Mucca pazza: gli effetti dell’allevamento industriale ci arrivano a casa nel piatto

di Sheldon Rampton e John Stauber autori del libro "Mad Cow USA"
illustrazioni di Sue Coe

tratto da Covert Action Quarterly n. 62


La USDA ha appena ritirato 12 milioni di kg. di hamburger contaminati ed il Segretario all’Agricoltura Dan Glickman ha fatto del suo meglio per sembrare ottimista. Ad agosto davanti ai giornalisti diceva: "A questo punto tutto ci fa capire che abbiamo contenuto l’insorgenza di un’epidemia". Ma queste rassicurazioni non hanno poi generato molto ottimismo. Non solo i ricercatori non sono riusciti ad individuare la fonte del contagio, ma tutte le parti coinvolte - compresa l’industria della carne - hanno ammesso che future epidemie saranno inevitabili.

La specie mortale del batterio E. coli trovata negli hamburger della Hudson Foods Inc. è solo una delle tante malattie mortali che trovano nel cibo il veicolo di trasmissione. Il problema è causa e conseguenza inevitabile dei moderni sistemi di allevamento industriale nel quale la grande distribuzione di cibo industriale ha anche creato le potenzialità per un uguale distribuzione di malattie. Una malattia che arriva ovunque ed ha la possibilità di diffondersi in ogni dove e spesso di non essere individuata se non dentro il piatto del consumatore. E poi l’allevamento industriale è ormai così radicato nella società moderna, che nessuno propone seriamente delle alternative. Nel frattempo il dipartimento dell’agricoltura (USDA) sta conducendo delle battaglie di retroguardia - contenere l’esplosione di epidemie anziché prevenirle - questo perché azioni preventive comporterebbero atti così profondi e radicali che nessuno è in grado di imporre.

Che cosa devi fare allora per proteggerti dal cibo pericoloso? Secondo la USDA e l’industria del cibo, dovresti lavarti le mani e pulire la superficie dove cucini molto spesso, e cuocere a lungo ogni alimento. In altre parole bisogna pensare alla cucina come ad un centro di decontaminazione. All’interno della grande industria alimentare invece ci si muove per varare altre riforme, ridicoli protocolli per la sicurezza del cibo denominati HACCP "hazardous and critical control points"... in parole povere vorrebbero nuclearizzare il cibo prima di vendertelo, bombardandolo con radiazioni per uccidere i batteri.


Ma queste procedure "hazardous and critical control points" risulterebbero efficaci solo se riuscissero ad anticipare e bloccare tutte le strade attraverso le quali le malattie possono attaccare e diffondersi. Ma anche irradiando il cibo - soluzione attualmente sostenuta dall’industria alimentare, e dal quella del trattamento delle scorie nucleari - non è possibile eliminare tutti i potenziali elementi in grado di ucciderci. Si tratta semplicemente dell’ultima banalità high-tech posta come soluzione ad un problema creato dalla produzione massificata. Problemi che ci dimostrano come i rischi e gli azzardi delle innovazioni tecnologiche nei processi naturali sono difficili da prevedere e, una volta emersi, si dimostrano praticamente impossibili da controllare. Il problema è di natura globale sia per importanza che per espansione.

Prendiamo ad esempio il caso della malattia della mucca pazza.
Identificata per la prima volta in Inghilterra nel 1985, la malattia della mucca pazza - tecnicamente encefalopatia spongiforme bovina (BSE) - produce demenza ed un profondo deterioramento fisico prima di uccidere. Deriva da una categoria di malattie cerebrali mortali conosciute come encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE), così chiamate per il fatto che devastano il cervello delle vittime con dei microscopici buchi come quelli di una spugna.

Né l’irradiazione, né la cottura, e nemmeno le altre pratiche di sterilizzazione, sono capaci di uccidere gli agenti infettivi che causano le TSE. Secondo la maggiore corrente di pensiero scientifica, gli agenti infettivi non sono eliminabili, perché non c’è un organismo vivente contro cui agire. E’ semplicemente una proteina chiamata "prion", esistente in tutti i mammiferi e che ha la capacità di mutare in una configurazione mortale che si moltiplica reclutando le altre proteine prion e mutando anch’esse.

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Una bistecca attraverso il cuore

Se il prion è solo una proteina, ne segue che per disinfettare la carne contaminata, questa dovrebbe essere trattata con qualcosa che distrugge le proteine - il che porterebbe a far venir meno uno dei maggiori motivi per i quali si mangia la carne, ossia per le proteine. Oltre alle radiazioni il prion può resistere ad antibiotici, bollitura, cloro, formaldeide ed un’altra varietà di solventi ed enzimi usati per distruggere la maggior parte dei batteri e dei virus. In un esperimento, l’agente infettivo è rimasto attivo e trasmissibile dopo una esposizione di un’ora ad una temperatura di 360 gradi centigradi, abbastanza calore da liquefare il piombo e da ridurre una spessa bistecca in cenere. Questa resistenza ha indotto i ricercatori ad ammettere la scomoda realtà che anche incenerendolo non era possibile avere la certezza di rendere inattivo l’agente.

Ma ancora peggio, i prion infetti sono semplicemente la versione "mutata" di proteine che il corpo produce naturalmente, e individuare la loro presenza altrettanto difficile che individuare un virus o un batterio. Infatti le TSE non producono infiammazioni o febbre e non danno riscontro agli anticorpi. Di solito la malattia procede nascosta e quando appaiono i primi sintomi la morte e[ ormai inevitabile.

