce
che la disoccupazione a lungo termine è diventata una situazione
da cui è impossibile uscire".
Nasce da qui l'organizzazione dei disoccupati al di fuori dei canali tradizionali?
"In generale i disoccupati non si muovono collettivamente, perché hanno sempre la speranza di trovare una soluzione individuale. Ma quando si capisce che non se ne esce, si creano elementi di coscienza collettiva. Oggi la società ha l'impressione che essere disoccupato sia uno statuto sociale e lo testimoniano certe espressioni, come "disoccupato di padre in figlio". Finisce per crearsi una rappresentazione sociale del disoccupato come categoria e quindi diventa possibile la sua rappresentazione politica. Nei paesi che hanno la fortuna di avere dei sindacati, come l'Italia, sono loro ad assicurare, almeno in parte, la comunicazione tra l'economico e il sociale. In Francia non abbiamo sindacati, se non per la difesa degli interessi del settore pubblico, e siamo obbligati a passare attraverso gruppi marginali o gauchisti. Il significato, tuttavia, non è diverso, perché essi esprimono quel che pensano i francesi e cioè che oggi è fondamentale difendere l'integrazione della società francese".
Questo processo è stato facilitato dall'esistenza di un governo di sinistra?
"Dal 1991 la società francese considera la disoccupazione come
il problema principale, pensa che non ci siano più scelte di destra
e giudica i governi sulla capacità di aiutare i senza lavoro o di
ridurre la disoccupazione. Il giudizio sulla società determina il
giudizio politico. Al giorno d'oggi i francesi hanno una concezione strumentale
e non ideologica della politica".
Questo vuol dire che destra e sinistra sono uguali o sono considerate
tali?
"No, vuol dire che questa società si sente minacciata nella
sua stessa esistenza come società. Il tema dell'integrazione sociale
prevale su quello della politica economica. E ciò diventa più
chiaro mano a mano che ci si avvicina alla scadenza decisiva dell'euro:
i francesi hanno l'impressione che ci sia una logica esterna alla quale
si sacrifica tutto e che i problemi dell'integrazione sociale siano diventati
subordinati o trascurabili o in ogni caso non fondamentali agli occhi di
chi governa. Con il sostegno dell'opinione pubblica al movimento dei disoccupati
la società francese dice di voler esistere come società e
non semplicemente nel mondo delle merci".
Perché la Francia vive questa transizione in maniera più drammatica di altri paesi?
"C'è una reazione particolarmente forte perché le decisioni sulla moneta unica sono imminenti. Poi ci sono forse le nostre tradizioni politiche e anche il relativo gauchismo del governo Jospin rispetto a Blair o Prodi o D'Alema, che rappresenta un incoraggiamento, un'aspettativa positiva per un movimento come quello dei disoccupati. L'esperienza dimostra che il governo ha fatto un errore di analisi molto grave. La gente pensa all'enormità degli sforzi economici che sono stati fatti, alle cifre spese per far vivere imprese in difficoltà, come il Crédit Lyonnais, senza che i responsabili delle perdite siano stati puniti. E li compara alla situazione disperata di uno o due milioni di persone e all'incapacità della società francese a migliorare la loro condizione".
Come riassumerebbe, professor Touraine, il senso del sostegno dato dai francesi ai disoccupati?
"In modo molto semplice: la società dice che l'apertura economica dev'essere compatibile con l'integrazione all'interno della società nazionale".