Spero che questo intervento sia sufficientemente provocatorio, e
che serva per rompere quel velo di correttezza superficiale che
mi pare stia castigando il dibattito tra soggetti telematici
disomogenei, anzi dirò di più su versanti opposti.
È inutile continuare ad avere un comportamento autorepressivo
per paura di scatenare finalmente un vero dibattito "passionale"
in cui ognuno dica veramente quello che pensa.
In cui certe decisioni vengano chiamate con il loro nome, in cui
chi fa delle proposte si rende conto che il valore fondamentale è
l'autodeterminazione dell'individuo e non la sua coercizione
sotto qualsivoglia bandiera.
Un dibattito con schieramenti contrapposti ma rappresentativi di
loro stessi e non del popolo telematico come alcuni vorrebbero far
credere.
Qui nessuno può fare il rappresentate di alcunchè,
soprattutto quando l'oggetto del contendere risulta così
sdefinito e non misurabile.
Come la rete è fatta di soggettività anche il dibattito
deve svolgersi tra soggettività tutte eguali e non uguale potere
decisionale, nessuno deve arrogarsi il diritto di rivendicare posizioni
vantaggiate solo perchè al suo interno sono presenti
personalità di "rilievo".
La posta in gioco è alta e tutti dobbiamo considerare che si
sta giocando con le libertà individuali di
ognuno di noi.
SERVE UNA LEGGE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE?
Credo che questo sia il problema fondamentale da affrontare, e che
al contrario è stato fin troppo presto accantonato come cosa
scontata o senza alternative.
Il ragionamento che ha portato una parte dei soggetti telematici,
e sottolineo una parte, a considerare questa strada come la sola
possibile non mi sembra sia legato ad un problema contingente ma
caso mai ad una volontà di autorappresentazione e di riconoscimento
come soggetto contrattuale da parte dello Stato insita nella nascita
di un nuovo organismo come l'ALCEI.
Credo che noi dobbiamo fermarci un attimo e riconsiderare il punto
di partenza senza il quale la discussione su un tema così
importante parte già con dei risultati imposti.
Il punto di partenza è una domanda che suoni più o meno
così >strong>"Noi siamo d'accordo con una legge di regolamentazione?"
Se la risposta è si allora diamoci da fare per creare
una vera legge con i requisiti che crediamo più opportuni,
ma se la risposta e' no, e siamo nel nostro caso, allora smarchiamoci
da questo gioco precostituito che ci minaccia che lo stato pone in
essere porta un arretramento delle posizioni di partenza e
un'accettazione di logiche che potrebbero completamente snaturare
i principi fondamentali su cui si basano oggi le "reti" intese
come spazio virtuale, agorà telematiche, cyberspazio o come
uno vuol chiamare questo nuovo (o relativamente nuovo) fenomeno di
comunita' sociale.
Questo gioco al ribasso porterebbe ad una contrattazione in puro
stile sindacal-cogestivo che non si sà dove potrebbe fermarsi,
e che per la più soddisfazione di "riconoscimento"
istituzionale potrebbe modificare radicalmente o adirittura bloccare
lo sviluppo delle "comunita' virtuali" considerate
nel senso più ampio del termine.
Perchè proprio qui stà il problema, se tutti riconosciamo
che gli spazi virtuali, aperti o conquistati, vanno al di
là della semplice connessione "fisica" di piu' elementi attraverso
un nuovo "media" ma configurano la nascita di un nuovo modo di comunicare,
di una nuova tappa nella liberazione dell'individuo, di una nuova
possibilità di "democrazia" sociale, allora nessuno può
rendersi partecipe alla loro limitazione o addirittura annullamento.
Lo so che questo potrebbe essere scambiato per un discorso poco realista,
ma credo che essere più realisti dal reale porti ad una assunzione
di responsabilità troppo grande per degli organismi appena nati
e pochissimo rappresentativi, oltre che estremamente "sindacalizzati"
nel senso peggiore del termine (come l'ALCEI), o per strutture
burocratizzate come FidoNet.
Quest'ultimo d'altra parte ha già un codice di autoregolamentazione
abbastanza stretto e quindi non è soggetto credibile in questo
dibattito, anzi la proposta di regolamentazione sembra ricalcata
per molti versi sulla sua policy di comportamento, e qui arriviamo
all'assurdo di dare una specie di codice deontologico all'unico
spazio veramente libero che si potrebbe creare negli anni a venire,
l'unico sganciato dalle logiche del profitto e della convenienza
politica.
La nostra idea di "rete" mal si combina con le
proposte di responsabilità "oggettiva" insita nel concetto
stesso di autoregolamentazione. Anzi questa presuppone una
burocratizzazione nella gestione e quindi un ruolo privilegiato per
il gestore del sistema stesso, il SysOp.
Lo spazio virtuale che un soggetto mette in comune con altri in una
connessione a "rete" è l'equivalente di uno spazio reso
pubblico per un'eventuale assemblea, o meglio forum permanente nel
nostro caso.
A chi verrebbe in mente di richiedere la carta d'identità
ai partecipanti, magari dopo averli invitati pubblicamente
ad aderire all'iniziativa?
Chi "presta" le proprie risorse "fisiche" alla rete non lo
fa con lo scopo di crearsi un piccolo "feudo" dove poter governare
a suopiacimento il corso degli eventi.
Il rapporto bidirezionale (o multidirezionale se inteso come
soggettività in collegamento con altre) utente<--->rete deve
essere proprio basato su uno scambio di idee e di conoscenza che
porti ad una crescita contemporanea dei due soggetti.