Diversamente da altre malattie infettive, le TSE possono apparire, a causa delle mutazioni, anche in popolazioni che non ne sono mai state esposte. Questi eventi "spontanei" colpiscono circa un milione di esseri umani ogni anno, ed uccide diversi altri mammiferi nella stessa quantità. Per finire le TSE sono caratterizzate da una incubazione più lunga di quella del virus dell’AIDS. Sono stati documentati casi in cui sono passati più di 40 anni dall’esposizione al virus e l’emergere dei sintomi.
Presi insieme questi elementi rendono impossibile pensare di prevenire epidemie attraverso la quarantena, oppure individuare segni di epidemia prima che questa esploda e si diffonda in enormi proporzioni.

Fortunatamente le encefalopatie spongiformi trasmissibili hanno un tallone d’Achille: sono solitamente difficilmente trasmissibili, specialmente da una specie all’altra.
Con l’eccezione di una forma della malattia nelle pecore chiamata "scrapie", le TSE si sono diffuse sensibilmente solo in popolazioni che adottano abitudini alimentari innaturali. Il caso più evidente conosciuto è stato quello della popolazione dei Fore in Papua Nuova Guinea. Dopo aver introdotto elementi di cannibalismo nelle loro cerimonie funebri all’inizio del ventesimo secolo i Fore rimasero in gran parte vittime di una devastante epidemia di TSE chiamata "kuru".

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Drs. Carleton Gajdusek(I.) and Vincent Zigas examine a victim of kuru,
a TSE contracted from eating infected human brains.


Mangi ciò che sei

Al giorno d’oggi, nel complesso alimentare industriale e nell’allevamento hi-tech il cannibalismo ed altre pratiche innaturali di alimentazione non solo sono praticate, ma vengono raccomandate come l’ultimo ritrovato dell’efficienza e del progresso.

Per quanto queste pratiche siano molto più diffuse negli Stati Uniti che negli altri paesi, è in Inghilterra che sono stati documentati i primi casi di proliferazione di TSE da altri mammiferi ad esseri umani. Come per il "kuru", l’epidemia inglese della mucca pazza rivela tracce di cannibalismo - in questo caso a causa della nutrizione di bestiame con proteine "provenienti" da altro bestiame. Dopo la morte delle prime persone in Inghilterra, la USDA e l’industria dell’allevamento hanno riluttantemente adottato una limitata restrizione di questa pratica. Rimane comunque legale nutrire allo stesso modo, con proteine animali reintrodotte (ossia con gli scarti della macellazione degli stessi), i non-bovini, ossia polli e maiali, dei quali poi i resti saranno dati come alimentazione ad altro bestiame bovino. Inoltre i maiali stanno ancora mangiando maiali, ed i polli sono normalmente nutriti con aggiunte proteiniche provenienti dalle piume, dal sangue ed anche dalle feci di altri polli.

Secondo Beatrice Trum Hunter redattrice della sezione cibo di Consumer Research l’industria alimentare è alla ricerca di sistemi di nutrizione animale sempre più economici:
passando da erbe e fieno ad un sistema alimentare basato sui rifiuti di macellazione e gli escrementi. La ricerca di un nuovo regime alimentare nell’allevamento deriva direttamente dai mutamenti che ci sono stati nell’agricoltura. ... Una grande quantità di sostanze hanno trovato spazio nell’alimentazione animale. Questo include rifiuti agricoli e animali. I mattatoi forniscono sangue, zoccoli, interiora, peli e piume da usare nell’alimentazione animale. L’industria fornisce rifiuti come segatura, schegge di legno, ma anche giornali e scatoloni, così come altri rifiuti industriali o fanghi degli impianti di depurazione urbani, acqua di riflusso delle centrali elettriche a carbone e acqua di scarto delle centrali nucleari. ... L’agricoltura fornisce le 4 M: animali morti, morenti, malati o malformati, grano guastato dall’umidità o dalle larve, cibo contaminato dagli escrementi di roditori, uccelli o scarafaggi. [Beatrice Trum Hunter, "What is fed to our food animals?" Consumers’ Research, Dec. 1996 pp. 13-14.]

Queste innovazioni esistono poiché sono una fonte di nutrimento economica ed un modo conveniente per uno smaltimento dei rifiuti in larga scala. La maggior parte di queste viene dalle pratiche adottate negli ultimi venti anni, incoraggiate e aiutate dall’USDA, dagli scienziati e dai laboratori di ricerca delle università; i loro progetti pilota ed esperimenti hanno "dimostrato" che "sostanze alimentari alternative" possono essere utilizzati con sicurezza.

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Pigs are still eating pigs, and chickeds are routinely
fed with protein supplements derived from the
feathers, blood, and even feces of other chickens.

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Morire per cena

I progetti pilota, comunque, non possono anticipare rare ed insolite patologie come le encefalopatie spongiformi trasmissibili, e non sono buoni, questi progetti, neanche per prevedere la possibilità di altre insorgenze di malattie infettive. Il governo e l’industria sono stati consapevoli di questi pericoli per anni, ma sono stati portati di nascosto alla pubblica discussione per paura di una reazione dei consumatori. Un rapporto su di una ispezione sul bestiame del 1990 del Food and Nutrition Board dell’Accademia Nazionale delle Scienze ha scoperto che negli Stati Uniti, le malattie provenienti dal cibo sono "stabilmente in crescita".

