SPAZIO MERCATO e COMUNICAZIONE

I legami Spazio/Scambio e Spazio/Civiltà sono tratti originari dell'essere dell'uomo sullo spazio naturale.

A partire dalle vie dell'ambra del tardo neolitico, attraversando gli itinerari della devozione nell'Europa dell'alto Medioevo, le vie di scambio hanno rappresentato un veicolo di crescita tecnologica e di avvicinamento civile assolutamente calato entro l'alveo dei rapporti sociali. Dall'Inghilterra alla Spagna ed all'Italia viaggiavano beni e saperi che sottostavano alle leggi e consuetudini sociali di borghi e contadi; erano tanto mezzi di comunicazione quanto oggetti sottoposti a scambio mercantile. I porti, del Mediterraneo in particolare, videro nascere la percezione di uno spazio di scambio inscindibile da uno spazio di civiltà, dove tra uomini di commercio si costruì la mediazione di una lingua di mare, mescolanza di elementi italici, spagnoli, francesi ed arabi; una lingua gergale che richiama la natura gergale e nomadica di ciascuna lingua e di ciascuna civiltà che possegga e non sia posseduta dai propri canali di comunicazione e relazione sociale.

Gli "Spazi" si costituiscono a partire da reali processi sociali, ma si impongono ed assumono senso grazie alle definizioni che gli uomini ne danno e divengono inevitabilmente il riflesso di interessi di parte. Con il passaggio al moderno ed alla definizione di un'economia a base capitalistica comincia la resistibile ascesa del binomio Spazio/Scambio (autonomo ed economico) a scapito di quello Spazio/Civiltà (antropologico).

I nuovi spazi del capitalismo, i Mercati, crescono solo se posti in un etere autonomo e sottratto alla sostanza umana e naturale delle società che lo precedettero. Gli ambiti di mercato e scambio, sempre presenti dai tempi più remoti, divennero spazi di mercato autoregolati, che si sarebbero presto rivelati incapaci di crescita se non avessero partorito i mercati del Lavoro (quindi dell'uomo) e della Terra (cioè del piano naturale della vita stessa).

Questo processo non ha mai smesso di riprodursi: l'uomo produce incessantemente luoghi di scambio, arricchimento sociale e comunicazione che, principalmente dal '500-'600 ed in misura estrema dall'epoca industriale, vengono tendenzialmente assoggettati a definizioni ed usi sottratti al bene comune. Tali processi sono particolarmente evidenti nella sfera della cultura, nella definizione novecentesca di industria culturale, e rischiano di divenire sempre più acuti negli spazi della formazione, della scuola e dell'università dei sistemi di Welfare e negli spazi reticolari della comunicazione. Pertanto, definire degli Spazi di incontro, amicizia e riconoscimento reciproco è un processo motivo di innovazioni sulla via a più dimensioni dello sviluppo dell'uomo.

Ciò che non è necessario ed, anzi, assolutamente contingente, è che tali luoghi (insieme relazioni materiali e discorsive, prototipi mentali e genera-tori politici), lontani dal rimanere ricchi spazi pubblici, tendano ad astrarsi nella fogna dell'economia generalizzata. È proprio questa la battaglia che si sta combattendo intorno allo spazio comune telematico. Nei prossimi anni, sempre che tutto non sia già compromesso, si deciderà se questo diverrà un mercato, in cui trovare una collocazione attraverso meccanismi competitivi (a prescindere dal fatto che in esso si scambino o no beni e servizi), o se prevarranno altre definizioni, legate alla crescita di uno spazio comune di confronto e risoluzione delle controversie, di sviluppo ed incontro, in una parola uno spazio di comunicazione.

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