Bio

Sylvia…la storia è questa.

Ci sono dei fili che legano la nostra esperienza, quella del movimento di liberazione GLQT, fili invisibili che partono dal 28 Giugno 1969 ed arrivano al 21 Febbraio 2003, fili che legano New York a Bologna oppure Roma, Londra o Madrid, fili che si dipanano dall’ esperienza di Sylvia a quella di Mario Mieli a quella di tutt* noi. Il filo del nostro orgoglio, di quel Pride che ogni anno festeggiamo tutti insieme. Fili preziosi che uniscono, ricostruiscono, trasmettono e manifestano la nostra storia.

Sylvia Rivera era una trans, nata nel Bronx da una famiglia povera di origine portoricana, molto lontana da quell’Amerika ricca ed opulenta che siamo abituati a vedere nelle immagini patinate della pubblicità. Sbattuta fuori di casa a 13 anni, per sopravvivere cominciò a prostituirsi prima come travestita e poi come trans. La sera del 28 Giugno 1969, insieme ad altre amiche era allo Stonewall, un locale newyorkese ritrovo semiclandestino per gay, trans, drag e travestite, durante una delle solite retate che la polizia effettuava. Quella volta Sylvia prese una decisione e disse basta. Lanciò una bottiglia contro la polizia ed innescò una rivolta che durò tutta la notte ed i giorni successivi. Era la prima volta che trans, gay, travestite e lesbiche si ribellavano dando origine ad un vasto ed importante movimento di liberazione che si propagò in tutto il mondo.

Ogni anno in quella data viene festeggiato l’orgoglio, più conosciuto come il GLQT Pride. Cominciò ad offrire aiuto e assistenza a travestite, trans, marchettari ed emarginati . Aprì un rifugio che ribattezzò Star House (Street Transvestite Action Revolutionnaires). Poco tempo dopo, Sylvia subì un'altra e più pesante emarginazione: quella del movimento gay che non riconobbe a Sylvia e a tutte le trans e i travestiti alcun merito, anzi tolse la loro esperienza dall’elenco delle proprie priorità. Tutto questo la spinse alla droga ed al vagabondaggio finchè finì a vivere tra i barboni del porto di New York.

 

 

 

Ma la sua coscienza e il suo orgoglio la fecero reagire e Sylvia ai festeggiamenti dei 20 anni dello Stonewool prese la parola e accusando il movimento gay di scarsa memoria urlò: ”La scintilla della rivoluzione, l’abbiamo iniziata noi checche, travestiti e puttane. Dove stavate voi, ch’eravate nascosti allora e venite a raccogliere gli allori adesso, di una rivolta di cui non avete alcun merito?"

Successivamente aprì un rifugio per trans, la “Transy House” a Brooklyn. E’ lì, che nel 2000 il MIT la contattò per invitarla al World Pride. In quella occasione fù ignorata dal comitato organizzativo del pride e la sua esperienza fu invece valorizzata dall’area antagonista che l’accolse e le riservò lo spazio che meritava. Solo con un blitz si riuscì a far salire Sylvia sul palco, dove si affollavano politici e personaggi illustri e darle il microfono. Il 19 Febbraio scorso è morta.

Se ne è andata in silenzio, lasciandoci il suo sorriso sincero, i suoi occhioni tristi, l’orgoglio della sua diversità, la fierezza della sua favolsità, la sua voce roca che urla ”no rigts no peace”.
I suoi funerali si sono trasformati in un grandissimo corteo che dallo Stonewall si è diretto sul molo del West Side. Secondo le sue volontà il corpo è stato cremato e le sue ceneri disperse nell’acqua al fronte del porto dove le ferocie da sempre continuano a battere.

 

 

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