Ogni anno avvengono circa 5 milioni di casi di malattie provocate - trasmesse dal cibo, delle quali circa 5.000 hanno esito mortale. Questo evidente aumento è diffusamente attribuito ai processi di automazione nella produzione del cibo, all’aumentata fiducia nei fast foods, aumento dei consumi di cibi preconfezionati e di forni a microonde, metodi di macellazione e mancanza di conoscenza riguardo alle precauzioni igieniche da adottare in tutte le fasi della manipolazione del cibo.
[Committee on Evalutation of USDA Streamlined Inspection System for Cattle, Cattle Inspection (Washington, DC: National Academy Press, 1990), p. 14

Anche l’Associazione Nazionale degli Allevatori di Bovini [National Cattlemen’s Beef Association] la stima sulle vittime umane è conservativo. Secondo James Regan della NCBA "oggi [1994] le malattie che provengono dal cibo sono il maggior problema per l’industria ed il maggior costo per il nostro paese. Se si guarda ad alcune stime ci sono circa 12,6 milioni di casi di malattie provenienti dal cibo ogni anno. Il costo è stimato essere di circa 8,4 miliardi di dollari, comprese le giornate lavorative perse, il costo delle cure etc.


L'ufficio di contabilità generale del governo USA stima il pericolo smpre più alto, ritenendo la reale incidenza di cibo portatore di malattie pari a 81 milioni di casi l'anno. Dal 1997 il numero riconosciuto di casi di morte negli USA era di 9000 l'anno. La salmonella e la listeria sono ai primi posti dell'elenco delle comuni infezioni, ma l'ESCHERICHIA COLI 0157:H7, la causa del ritiro degli hamburger Hudson, è divenuta un problema crescente.
E COLI è un batterio comune e solitamente benigno, ma la variante 0157:H7 può essere mortale.
"E' un problema critico per noi, e sarà un problema sempre più grande finchè continua a colpire, la maggior parte delle volte, bambini di età compresa tra il primo e l'ottavo anno di età" ha detto Reagan. Inizialmente identificato nel 1982, E COLI 0157:H7 può indurre crampi addominali così acuti da gareggiare con i dolori da appendicite, seguiti entro 24 ore da diarrea acquosa che, più tardi diventa approssimativamente sanguinolenta, descritta in alcuni casi "tutto sangue e non feci". In uno ogni venti pazienti, specialmente bambini, questi sintomi progrediscono in condizioni più gravi come la sindrome HUS (Hemolytic uremic), contraddistinta dalla coagulazione dei globuli rossi che, a turno, possono causare insufficienze renali e cardiache, disordini del sistema nervoso centrale, attacchi, coma e morte.

I ricercatori stanno scoprendo che il problema è più esteso e complicato di quanto si pensasse precedentemente. Quando un gruppo di microbiologi belgi ha provato ad evincere la causa delle minacciose insufficienze renali dal cibo contaminato, non hanno trovato l'E COLI 0157 nei pazienti colpiti.
Dopo aver condotto test genetici o tossicologici i ricercatori hanno scoperto che i pazienti gravemente ammalati erano affetti da altre varianti di E COLI, fra cui l'E COLI 026,091,0103,0111 e 0172. Senza i test specializzati che hanno svolto, tali varianti sarebbero rimaste sconosciute e la sorgente del contagio impossibile da trovare. La carne macinata e poco cotta è il veicolo più comune dell'infezione da E COLI, che è esplosa sempre di più nelle case di cura, nei ristoranti e in altri ambienti istituzionali.

La più nota singola "esplosione" fu un caso estremamente pubblicizzato nel 1992, che riguardava hamburger contaminati nei ristoranti Jack-in-the-box, che contagiarono più di 700 persone, causando 55 casi di HUS e 4 casi di morte.
La reazione dei media per questo caso spinsero James Reagan a considerare "come le testate di oggi possano essere paragonate a quelle del volgere del secolo, quando Upton Sinclair scriveva (La giungla). Sappiamo quanto rivoluzionario fu quel libro e quanto fosse devastante per l'industria di carne "Disse" Penso al numero di discussioni tenute negli ultimi sei mesi con le agenzie regolatrici, con gli imballatori di carne e con altri. Ho lasciato alcune di quelle conversazioni pensando che questa esplosione in gennaio sarebbe potuta essere rivoluzionaria quanto ciò che accadde al volgere del secolo."


FILETTO DI ANIMA

La situazione potrebbe essere rivoluzionaria, ma la reazione dell'industria è stata principalmente di tipo controrivoluzionario. Piuttosto che offrire soluzioni per prevenire future esplosioni, l'industria si concentra nel contenere le esplosioni correnti, includendo esplosioni di interesse pubblico. Questa attitudine circa i rischi per la salute si ritrova nelle parole di Jack Mongovern, presidente della ditta Mongovern, Biscoe e Dunchin PR che avverte la National Cattlemen's Beef Association (NCBA).
Nel '94 Mongovern favorì una reazione dell'industria alla testimonianza compilata dall'agenzia di protezione ambientale, che mostrava come il consumo di carne e latte fosse ritenuto il responsabile per 3/4 dell'esposizione umana ad infezioni come la diossina.
L'esposizione alla diossina, persino a piccole quantità, è stata paragonata al cancro e all'alterazione endocrina, che può causare deformazioni sessuali, un abbassamento delle capacità intellettive ed altri problemi ormonali.

