.Zip!:Il primo numero di Metropoli
fu poi sequestrato. Come andò?
P. V.: Il
primo numero di Metropoli fu sequestrato in tutte le edicole della Repubblica
all’inizio del giugno del 1979, due giorni dopo che era uscito. Naturalmente
questo era dovuto ad un insieme di cause, non solo al fumetto. Era dovuto
al fatto che su Metropoli scrivevano alcuni degli imputati del processo
7 aprile. Due mesi prima era scattata la gigantesca operazione di annientamento
in senso proprio dell’area antagonista, dell’autonomia operaia. Tra gli
arrestati e i latitanti che si erano sottratti all’arresto del 7 aprile
1979 vi erano alcuni redattori di Metropoli, valgano per tutti i nomi di
Franco Piperno, Oreste Scalzone e Lauso Zagato.
Il
fatto che la rivista uscisse denunciando l’operazione poliziesca e piccista
(l’operazione del 7 aprile era fortemente auspicata dal Partito Comunista
Italiano) non poteva che sembrare un gesto di protervia, naturalmente
quest’impressione ha contribuito al provvedimento di sequestro. Poi vi
era il fumetto. Poi vi era stato l’arresto di Morucci e Faranda che erano
usciti un po’ di tempo prima dalle Brigate Rosse e che avevano trovato
una ospitalità tramite vecchie conoscenze legate al vecchio gruppo
di Potere Operaio che si era sciolto nel ’73.
La maniera in cui avevano trovato questa
ospitalità passava anche per alcune persone della redazione di Metropoli.
Fumetto, operazione 7 aprile, questa sorta di vicinanza non politica, non
di programma politico, ma di aiuto, di appoggio di due persone in fuga,
quest’insieme di cose provoca il sequestro della rivista. Per altro la
rivista, va detto subito, era nata non come una rivista volta a riflettere
sulla lotta armata, ma sulle nuove caratteristiche del lavoro e del non
lavoro sociale, su quell’onda lunga culturale, sociale e politica inaugurata
dal movimento del ’77.
Per quanto riguarda il disegnatore del
fumetto ha vissuto episodi che, allora drammatici, a distanza di tanto
tempo fanno anche sorridere e mostrano lo straordinario grado di ridicolo
di cui non esitarono a coprirsi le istituzioni. Il giudice chiese a Madaudo,
il disegnatore del fumetto Moro, in un interrogatorio: <Ci dica dunque
dov’era il garage che lei col disegno ha rappresentato come il posto dove
era stato portato Moro dopo il rapimento di via Fani>. Naturalmente
quello non poté che tirare fuori un suo vecchio fumetto di tutt’altra
natura, di tipo commerciale, in cui era disegnato il garage che gli aveva
dato lo spunto pratico per disegnare la vignetta su Moro. Il disegnatore
non fu incriminato, ma certo interrogato con grinta per estorcere dalle
tavole del fumetto quella verità falsa di cui loro cercavano conferma,
il fatto che Autonomia e Metropoli, rivista dentro l’autonomia, fosse in
realtà la direzione di tutta la lotta armata nazionale.
.Zip!:Metropoli esce per sette numeri,
attraversando diverse traversie giudiziarie. Ci racconti la sua storia
e i suoi rapporti con i movimenti a cui faceva riferimento?
P. V.: Breve
e felice è la vita della rivista Metropoli, breve e anche perigliosa
naturalmente, perché comportò un certo numero di arresti
e un cospicuo numero di anni di galera. Felice dal punto di vista intellettuale
e politico, perché nell’arco di questi pochi numeri si tentò
di inaugurare una lettura critica degli anni ’80 che avevamo davanti. Vale
a dire di pensare in termini positivi quella rottura di schemi, paradigmi,
modelli della sinistra e del movimento operaio che si era annunciato fragorosamente
in Italia col movimento del ’77, vale a dire l’epoca del non lavoro, dell’intellettua-lità
di massa, della preminenza del sapere e della comunicazione nella produzione
sociale. Provare a leggere e a tratteggiare quest’epoca di cui si
vedevano i primi segni come il terreno proprio di una nuova fase della
civilizzazione. Una rivista proiettata in avanti, in cui si assumevano
gli elementi della disoccupazione strutturale e del non lavoro come il
terreno a partire dal quale andava pensata la politica. La rivista nasceva
anche in un contesto determinato e contingente, quello del ’77 e ’78, un
movimento di massa, complesso e sconfitto, e aveva progettato di essere
una rivista assai più vasta di quella che fu, di tutta l’area antagonista
che aveva fatto la sua prova nel ’77. La redazione operativa fu poi più
ristretta con due nuclei redazionali a Milano e a Roma, in cui ogni velleità
di darsi un elemento organizzativo venne meno, mentre si considerò
giustamente l’importanza che aveva la costruzione di un discorso a partire
dalle nuove condizioni che si erano date. Ci fu una lunga gestazione
del primo numero durata almeno un anno, con un lungo servizio sul campo
sulla questione polacca e l’analisi dell’onda lunga del movimento del ’77
e cose analoghe.
Naturalmente l’attenzione degli organi
giudiziari fu concentrata viceversa sui, per altro scarsi, riferimenti
alle caratteristiche che aveva preso e stava prendendo la lotta armata
in Italia. Ma vi è una sproporzione tra l’immagine di Metropoli
costruita da media e giudici e quello che era il terreno effettivo del
suo impegno di carattere analitico, politico e sociale.