PER UNA CRITICA ECOLOGICA DELL’UNIVERSITA’

Può essere veramente difficile negare che nelle odierne società a capitalismo avanzato la formazione rappresenti un nodo cruciale per il mantenimento e lo sviluppo del sistema sociale. Il sistema della formazione e della ricerca mostra una determinante centralità, che prende forma, però, in una vasta rete di "fuochi" formativi -Università, fondazioni, agenzie di formazione avanzata e/o riqualificazione- , i quali evidenziano il passaggio del sistema economico che ha segnato per lo meno la seconda metà del ‘900 alla produzione diffusa, all’accumulazione flessibile. I due elementi della definizione, centralità e rete, rendono evidente che i processi di formazione si intrecciano sempre più, in forme complesse, ai processi per mezzo dei quali il linguaggio, il capitale cognitivo, il messaggio e l’informazione -non nel senso della doxa- si situano all’interno della produzione post-fordista.

Nell’Università vi sono due tendenze che divengono comprensibili se interpretate in questo senso. La prima risiede nel processo di differenziazione che coinvolge sia la modulazione della formazione - lauree brevi, diplomi universitari, etc. -sia l’estrema specializzazione dei percorsi di studio. La seconda è l’assunzione di responsabilità sociale da parte dell’istituzione universitaria ed il suo legame con il mondo del sedicente lavoro, la quale si nutre molto spesso di una retorica spiccia sulla necessità di legare formazione e professioni.

Ammesso che il quadro delineato sia con una certa approssimazione questo, noi crediamo che sia possibile fornire a tale contesto possibilità di sviluppo radicali che garantiscano da una parte la libertà dell’accesso per tutti alla formazione universitaria e dall’altra l’autonomia di scelta dei singoli e l’utilità generale dei fini della ricerca. Sebbene, crediamo, queste possibilità non debbano essere ricercate nuovamente, od esclusivamente, nei principi del diritto universalistico o nella presunzione di superiorità dell’Accademia sulla società nel suo complesso e sull’economia in particolare.

Potremmo, difatti, far declinare la differenziazione dei corsi e dei titoli di studio in atto verso una liberalizzazione progressiva dei piani di studio individuali, che a questo processo sarebbe assolutamente coerente. Ciò fornirebbe a ciascuno studente una possibilità reale di scegliere il senso e la via della propria formazione: se condurla verso il mercato o verso altre forme di socializzazione del sapere.

Allo stesso modo, la battente ideologia del legame Studio-Lavoro potrebbe essere combattuta proprio sul suo medesimo piano, quello dell’ibridazione dell’istituzione Università con gli altri soggetti attivi nel sistema territoriale che questa dovrebbe "servire". Ciò vuol dire introdurre una pluralità di soggetti sociali cointeressati -dall’associazionismo culturale e sociale fin alle istituzioni politiche locali- alla definizione delle scelte di progetto e sviluppo condotte dall’Università -leggi ad esempio consiglio di amministrazione- , che dovrebbero esser mosse, quindi, da un obiettivo "ecologico" e di sviluppo del sistema territoriale interagente con il sistema degli Atenei. Di conseguenza, questa prospettiva è decisamente divergente dalla volgare funzionalità della formazione al sistema economico odierno, dal momento che entrambi gli elementi sono parte di un sistema a rete di bisogni e compatibilità sociali molto più vasto.

Aprire un radicale dibattito intorno ad una prospettiva del genere vorrebbe dire, inoltre, tentare di escludere la selezione di mercato nella ricerca universitaria e la selettività di mercato per ciò che concerne l’accesso degli studenti alla formazione, senza però rifondare i concetti di libero accesso, libera formazione e libera ricerca sull’autonomia - nel senso di incontaminabilità - della Repubblica delle Lettere, delle Scienze e delle Arti, e neppure sulla forma istituzionale che tale universalità regge: la forma stato, la formazione ministeriale, etc.

A riguardo, possiamo proporre degli esempi propositivi di trasformazione.

1. Un’Università aperta ad una comunità locale complessa non avrà la possibilità di perimetrarsi limitando l’accesso degli studenti, anche opponendo i consunti motivi di tolleranza strutturale o di mercato. Viceversa dovrebbe favorire la massima libertà di accesso e di scelta dei percorsi formativi, nell’ottica dell’arricchimento del sapere generale della comunità.

2. Un’Università "ecologicamente" responsabile muoverebbe naturalmente le proprie risorse intellettuali ed immaginative nel potenziamento dei soggetti sociali circostanti, in forme anche estremamente variabili: riqualificazione per l’associazionismo, consulenze per enti di natura pubblica, forme di scambio dei saperi, presa in carico della risoluzione - tecnico-scientifica e non politica - di alcuni problemi sorti nel territorio di riferimento.

Situato su questo piano di interpretazione, il programma "ecologico" per un’università pienamente autonoma avrebbe il buon senso di istanze già segno di lotte passate, ma poste sotto la luce vivida dei processi sociali odierni. Ad esempio, ciò che chiediamo è la liberalizzazione dei percorsi e dei piani di studio, la libertà di accesso all’Università per qualunque cittadino lo desideri. Inoltre, desideriamo un’autonomia, gestionale e didattica, fortemente intrecciata al discorso dei soggetti attivi nella società e che si contrapponga al discorso centralizzatore degli apparati di Stato e di Mercato. Il nocciolo della questione andrà quindi affrontato non a partire dalla sterile contrapposizione tra le esigenze dell’individuo e le compatibilità di mercato, tra la protesta universalistica ed il presunto realismo dell’economia. Non ci faremo intrappolare su di un piano che ha tutto l’aspetto di un piano contraffatto, ideologico. Pensiamo, al contrario, che i diritti dei singoli alla formazione vadano ricercati fuori dal mercato e, tendenzialmente, fuori dallo stato; attraverso percorsi di confronto e comunicazione con la comunità locale ed i soggetti di promozione ed autorganizzazione sociale; sulla strada che costruisce, e sulla quale diviene, una libera Università Autonoma e non Statuale.

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