"L'Associazione Nazionale Allevamento Bovini [NCBA] sta coordinando un gruppo di industrie colpite affinchè reagiscano" ha scritto Mongovern in un promemoria privato. Al momento (l'origine della diossina) gruppi di industrie si sono uniti nel contestare i dati tossicologici... NCA e i suoi alleati nel gruppo lavorativo hanno una storia di solide relazioni con il Dipartimento di Agricoltura, ed è sicuro che useranno questi forti vincoli per esercitare pressioni sull'EPA per mezzo dell'Agricoltura."
Grazie ad un informatore corporativo, numerosi promemoria personali di Mongovern furono fatti conoscere a Greenpeace.
I documenti rivelarono un'attitudine cinica circa la sicurezza umana che scandalizzò persino stanchi attivisti politici.
D'accordo con Mongovern l'industria dovrebbe promuovere una campagna aggressiva contro gli ambientalisti e contro altri attivisti che "fanno leva sulle emozioni del pubblico e sul suo interesse per le generazioni future". Tali interessi, egli dimostra, sono semplicemente parte di uno sforzo ambientalista per attaccare il potere sociale tramite l'imposizione di un nuovo e nefasto modello legale che Mongovern chiama "il principio precauzionale".
"Il principio precauzionale ritiene che un industriale deve dimostrare che il suo prodotto non nuoce, prima che questo possa essere messo in vendita" si lamentava Mongovern nel numero del marzo '95, di "Eco-logic", una rivista anti-ambientalista.
"Gli attivisti vogliono usare quest'arma per controllare il comportamento degli altri americani per rivoluzionare l'opinione americana circa l'ordine, la legge costituzionale ed il ruolo del governo nella società".
Per vincere la sua guerra contro gli attivisti l'industria ha bisogno di "mobilitare la scienza contro il principio precauzionale...L'industria deve identificare le implicazioni messe in atto dal pericolo che questo infligge al ruolo della scienza nello sviluppo e nella produzione moderna."


APOCALIPSE COW?

(cow=mucca)
La sindrome della mucca pazza pone in triste rilievo i due volti del dibattito sul principio precauzionale. Come in molte situazioni che turbano la salute pubblica, dai pericoli del riscaldamento globale alle radiazioni di basso livello, fino alla contaminazione da pesticida, la scienza è convincente, ma non definitiva.
L'industria sostiene che se un chiaro epricolo non può essere dimostrato oltre ogni ombra di dubbio, allora il mercato dovrebbe decidere ed il commercio non dovrebbe essere limitato.
Attivisti e ambientalisti sostengono che sia compito dell'industria lo stabilire la sicurezza di un prodotto o di un preparato prima che siano messi in commercio e che i consumatori non dovrebbero mai essere usati come porcellini d'india.
Nel caso della sindrome della mucca pazza, nessuno sa se il problema rimarrà contenuto o diventerà epidemico ed un caso credibile può essere costituito da entrambe le situazioni.
Con una potenziale e così alta posta in gioco,l'opposizione tra la salute di una importante industria e le vite di milioni di cittadini. Il 20/3/1996, dopo molte pressioni pubbliche, Londra ha annullato una decade di negazioni ed ha ammesso che il consumo di carne di "mucca pazza" ha costituito la più credibile spiegazione per l'apparire di una bizzarra, mai vista prima, forma di demenza negli esseri umani, nota come una nuova variante della sindrome di Creuzfeldt Jacob (nv CJD). Come le varianti convenzionali di sindrome di Creuzfeldt Jacob, la nuova variante appartiene alla classe dell'encefalopatia spongiforme contagiosa. Come tutte, la nuova variante è incurabile ed inevitabilmente mortale. La variante tradizionale attacca quasi sempre persone sopra i 50 anni di età. A differenza di questa la nuova variante viene alla luce quando i giovani, la cui maggior parte è compresa tra i 13 ed i 19 anni di età, sono moribondi.
Fino ad oggi tra gli umani sono stati documentati 22 casi della nuova variante, con numerosi casi ancora sospetti e quindi non confermati.

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In un esperimento, l'agente infettivo rimaneva contagioso
anche dopo un'esposizione ad una temperatura capace di
fondere il piombo e di ridurre una grossa fetta di carne in fine cenere.

Ciò ha posto in rilievo "la scomoda domanda sul SE anche l'incenerimento può garantire la disattivazione dell'agente infettivo". Il numero, fino ad ora, è esiguo, ed è possibile che rimanga tale, ma ciò non costituisce per nessun motivo una certezza. Come l'AIDS, le encefalopatiti spongiformi sono sindromi che possono richiedere anni, anche decenni per l'incubazione, rendendo perciò impossibile il pronosticare l'entità di un'infezione nel corso dei suoi stadi iniziali.
Questo parallelismo è stato notato da Luc Montaigner, lo scienziato francese che per primo, nel 1983, scoprì l'agente infettivo che provoca l'AIDS.
All'epoca la Francia aveva solo 200 casi di AIDS. "Non capii che l'epidemia sarebbe potuta esplodere così velocemente e così ampiamente nel mondo."

