Non è possibile dare indicazioni dettagliate per la contrattazione aziendale a causa dell'estrema variabilità delle situazioni concrete (CCNL applicato, settore, dimensione aziendale, ecc. ecc.); tanto più perché siamo in una fase di estrema frammentazione della classe lavoratrice in cui non è possibile produrre indicazioni di condotta forti ed omogenee. Dunque quelle che seguono sono indicazioni schematiche, utilizzabili per una analisi concreta da effettuarsi azienda per azienda.
Per realizzare un contratto aziendale (non ci riferiamo ai casi di contrattazione di esuberi, crisi, ecc.) ci devono essere le condizioni oggettive (la condizione necessaria ma non sufficiente è lo "stato di salute" dell'azienda). Inoltre devono esserci le condizioni soggettive (cioè i rapporti di forza per costringere il padrone a distribuire ai lavoratori almeno una parte dei suoi profitti).
Per realizzare i più favorevoli rapporti di forza occorre, innanzi tutto e nelle diverse fasi della vertenza, utilizzare sempre la ricerca del massimo consenso dei lavoratori quale criterio di scelta tra le possibili alternative, tramite una condotta sintetizzabile con lo slogan "compattare la parte più determinata, isolare i settori filo-padronali, conquistare gli incerti".
La RSU deve inoltre sempre operare per affermare la sua titolarità nella contrattazione, utilizzando anche le competenze dei funzionari sindacali ma in quanto "consulenti" della RSU stessa.
Chiarito questo possiamo individuare in ogni vertenza tre fasi: la preparazione della piattaforma rivendicativa, la conduzione della vertenza e la conclusione della vertenza.
1. LA PREPARAZIONE DELLA PIATTAFORMA RIVENDICATIVA
1.1. Definire in astratto la linea vertenziale
Bisogna conoscere in generale e per ogni voce contrattuale la linea che meglio rappresenta gli interessi dei lavoratori, articolandola su una scala del "meno peggio": dalla rivendicazione ottimale (che potrà essere realizzata solo nelle situazioni più favorevoli) a rivendicazioni mediate meno aderenti agli interessi dei lavoratori ma più realistiche per la specifica azienda.
In altri articoli nei prossimi numeri di Tool box forniremo, sulle principali voci contrattuali, elaborazioni più dettagliate. Per ora, a solo titolo di esempio:
1.1.1. Orario
Il criterio generale di riferimento è la lotta per la determinazione della lunghezza della giornata lavorativa, quindi:
· Controllo sull'orario effettivo, proponendosi di arginare le flessibilità padronali (straordinari, calendari annuali e flessibilità annuale, uso di carovane, contratti a termine, part time "non scelto", ecc. ecc.).
· Riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e, in caso di richiesta di maggiore utilizzo degli impianti, riduzioni aggiuntive per i turnisti.
· Intervento sulle condizioni di lavoro legate alla gestione degli orari (pause, orario di entrata/uscita flessibile, ecc.).
1.1.2. Salario
· Quantità: cercare di ottenere il massimo possibile sia come quantità a regime sia come montante (occhio agli scaglionamenti).
· Distribuzione: l'obiettivo massimo (difficilissimo) è il completo controllo del salario di fatto, cioè una contrattazione talmente forte che non lasci spazio al padrone per erogazioni unilaterali (aumenti di merito); quindi la scala parametrale degli aumenti va costruita sulla base delle condizioni specifiche dell'azienda, evitando (come è stato fatto negli ultimi anni) di privilegiare gli alti livelli a scapito dei bassi, ma anche di "regalarli" al padrone.
· Forma: ormai sono di moda i premi di partecipazione, di risultato, per obiettivi: nomi diversi per indicare forme di salario incentivante o per mascherare risultati salariali precari o inadeguati.
Quindi:
· La forma ottimale è quella del "vecchio" Premio di produzione, cioè un aumento "fisso" che incida su tutti gli istituti contrattuali. · Altrimenti bisogna (utilizzando una scala del meno peggio) cercare di utilizzare almeno alcuni criteri: * escludendo la possibilità dell'azzeramento;
* consolidare una parte (o la media) del premio variabile alla scadenza del contratto aziendale o a fine anno;
* utilizzare indicatori controllabili (ad es. quelli produttivi sono generalmente più controllabili e meno aleatori di quelli economico-finanziari);
* evitare l'utilizzo di indicatori che esprimerebbero una marcata subordinazione all'ideologia padronale, che contrappongono salario/occupazione o salario/condizioni di lavoro, ecc. Ad esempio: il salario legato alla presenza contrappone sani e malati; l'indicatore pezzi prodotti/n° occupati dichiara che è meglio non assumere pur di avere qualche lira in più; ecc. Generalmente gli indicatori di qualità sono i più "neutri" e quindi da preferire.
1.1.3. Inquadramento e OdL
Tema importantissimo ma "dimenticato" mentre avanza un'offensiva padronale tendente a reintrodurre le "paghe di posto" o job evaluation (vedi CCNL chimici). Bisogna invece individuare "percorsi di carriera", anche non automatici, che consentano una effettiva percorribilità della scala classificatoria, definendo per ogni figura professionale il livello di ingresso, di maturazione e di sbocco, in relazione a criteri oggettivamente verificabili (e vertenziabili anche tramite apposita commissione), nonché la possibilità di passaggio da una figura professionale ad una superiore (con obbligo di informazione, criterio interno di selezione, formazione professionale specifica, ecc.).
Si tratta di sviluppare un grande lavoro di dettaglio che a partire dalla verifica dell'applicazione del CCNL porti all'individuazione delle figure professionali "teoriche" ed effettive, per arrivare a conoscere e controllare l'organizzazione del lavoro (OdL) e a ricostruire una conoscenza del ciclo produttivo, anche "esterno", dell'impresa.