A questo ragionamento si potrebbe obiettare che così non è
possibile contenere le eventuali violazioni della legge (non di
regolamentazione ma altre tipo la calunnia, ecc.), bene a
questo non si può rispondere diventando poliziotti di
noi stessi, sottoponendo a schedatura accurate (perchè questo
devono diventare per essere efficaci e annullare tutte le eventuali
ritorsioni contro i gestori "legali" del sistema) gli utenti instaurando
con essi un rapporto di libertà vigilata (attenti a quello che
dite altrimenti so chi siete e non esiterò a denunciarvi
pubblicamente...) che sconfina adirittura nella delazione.
Il problema delicato dell'anonimato deve essere conderato
come ricchezza per il dibattito, l'assenza di freni inibitori dovuti
alla possibilità di essere scoperti è positiva per la
liberazione dell'individuo, solo così infatti tutti possiamo
esprimere liberamente il nostro pensiero al di là delle normali
mediazioni necessarie in caso di rapporti "fisici", scendendo nel
pratico ragionamento di tutti i giorni, chi mai si sognerebbe di
denunciare la SIP per una telefonata calunniosa ricevuta da un
perfetto estraneo che si nasconde dietro l'anonimato?
Questo intervento serve secondo me per riportare la discussione al
livello che le compete, che non è quello del sotterfugio
giuridico, del cavillo "pretestuoso", ma quello che investe una
problematica cruciale per lo sviluppo della "rete" come noi la
intendiamo... direi epocale visto che le decisioni che prenderemo
adesso potranno influenzare in positivo o in negativo il nostro
futuro "in rete".
Pensiamoci bene prima di fare atti inconsulti, la logica del
"prima che lo facciano loro, lo facciamo noi" è perdente
sotto tutti gli aspetti, anzi rischia di innescare un processo a
catena in cui tutto viene omologato, i servizi aperti con quelli
commerciali, le reti amatoriali di scambio del software, con reti
più orientate allo scambio delle idee, chi si sente padrone
del proprio spazio con chi rinuncia "coscientemente" a questo pur di
contribuire allo sviluppo della coscienza collettiva, chi pensa
alla rete come a una struttura burocratico piramidale e chi la
concepisce come un agglomerato caotico-anarcoide (nel senso di caos,
non in senso di confusionario) a sviluppo orizzontale.
Tutti questi soggetti devono essere presenti all'interno del dibattito,
per quanto marginali possano essere, altrimenti come al solito i
criteri di compatibilità del più forte spazzerano via i
diritti delle minoranze meno organizzate strutturalmente (spero
almeno che in uno spazio virtuale sia possibile che ciò per
una volta non avvenga...).
Con questo non voglio mettere in discussione la possibilità
che un soggetto in rete possa pensarla in altro modo rispetto
all'accesso degli "utenti" in rete, ma questo non deve diventare
alibi per imporre a tutti gli stessi metodi "giudiziosi"
di comportamento.
Per questo se lo Stato vuole "restringere" degli spazi di libertà
come oggi possono essere considerate le reti telematiche aperte,
lo faccia prendendosene tutta la responsabilità, l'eventuale
legge sarà una delle tante liberticide a cui noi potremmo dare
battaglia nei modi più appropriati e nelle sedi opportune.
Per fare questo però dobbiamo essere sicuri che nessuno di
noi dia la
Il gioco visto in decenni di sindacalismo venduto alle logiche della
compatibilita' potrebbe nel nostro caso trasformarsi in comica visto
l'assoluta inconsistenza della materia da regolamentare.
Questa invece e' per noi una figura che dovrebbe scomparire come
oggi viene pensata.
La rete dovrebbe avere un flusso di idee, e sottolineo idee e non
informazioni, continuo e non sovradeterminabile da persona fisica...
il nodo locale fa parte di uno spazio virtuale mondiale e il sysop
del nodo e' solo un entità come le altre all'interno della
rete.
Lo fa considerandolo come uno scambio in "conoscenza",
mette in rete il proprio elaboratore non come un pezzetto di
proprietà privata su cui in ogni caso avere diritto di vita
e di morte ma come nuova risorsa tesa all'accrescimento collettivo
della rete e dei suoi soggetti, lui compreso.
Anzi bisognerebbe eliminare il termine utente visto che in
quest'ottica è completamente superato, l'utente inteso come
fruitore di un servizio riporta alla logica commerciale unidirezionale
del cliente -->erogatore di servizi a noi completamente estranea,
trasformare l'utente in soggetto, e questo in parte della coscienza
collettiva della rete è un percorso logico di sviluppo per una
rete a crescita orizzontale e non sovradeterminata da alcun comando.
A questo si deve rispondere investendo gli organi competenti della
responsabilità che istituzionalmente hanno, la polizia
deve fare le indagini contro ignoti con tutti i mezzi a loro disposizione
e che hanno già usato in più occasioni, ma senza pretendere
che siamo noi a fare i delatori o ancor meglio gli investigatori
al loro posto.
Lo stesso deve valere per noi, il mezzo e con esso il sysop come
figura deresponsabilizzata non ha colpa per l'uso inproprio che
qualcuno potrebbe farne a meno che non sia provata l'effettiva
corresponsabilità nel compimento di un atto illegale, ma in
questo caso varrebbe il codice che impone la responsabilità
soggettiva nel compimento di un reato (o almeno credo si dica
così), o ancora non credo che nessuno abbia denunciato
Radio Radicale quando ha mandato in onda per ore i turpiloqui
provenienti anonimatamente dal telefono.
Quello che disegnamo oggi sarà uno scenario con cui tutte le
generazioni future di soggetti telematici dovranno avere a che fare,
e chi si prende la responsabilità di castrare le
libertà future di chi si connetterà in rete sappia che
non sarà facile per lui spiegare il perchè ha sentito
la necessità di avallare determinate situazioni.
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