"E' IMPOSSIBILE CALCOLARE L'ENTITA' DELL'EPIDEMIA. ESSA PUO' COINVOLGERE SOLO CENTINAIA DI PERSONE, MA POTREBBE DIVENTARE UN DISASTRO DI PROPORZIONI BIBLICHE"
John Collinge, microbiologo

Ha affermato, temendo che il numero delle prime vittime umane della mucca pazza possa essere il precursore di un'epidemia più estesa. "E' difficile fare dei pronostici, così come avvenne per l'HIV nel 1983".
Nessuna traccia di TSE è stata individuata nelle mucche fino alla metà degli anni '80; e il numero totale di casistiche nei bovini non ha raggiunto il migliaio fino al 1998.
Da allora, tuttavia,l'infezione è stata diagnosticata in più di di 160.000 mucche e gli scienziati concordano sul fatto che la maggior parte di esse è stata contagiata nel periodo in cui il governo britannico stava dichiarando senza il minimo dubbio che "il numero dei casi confermati è molto basso".
"15". Quei giorni furono veramente difficili; infatti nessuno avrebbe potuto prevedere cosa stava realmente accadendo. Il ricercatore britannico Richard Kimberlin disse nel '96:" Ora è tutto dolorosamente chiaro, l'assoluta entità dell'epidemia".


UPTON SINCLAIR INCONTRA SOYLENT GREEN

Mentre il destino delle mucche inglesi può essere evidente, quello di coloro che mangiano la loro carne rimane oscuro. Notizie recenti non sono state buone. Durae questo mese di agosto, medici hanno rivelato che Claire Louise Tomkins è diventata la ventiduesima vittima riconosciuta della sindrome da mucca pazza. Ventiquattrenne all'epoca del decesso, la Tomkins è stata una convinta vegetariana per dodici anni. In anticipo sull'epidemia l'industria della carne avrebbe probabilmente interpretato questo fatto come "prova" che qualcos'altro, rispetto al mangiare carne, fosse la reale causa del nvCJD.
Ciononostante, oggi la crescente evidenza ha indotto un quasi unanime consenso scientifico nei confronti del collegamento alla carne. Il fatto che la sindrome si sia manifestata in una donna che non consumava carne da dodici anni evoca sinistre possibilità. Mentre la Tomkins potrebbe aver mangiato una piccola quantità di carne, senza essere consapevole di ciò, è anche probabile che la sua malattia sia stata incubata per più di 10 anni e che lei si sia infettata mangiando carne prima che la sindrome della mucca pazza fosse scoperta nelle mucche.
In tale circostanza i 22 casi di nvCJD da datare potrebbero segnare l'inizio di una gigantesca epidemia. C'è anche la possibilità che la Tomkins sia stata contagiata tramite prodotti non composti da carne. Come la maggior parte dei vegetariani, lei beveva latte e mangiava formaggio, e fu probabilmente esposta a prodotti di origine bovina, come la gelatina, che è usata in una estesa varietà di cibi lavorati, così come nelle medicine e nei cosmetici.
Ciononostante test di laboratorio non hanno riscontrato infettività nel latte o nella gelatina. Se questi ultimi fossero il veicolo attraverso il quale la ragazza ha contratto la sindrome, ciò implicherebbe il fatto che i test esistenti non sono sufficientemente sensibili e che livelli non riscontrabili dell'infezione mortale sono entrati nella catena alimentare umana. Qualunque sia la causa, gli scienziati stanno facendosi sempre più interessati. Nel 1996 il microbiologo inglese John Collinge è stato uno dei ricercatori il cui lavoro è stato costantemente menzionato come l'evidenza che la sindrome della mucca pazza riservava pochi o nessun tipo di rischi agli umani.
Nonostante ciò, durante questo mese di agosto egli ha dichiarato:"Sto giungendo a conclusione che i dottori che lavorano in questo campo debbano dire quello che pensano anche se ciò può dare luogo ad ansie che, più tardi, possono rivelarsi infondate.

MENTRE L'INDUSTRIA VUOLE MANDARE IN COMMERCIO DEI PRODOTTI NON ANCORA RIVELATISI PERICOLOSI, GLI AMBIENTALISTI INSISTONO SUL FATTO CHE I CONSUMATORI NON DEBBANO MAI ESSERE USATI COME PORCELLINI D'INDIA.

Abbiamo delle grosse responsabilità da avvertire ,ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che ciò che diciamo può essere allarmistico e può causare irrimediabili danni economici. Ma non si può negare a lungo la possibilità che potremmo dover affrontare un'epidemia. E' impossibile pronosticare l'entità dell'epidemia; essa può coinvolgere solo un centinaio di persone, ma si potrebbe estendere in tutta Europa e diventare un disastro di proporzioni bibliche. Dobbiamo affrontare la possibilità di un disastro con 10.000 casi. Non sappiamo se ciò accadrà, ma ciò che è certo è che non possiamo permetterci di aspettare e rimanere a guardare. Dobbiamo fare qualcosa, proprio ora. Dobbiamo trovare delle risposte, non solo alle domande riguardanti la natura della sindrome, ma è necessario trovare un modo per sviluppare un trattamento efficace.


PUO' SUCCEDERE QUI?