1.1.4. Inoltre...
diritti di informazione (più si conosce meglio si contratta); ambiente, salute e sicurezza (in applicazione della L. 626/94 e per la prevenzione); pari opportunità (per tutte le lavoratrici, non solo per quelle "in carriera"); diritti sindacali (attualizzare all'epoca telematica i "vecchi" diritti, ad es. uso sindacale dell'E-mail); mensa; ecc. ecc. ecc.
1.2. Conoscere il quadro normativo
Bisogna conoscere i precedenti accordi aziendali, le precedenti esperienze vertenziali (la storia sindacale dell'azienda) e, almeno per le voci contrattabili in azienda, il CCNL e la legislazione vigente.
1.3. Conoscere i bisogni dell'impresa
Bisogna conoscere il funzionamento e gli obiettivi dell'azienda nel modo più dettagliato possibile, per prevedere quali saranno le rivendicazioni che incontreranno una maggiore resistenza o i contenuti di possibili controproposte (contropiattaforma) padronali.
1.4. Individuare i bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori
Bisogna fare una "lista" delle rivendicazioni possibili, rilevando i punti critici emersi nella gestione della contrattazione precedente ed individuando i bisogni espressi dai lavoratori e dalle lavoratrici (con una valutazione "a tavolino", con assemblee di reparto, con un questionario, ecc.).
1.5. Definire in concreto la linea vertenziale
Non è mai utile "sparare" troppo in alto rispetto al risultato prevedibile. Quindi bisogna (valutando le condizioni oggettive e soggettive) calcolare almeno a grandi linee il costo complessivo realisticamente ipotizzabile dell'accordo e su questa base individuare le priorità e selezionare (dalla "lista") le richieste. Vanno privilegiate le richieste unificanti, escludendo viceversa quelle che rischiano di contrapporre una parte dei lavoratori ad un'altra parte. A questo punto si ha l'ipotesi di piattaforma da sottoporre alla valutazione dei lavoratori e all'approvazione nell'assemblea generale.
2. LA CONDUZIONE DELLA VERTENZA
2.1. Le forme di lotta
Lo sciopero è il principale strumento di lotta a disposizione dei lavoratori; può avere un carattere prevalentemente dimostrativo (sciopero di avvertimento, che dichiara la determinazione e l'unità dei lavoratori) oppure essere finalizzato soprattutto a colpire la produzione (scioperi articolati, improvvisi, ecc.).
Meglio non proclamare uno sciopero se non se ne prevede una buona riuscita (meglio una generica pressione "di opinione" della maggioranza dei lavoratori che una lotta dura ma minoritaria e priva di consenso). Evitare (tranne forse nel caso della "spallata finale") le fiammate ("pacchetti" di ore di sciopero pesanti e concentrate) che rischiano di esaurirsi in breve tempo con conseguente demoralizzazione; generalmente è preferibile tenere un "passo da montagna" (prepararsi ai tempi lunghi, dimostrando che si è in grado di resistere un minuto in più del padrone).
Soprattutto quando la trattativa procede senza azioni di lotta o quando lo sciopero è più minacciato che attuato, è molto importante che i lavoratori percepiscano che i risultati della vertenza comunque dipendono soprattutto dalla loro determinazione e unità.
2.2. Le tecniche di trattativa
Una buona tecnica di trattativa non è certamente determinante ma è comunque molto importante. Bisogna saper affrontare i diversi punti in discussione senza mai perdere di vista il quadro generale; anzi, una buona delegazione trattante dovrebbe avere la capacità di prefigurare, almeno a grandi linee, gli esiti possibili della vertenza. Riflettere sempre più volte prima di fare dichiarazioni in trattativa: è meglio una sospensione in più che rischiare un passo falso.
Le "ristrette" e le "informali" vanno evitate o quanto meno ridotte ai casi di accertata utilità e comunque tenute sotto stretto controllo dalla RSU.
E' molto importante tenere sotto controllo il fattore "tempo", cioè domandarsi in ogni momento se ci conviene accelerare o rallentare la trattativa in relazione alla valutazione se il passare del tempo rafforza noi o la controparte.
2.3. La comunicazione con i lavoratori
Mai raccontare bugie ai lavoratori (se non altro perché si rischia di essere spiazzati da un comunicato o da "voci" messe in giro dalla direzione). Informarli periodicamente con comunicati e assemblee. Sottoporre al giudizio dei lavoratori le "correzioni di rotta" che possono risultare necessarie nello sviluppo della vertenza.
D'altra parte la RSU deve saper enfatizzare l'uno o l'altro aspetto in relazione ai fini che si propone (ad esempio se si sta preparando uno sciopero è utile sottolineare le risposte negative della direzione).
3. LA CONCLUSIONE DELLA VERTENZA
La vertenza è da chiudere quando (né prima né dopo) si valuta che ulteriori pressioni non migliorerebbero i risultati già acquisiti. A questo punto va preparata l'ipotesi di accordo da sottoporre ai lavoratori.
Affermare che la RSU ha la titolarità della contrattazione significa che, anche nel caso di risultati insoddisfacenti, la RSU deve sempre assumersi le sue responsabilità, analizzare insieme ai lavoratori i motivi di successi e insuccessi, non lasciare ad altri la gestione del rapporto con i lavoratori, anche nelle sconfitte.
Con la conclusione della vertenza aziendale inizia immediatamente la fase della gestione dell'accordo: la RSU deve subito predisporre un piano di lavoro in tale senso.