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Dall'antiproibizionismo ad una cultura sulle droghe.



La lotta antiproibizionista a Vicenza inizia ancora prima della nascita del Centro sociale. Già all' inizio del 1994 si apre in città, ad opera del Collettivo Ca'Balbi, una forte mobilitazione a sostegno di un'iniziativa giuridica avviata dal compagno Pieretto con la presentazione del primo ricorso in Italia contro il provvedimento di sospensione della patente per supposto uso di cannabis. Il procedimento avviato su tale ricorso si conclude con una sentenza "storica" che sancisce l'illegittimità del sistema di prova posto a base dei provvedimenti di sospensione e revisione della patente ,cioè i famigerati test delle urine. Questa importante vittoria del movimento antiproibizionista è stata raggiunta grazie anche alle numerose iniziative messe in atto dai compagni del Collettivo, come i ripetuti presidi in Tribunale durante le udienze del processo, le spinellate di gruppo davanti alla Prefettura, le assemblee pubbliche organizzate per avviare una necessaria discussione sul tema delle sostanze psicoattive. Ricordiamo anche una riuscitissima festa antiproibizionista organizzata al Palazzetto dello sport, durante il periodo del processo, che ha visto la partecipazione di oltre 1400 persone nonostante il tentativo da parte delle forze dell'ordine di creare un clima d'assedio mediante lo schieramento, davanti all'entrata della festa, di numerosi automezzi blindati e di un intero pullman di carabinieri. L'ottima riuscita di questa festa è stata una fondamentale conferma dell'importanza di avviare e sostenere un forte movimento antiproibizionista in risposta alle numerose azioni repressive messe in atto in città contro i consumatori di cannabis, soprattutto attraverso la procedura della ritiro della patente. Anche dopo la conquista del Centro sociale la lotta antiproibizionista resta al centro delle attività politiche dei compagni. Viene istituito presso il C.s. un punto di difesa legale in grado di fornire le prime indicazioni utili a coloro che sono colpiti da provvedimenti repressivi in tema di droghe. Viene prodotto materiale informativo e di denuncia che viene raccolto in due successivi dossier distribuiti presso il C.s. Ya Basta! e gli altri Centri sociali della regione. Il Centro sociale, convinto dell'importanza crescente che la lotta antiproibizionista va assumendo un po' in tutte le realtà antagoniste, si fa promotore della costituzione di una Rete territoriale antiproibizionista che, sebbene con qualche incertezza e defezione iniziale, diventa un'importante ambito di scambio di informazioni, di esperienze, di opinioni, di idee nuove, nonchè il luogo ideale per la proposta di iniziative comuni. Con l'intento di denunciare la grave situazione in cui si trovano i consumatori di droghe in Italia, di cannabis in particolare, a causa della legge iperproibizionista Jervolino-Vassalli, e di rivendicare il diritto di autodeterminazione dei propri comportamenti individuali, vengono organizzate due partecipate iniziative a sostegno dell'immediata liberalizzazione della cannabis indica e della sua autoproduzione diffusa: la Festa del Raccolto nel mese di novembre '95 e la Festa della Semina nel Febbraio '96. Lo sviluppo del dibattito su questi argomenti, all'interno del Centro sociale ma anche nel più ampio contesto della Rete territoriale, ha comunque portato alla luce alcune valutazioni critiche rispetto agli elementi caratterizzati la lotta antiproibizionista condotta sin qui un po' in tutte le realtà dell'autorganizzazione: spesso questa lotta si concretizza nella rivendicazione del diritto di fumare le canne e in una certa tendenza ad interpretare tale uso come portatore di significato o di antagonismo in s& egrave. Inoltre spesso la cannabis viene vista come una pianta semi-miracolosa, in grado di risolvere tutti o quasi i mali dell'umanit&a agrave. Rispetto a una