Negli USA non è stato ancora documentato nessun caso dello studio inglese sulla encefalopatia spongiforme bovina, ma è evidente che un differente tipo di TSE si è già presentato nel bestiame americano. Epidemie di encefalopatia contagiosa sono state annientate in alcune fattorie di visoni, ed i dati epidemiologici mostrano chiaramente che questa rara sindrome si è diffusa tramite cibi contaminati. In ogni caso documentato da aggiornare, proteine bovine sono state parte della dieta alimentare dei visoni. Nel 1985 il professor Richard Marsh dell'università del Wisconsin indagò su un caso in cui la sorgente primaria di cibo degli allevatori di visoni proveniva da "mucche downer", animali ritenuti non idonei al consumo umano.
I loro sintomi, e.g., incapacità di restare in piedi, li accomunarono alla sindrome della mucca pazza.
Ulteriori ricerche hanno mostrato che quando la materia cerebrale è stata trasmessa dai visoni contagiati al bestiame sano, ha prodotto un tipo di TSE dai sintomi identici a quelli comunemente riscontrati nelle mucche "downer".
Un altro inatteso corso di rischio CJD raggiunse i titoli delle testate americane nell'agosto del 1997, quando i ricercatori studiarono 5 pazienti non imparentati nei quali era stata riscontrata CJD in una clinica del Kentucky ovest e scoprirono che tutti e cinque si erano cibati di cervelli di scoiattoli.
Benchè i cervelli di scoiattolo siano consumati da alcuni individui nelle zone rurali, essi costituiscono difficilmente una popolare qualità di cibo. Nessun caso di TSE era mai stato riscontarto in uno scoiattolo, ma il collegamento risultava sufficientemente allusivo affinchè i ricercatori sollecitassero all'"attenzione...nel consumare questi roditori".
Fin'ora sembra che gli USA abbiano schivato un'epidemia come quella che ha mandato in rovina l'industria di bestiame britannica; Ma ciò è avvenuto più grazie alla fortuna che non a solide tattiche. Anche dopo che l'Inghilterra proibì di cibare le mucche con mucche abbattute i funzionari dell'USDA continuarono a dire agli allevatori che tale pretica era sicura. Gary Wilson, dell'Associazione nazionale Cattlemen reagì ridicolizzando l'avvertimento di Rifkins (che avvisava che la BSE avrebbe potuto comportare dei rischi per gli individui) definendolo "uno sforzo molto creativo di indagine ed evidenza scientifica".
Wilson ammise che "l'industria potrebbe trovare delle alternative economicamente flessibili alle proteine animali sminuzzate...ciononostante , l'associazione non vuole rappresentare un precedente nell'essere governata dagli ambientalisti" Internamente, alcuni membri dello staff USDA, nell'ambito del servizio di ispezione della salute di animali e piante (aphis) si sono schierati per l'applicazione del principio precauzionale.
Un resoconto interno del 1992 raccomandava un bando ingiuntivo su alcune specie.
"Essi pensano che poichè c'è l'evidenza che maiali,gatti, visoni, cervi ed una larga varietà di animali sperimentali possano essere sensibili ad encefalopatiti spongiformi contagiose, l'unico sistema prudente consiste nel non nutrire alcuna specie animale con prodotti che possono contenere questi agenti" sosteneva il rapporto.
"Il vantaggio di questa scelta è che si riduce il rischio di BSE. Lo svantaggio è che il costo per il bestiame e le industrie sarebbe cospicuo."
Cionostante non fu intrapresa nessuna azionefino al 4 giugno del 1997, più di un anno dopo che il governo inglese ammise con riluttanza che gli esseri umani stavano morendo per aver consumato carne infettata da BSE. Il regolamento ora in corso bandisce ufficialmente la pratica di nutrire il bestiame con proteine derivate da altri ruminanti. Nonostante ciò le pratiche di nutrizione cannibalesca continuano con maiale, polli ed altre specie non ruminanti.
Fin'ora, quindi, esposto alla scelta tra un possibile danno alla salute pubblica ed un torto all'industria privata, il governo ha gettato al evnto il principio precauzionale.


ZITTO E MANGIA: LA CENSURA ALIMENTARE NEGLI USA

Nel frattempo, le società stanno cercando di raffreddare le critiche. Il 19 giugno un giudice inglese ha decretato che due ambientalisti avevano commesso una "Mc diffamazione" nel criticare la catena di ristoranti Mc Donald's perchè serve cibi grassi e poco salutari, perchè danneggia l'ambiente, perchè paga stipendi basi e perchè maltratta gli animali. Benchè il Ministro della Giustizia Rodger Bell avesse ammesso che vi era una base oggettiva per tale criticismo, decretò sotto la legge inglese per la diffamazione reazionaria che gli ambientalisti Helen Steel e Dave Morris erano comunque colpevoli ed ordinò loro di pagare $ 96000 di danni.
Negli USA l'industria alimentare sta facendo gli straordinari per decretare le leggi sulla diffamazione di stampo inglese, che rendono più facile il silenzio di ambientalisti e giornalisti.
Il business agricolo ha trascorso gli ultimi 10 anni promuovanedo leggi sulla "diffamazione del cibo" in dozzine di stati ed ottenendone l'approvazione in 13: Alabama, Arizona, Colorado, Florida, Georgia, Idaho, Louisiana, Mississippi, N. Dakota, Ohio, Oklahoma, S.Dakota e Texas.

questa pagina e' in fase di traduzione

chi vuole darci una mano puo' scrivere a tactical@tmcrew.org

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Nicknamed "banana laws" or "broccoli bills" by media, agricultural product disparagement laws were designed specifically and expressly to chill critics and protect industry profits by preventing people from expressing opinions that might discourage consumers from buying particular foods.
The scant media coverage of new laws has tended to trivialize the issues with cutesy wordplay and light-hearted commentary about "veggie hate crimes." "Mind how you disparage asparagus or berate broccoli," advised the headline in the Los Angeles Times. "Don_t

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Media coverage of the food disparagement
laws has trivialized the issues with
cutesy wordplay about"veggie hate crimes."

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bad-mouth that Brussels sprout. It could cost you," quipped USA Today. But while the media chuckle smugly, the potential chilling effect and the constitutional implications of the laws are largely ignored. Although the First Amendment states that "Congress shall make no law ... abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances," the new "agricultural product disparagement laws," are doing just that. They give the food industries the power to sue people who criticize their products, using standards of evidence which dramatically shift the "burden of proof" in favor of the industry. "In them, American agribusiness has its mightiest tool yet against food-safety activists and environmentalists, whose campaigns can cost industry millions if they affect consumers_ buying habits," observes Village Voice reporter Thomas Goetz.
The first target of a lawsuit under the new legislation is Howard Lyman of the Humane Society of the US, who is being sued along with Oprah Winfrey for warning on the Oprah Show about the human dangers associated with Britain_s epidemic of mad cow
disease. The lawsuit against him, filed in 1996 by cattleman Paul Engler, states that Lyman_s warning about mad cow disease "goes beyond all possible boundsof decency and is utterly intolerable in a civilized community."
The Oprah lawsuit will be the first test case for a new legal standard. "All agricultural eyes will be watching this one," observed one food industry lobbyist. Engler_s attorney described the suit as "a historic case; it serves as a real bellwether. It should make reporters and journalists and entertainers and whatever Oprah considers herself more careful."

SHIFTING THE BURDEN
Under previous laws, the food industry bore the burden of proof. To win a libel case, it had to prove that its critics were deliberately and knowingly circulating false information. Under the new standard, however, it doesn_t matter that Lyman believes in his statements, or even that he can produce distinguished scientists to support his conclusions. According

cattle_before_slaughter
"Finishing" feedlot for fattening up to 10,000 cattle before slaughter.

to Tom Holt, right-wing policy wonk with longstanding ties to right-wing institutions and causes, the new laws place "the onus on the disparaging activist, rather than under liability law, which would place the onus on the grower or manufacturer of the disparaged product." That means that instead of corporations being forced to prove their critics are wrong, food critics can be judged guilty unless they can prove that what they have said is right. The industry could convict Lyman of spreading "false information" if it convinced a jury that his statements on the Oprah show deviated from "reasonable and reliable scientific inquiry, facts, or data" a legal standard which gives a clear advantage to the multi-billion-dollar beef industry, particularly in Texas cattle country and particularly with respect to mad cow disease, an exotic illness whose characteristics continue to baffle researchers. And the penalties are stiff. In Idaho, defendants can be required to pay a fine equal to the plaintiff_s claimed financial damages. In Texas, the penalty is three times the damages. In Colorado, the legislation included provisions for up to a year of actual jail time.
"Agricultural disparagement statutes represent a legislative attempt to insulate an economic sector from criticism, and, in this respect, they may be strikingly successful in chilling the speech of anyone concerned about the food we eat," observes David
Bederman, Associate Professor of Law at Emory University Law School. "The freedom of speech, always precious, becomes ever more so as the agricultural industries use previously untried methods as varied as exotic pesticides, growth hormones, radiation, and genetic engineering on our food supply. Scientists and consumer advocates must be able to express their legitimate concerns. The agricultural disparagement statutes quell just that type of speech. At bottom, any restriction on speech about the quality and safety of our food is dangerous, undemocratic, and unconstitutional."
Kansas cattle rancher Jim Sartwelle disagrees. "That type of speech, I don_t feel needs to be protected," he argues. "It_s important to have some sort of backstop in place to penalize people for making unsubstantiated comments." That the Oprah case has emerged as the test may prove fortunate. Amid the scientific debate and many mysteries surrounding the disease, one fact has emerged undisputed. The disease in cows becae an epidemic because of modern farming practices, in particular the practice of feeding protein derived from rendered cattle back to other cows. Howard Lyman_s appearance on the Oprah Winfrey show focused precisely on this "cow cannibalism." He is being sued because he accurately and correctly told a national audience that the US meat industry is continuing to practice animal cannibalism on a
egg_laying_system
Thousand orf shickens in a battery egg-laying system are
kept in a small cages throughout their productive lives.

massive scale.

SLAPP HAPPY
No matter what the verdict in the Lyman case, though, the food industry expects to emerge a winner. Lyman is a victim of a corporate technique that has become so popular that it even carries its own cute nickname in legal circles. "Slapp suits," an acronym for "strategic lawsuits against public participation" are designed to sue people into silence and submission. "Thousands of slapps have been filed in the last two decades, tens of thousands of Americans have been slapped, and still more have been muted or silenced by the threat," write law professors George Pring and Penelope Canan in their 1996 book, Slapps: Getting Sued for Speaking Out. "[F]ilers of slapps rarely win in court yet often _win_ in the real world, achieving their political agendas. We found that slapp targets who fight back seldom lose in court yet are frequently devastated and depoliticized and discourage others from speaking out _chilled_ in the parlance of First Amendment

commentary." They are also often broke since these suits not only divert critics_ time and energy, but force them to spend

If we let industry set the rules of the debate, there will literally be no limit to what we'll have to swallow.

huge amounts of money defending themselves in court. "The longer the litigation can be stretched out . . . the closer the slapp filer moves to success," observes New York Supreme Court Judge J. Nicholas Colabella. "Those who lack the financial resources and emotional stamina to play out the _game_ face the difficult choice of defaulting despite meritorious defenses or being brought to their knees to settle. . . . Short of a gun to the head, a greater threat to First Amendment expression can scarcely be imagined."