tale interpretazione dell'antiproibizionismo, termine per altro che assume significato solo in relazione al suo opposto, nasce la necessità di iniziare a sviluppare qualcosa in avanti, qualcosa che serva a reinterpretare alcune categorie fondamentali, come quelle di DROGA, di TOSSICODIPENDENZA, di STATO MODIFICATO DI COSCIENZA ecc. Inoltre, al fine di affrontare questi complessi argomenti senza cadere in clamorose contraddizioni, pare necessario fare chiarezza su alcune questioni che potremmo definire ontologiche e che servono per stabilire un orientamento chiaro rispetto alle diverse sfaccettature del problema. Una di queste questioni è quella che potremmo definire la QUESTIONE MORALE in base alla quale è necessario sancire il principio di neutralità di tutte le sostanze psicoattive. Non sono infatti le sostanze in sè a poter essere definite buone o cattive, positive o negative, ma un'eventuale giudizio qualitativo è esprimibile unicamente in relazione all'uso che di tali sostanze si fa. Altro elemento desunto dall'analisi è l'importanza di appropriarsi, sviluppare, divulgare, conoscenze e saperi sulle caratteristiche farmacologiche delle varie sostanze psicoattive comunemente consumate nella nostra società:tali conoscenze risultano fondamentali al fine di ridurre i danni che tali sostanze, se usate inconsapevolmente o in modo inappropriato, possono produrre in chi le usa. La mancanza di un approfondimento degli aspetti economico-politici ma anche di controllo sociale che sono sottesi dal regime giuridico proibizionista, la diretta implicazione di tale regime con la questione del NARCOTRAFFICO e dell'ATTIVITA' REPRESSIVA è un altro degli elementi critici che abbiamo individuato. Altra questione basilare connessa all'uso di sostanze psicoattive è quella riguardante il legame, il collegamento, la relazione profonda che tale uso ha con gli aspetti culturali, sociali, economici relativi al contesto entro il quale tale uso si verifica. In altri termini è impossibile scindere il "FENOMENO DROGA" e una qualsiasi azione su di esso dagli aspetti generali dell'assetto societario entro il quale detto fenomeno di manifesta: l'uso di droghe è, infatti, condizionato in modo determinante dalle condizioni di vita a cui sono sottoposti coloro che vi ricorrono e quindi il problema dell'abuso o dell'uso improprio di tali sostanze non appare risolvibile senza prima aver trasformato radicalmente la società in cui viviamo. Chiunque ritenga superabili i danni prodotti dalle "droghe" senza affrontare le cause profonde del disagio sociale ed esistenziale non fa altro che bieco moralismo e demagogia. Potremmo definire questo fondamentale aspetto come la questione POLITICO-SOCIALE. Da quanto sopra emerge la necessità di imprimere all'intera problematica un salto qualitativo passando da un vuoto antiproibizionismo all'elaborazione e alla diffusione di una CULTURA SULLE DROGHE che abbracci l'insieme delle questioni sopra sollevate ed altre ancora. Questo salto qualitativo che, contando sulle sole forze delle soggettività antagoniste tradizionalmente intese, quelle che animano i Centri sociali per intenderci, risulterebbe proibitivo o implicherebbe un impegno enorme, potrebbe avvenire in modo efficace ed in tempi brevi se riuscissimo a coinvolgere in un tale progetto quella vasta rete di soggetti quali studiosi, medici, psicologi, sociologi, operatori ecc., portatori di reali e specifiche competenze al riguardo e spesso già personalmente impegnati per una trasformazione dello stato presente di cose. Inoltre ciò favorirebbe l'apertura di un nuovo spazio pubblico entro il quale sviluppare un dibattito costruttivo da cui far emergere proposte concrete di azione e trasformazione, mettendo al primo punto l'immediata abrogazione dell'attuale legge proibizionista e assassina Craxi - Jervolino - Vassalli.

COLLETTIVO ANTIPRO C.S.A. YA BASTA!-VICENZA



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