"Initially we saw such suits as attacks on traditional _free speech _ and regarded them as just _intimidation lawsuits,_" Pring and Canan state. "As we studied them further, an even more significant linkage emerged: the defendants had been speaking out in government hearings, to government officials, or about government actions. ... This was not just free speech under attack. It was that other and older and even more central part of our Constitution: the right to petition government for a redress of grievances, the _Petition Clause_ of the First Amendment." Slapp suits threaten the very foundation of citizen involvement and public participation in democracy. "Americans by the thousands are being sued, simply for exercising one of our most cherished rights: the right to communicate our views to our government officials, to _speak out_ on public issues," state Pring and Canan. "Today, you and your friends, neighbors, co-workers, community leaders, and clients can be sued for millions of dollars just for telling the government what you think, want, or believe in. Both individuals and groups are now being routinely sued in multimillion-dollar damage actions or such _all-American_ political activities as circulating a petition, writing a letter to the editor, testifying at a public hearing, reporting violations of law, lobbying for legislation, peaceful demonstrating, or otherwise attempting to influence government action."

POWER TO THE PLAINTIFFS/
SUE AS I DO, NOT AS I SAY
Corporate libel lawsuits bring the formidable powers of government and industry together for the purpose of suppressing the views of people with complaints against the system. Ironically, the PR industry is eagerly hyping these lawsuits as populist solutions to the problem of too much government. According to Tom Holt, associated with Capital Research Center, reforms are necessary to make it harder to sue corporations because "the consumer movement has imposed significant costs on industr violated individual freedoms in a futile effort to protect us from our own actions and judgment."31 In order to restore those freedoms, Holt is now calling for new laws so that corporations can more effectively sue, chastise and punish their enemies. "Could lawsuits be the cure for junk science?"


he asked in a 1995 issue of Priorities, the monthly publication of Elizabeth Whelan_s corporate-funded right-wing advocacy group, the American Council on Science and Health.
Holt complained that current libel law "has been a major stumbling block to the progress of a lawsuit brought by the Washington Apple Growers against the National Resources Defense Council, perpetrators of the Alar scare. The growers initially filed suit in Yakima County (Wash.) Superior Court; but . . . the growers lost their case." Fortunately, he added, "agribusiness is now fighting back, shepherding what are known as _agricultural product disparagement laws_ through state legislatures. . . . On the national level, the National Association of State Departments of Agriculture failed in its attempt to include similar provisions in the 1995 farm bill."

THE MEAT OF THE MATTER
Not surprisingly, given its disastrous safety record and vulnerability to liability, the meat industry is spearheading the current drive to undercut consumer protections. Leading the charge is the nonprofit, tax-exempt Animal Industry Foundation (AIF), which calls itself "animal agriculture_s collective voice on food animal production, its effect on diet and

environment, and its contributions to our quality of life." AIF_s corporate funders include the powerhouse Burson-Marsteller and Hill & Knowlton PR firms. Its trustees include a who_s-who of meat industry lobby and trade associations: the American Farm Bureau Federation, American Feed Industry Association, American Sheep Industry Association, American Society of Animal Science, American Veal Association, National Broiler Council, National Cattlemen_s Beef Association, National Milk Producers Federation, National Pork Producers Council, National Turkey Federation, Southeastern Poultry & Egg Association and United Egg Producers.
Rather than push for legislation at the national level, the food industry has worked quietly state-by-state while avoiding a controversial national debate. "The model for these statutes was developed by the American Feed Industry Association," boasts an AIF newsletter. "If you_d like a copy of the model state legislation, please contact in writing Steve Kopperud at afia."34 AIF in fact shares the same address, phone and staff as afia the American Feed Industry Association, a "national trade association representing the manufacturers of more than 70 percent of the primary formula livestock and poultry feed sold annually."
A letter Kopperud wrote to Consumer Reports is

sausage_being_made
Contrary to the old adage, you should watch both policy
and sausage being made-if you value your stomach.


a model of Orwellian double-speak. In it he defended the industry_s rationale behind food disparagement laws, claiming that they "do not repress free speech, but rather compel a speaker to think twice about opportunistic or false statements and the damage such rhetoric can do. ... Food disparagement laws, as tools to make more honest our national discussion of food safety, are the ultimate consumer protection." The AIF speaks more bluntly in literature aimed at farmers: "Animal rights activists . . . threaten the survival of today_s farmers and ranchers. ... It_s time to fight back! ... through advertising, elementary school programs, publications and videos, news media outreach and public opinion research."

TERMS OF THE DEBATE
With this arsenal at their disposal, the food industry certainly has enough power to make its voice heard in debates over food safety, but it never seems to feel that it has enough power. It would be convenient, from the industry_s perspective, to shield itself from "hysteria, panic and instability" if it could limit the debate to "experts," through censorship easures such as "food disparagement laws."

Mad cow disease, however, is only one of multiple indications that the modern food industry is tampering with forces of nature that it does not fully understand. "BSE is the Cher-nobyl of food safety," writes Nicols Fox in her important new book, Spoiled: The Dangerous Truth About a Food Chain Gone Haywire. "Just as the world_s worst nuclear accident transformed public thinking about the wisdom of producing electricity by a means with the potential to be so damaging for so long a time, BSE is a warning shot across the bow of intensive farming practices, the worldwide distribution of agricultural products, and the demand for cheap food," she adds. "It underscores the dangers inherent in creating a division between animal and human medical science and making the erroneous assumption that they are not directly related. It underlines the inherent flaw in entrusting the safety of food to a government agency that is at the same time mandated to protect the agricultural industry."
The debate over these practices needs to involve more than the voices of industry and its designated experts. If we let industry set the rules of the debate, there will literally be no limit to what we_ll have to swallow, and the nightmare of mad cow disease or something just as bad, or worse not only can happen again, but almost certainly will.


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