Correva l’anno 1992 quando nel nostro bel paese si consumava la famosa
strage di Capaci. La mafia uccideva Giovanni Falcone. Lo stato democratico,
allora rappresentato da Andreotti come capo del governo e Martelli ministro
della giustizia, sentendosi ferito ed umiliato, decide di far nascere un carcere
del tutto speciale, un carcere più “vero” rispetto a quello
che fino ad allora era… nasce così il cosiddetto “carcere
duro”, o anche comunemente chiamato “41 bis”.
Ecco dove sono le radici della regolamentazione carceraria del 41 bis che oggi
torna a far parlare di sè, nel lontano ’92. Dieci anni fa si istituiva,
quindi, il 41 bis come arma contro l’organizzazione mafiosa e i detenuti
del 41 bis, sin dalla sua nascita, erano quasi tutti mafiosi. È doveroso
dire che sotto le grinfie del terribile 41 bis non sono finiti solamente i temuti
e pericolosi mafiosi, per cui lo stesso carcere era stato progettato e voluto,
ma anche detenuti che definiremmo “comuni”, i quali hanno dovuto
fare conti col carcere duro per via di inceppamenti della vecchia macchina giudiziaria
e burocratica italiana, o chissà per quali altri oscuri motivi. È
questo il caso di Giuseppe Chierchia, ma si sa che tutti possono sbagliare…
cosa volete… non possono sbagliare anche gli uomini di legge?!
Comunque quello che adesso vorremmo focalizzare con più attenzione è
questo benedetto (…per alcuni, maledetto per altri) carcere duro. Si tratta
ovviamente di una pena carceraria particolare per cui, dalla sua istituzione,
sono state create aree specifiche.
Nella nostra Italia, oggi, le strutture carcerarie che sono fornite di specifici
bracci per il 41 bis sono 13, sparse da Novara fino a Napoli. Generalmente la
sessione per i 41 bis è una sorta di palazzina staccata dal resto del
carcere e in 6 delle 13 strutture sono presenti ambienti speciali per i detenuti
eccellenti come Totò Riina o Bagarella. Al momento di detenuti eccellenti
se ne contano 17. In pratica è un carcere speciale per detenuti speciali!
I “fortunati” prigionieri che devono scontare la pena sotto 41 bis
stanno, infatti, in celle singole ma con delle finestre del tutto particolari
perché dispongono di ben tre tipi di sbarramenti: il primo fatto con
sbarre vere e proprie, il secondo da una rete abbastanza fitta ed il terzo è
in pratica una tapparella dalla quale passano pochissima aria e pochissima luce.
Quest’ultima barriera con l’esterno è tra i prigionieri chiamata
simpaticamente gelosia.
In queste confortevoli celle i detenuti ovviamente non possono tenere nessun
oggetto, o meglio… possono tenere con sè un massimo di un libro,
ma oltre quello nulla di nulla, niente fotografie e niente giornali, niente
musica. La posta è tutta controllata e possono ricevere al massimo 2
pacchi postali al mese. I colloqui per i detenuti del 41 bis sono quasi impossibili,
limitati al numero di uno al mese ed il contatto fisico con i parenti è
completamente annullato da un vetro spesso e alto fino al soffitto; per parlare
con i familiari bisogna dunque usare un citofono. Nei casi specifici dei carceri
di Viterbo e L’Aquila i colloqui avvengono in stanze piccole quanto due
cabine telefoniche grandi un metro per un metro. I detenuti sotto 41 bis hanno
diritto ad abbracciare solamente i figli sotto i 12 anni, in incontri non superiori
ai 10 minuti, in altre stanze senza vetro divisorio e durante tali incontri
sono ovviamente sottoposti a videoregistrazione. L’ora d’aria esiste
ma spesso è solo un modo di dire o un’ora come un’altra,
dato che gli spazi del passeggio sono nella gran parte di queste prigioni ridottissimi.
C’è da immaginare che tali reclusi sperino solo nelle date dei
processi per poter vedere altri esseri umani e per spezzare la monotonia, ma
a questi detenuti è stato tolto persino il diritto ad essere presenti
in aula durante le udienze. I processi per questi prigionieri, infatti, devono
essere svolti in video conferenza dall’interno della galera.
Questo tipo di carcere prima del 23 Dicembre scorso era solo una sorta di “eccezione”,
un trattamento speciale per i mafiosi, che doveva essere riconfermato da chi
di dovere ogni sei mesi. Dal 23 Dicembre 2002, però, le cose sono un
po’ cambiate e questo sistema carcerario è entrato ufficialmente
a far parte integrante del nostro sistema carcerario. Lo ha voluto ad unanimità
la commissione Giustizia del Senato della Repubblica e così eccolo qua,
a garantire la giustizia e a scoraggiare l’ingiustizia. Era ora!!! qualcuno
soddisfatto esclamerà. E qualcun altro invece no…
Oltre a rendere fisso e regolare il 41 bis, la “giusta” Commissione
di Giustizia del Senato (dato che c’era…) ha voluto fare le cose
per bene ed in grande e ha pensato allora di estendere il regime di 41 bis anche
a terroristi, narcotrafficanti e schiavisti (con i tempi che corrono…
meglio abbondare!).
Tremate malfattori, la giusta legge non guarda in faccia nessuno, mafiosi, terroristi…
tremate tutti. Già perché è certo che il carcere duro serve
si ad ostacolare ogni contatto tra i detenuti e l’esterno, ma è
anche vero che un secondo fine per nulla celato c’è, ed è
proprio quello di servire da monito per chiunque osi anche solo pensare di sfidare
le sacre fondamenta della democrazia.
E poi diciamoci la verità… dopo l’11 Settembre per lo Stato
italiano avere un’aria da “duro” è proprio importante.
Qualcuno, però, evidentemente non la pensa così perché,
qualche domenica fa, tra gli spalti dello stadio di Palermo, durante una partita,
è comparso un grande striscione dove era scritta la frase “UNITI
CONTRO IL 41 BIS”. Subito è stato scandalo. Non si può (ovviamente
secondo alcuni) essere contro il 41 bis, perché ciò significa
essere con la mafia o con i terroristi. Si apre, perciò, la caccia a
quei birbanti ultrà che hanno esibito quell’infame striscione,
sicuramente sono dei poco di buono e anzi… con molta probabilità
sono anch’essi dei mafiosi degni del 41 bis.
Noi dovremmo essere tutti uniti e compatti nel difendere tale sacro regime carcerario,
dovremmo tutti insieme riflettere e capire che il 41 bis è la cosa più
bella che c’è e che se non esistesse sarebbe tutto peggio di adesso.
La mafia non avrebbe paura di nessuno, i terroristi nemmeno, i narcotrafficanti
peggio ancora… mamma mia!
Eppure, a dirla tutta… tutti a sostegno del 41 bis non siamo, non solo
gli ignoti ragazzi ultrà palermitani sono contro il carcere duro, ma
anche una gran parte della popolazione.
Sono in molti a credere che tale regime carcerario è un continuo oltraggio
ai diritti dell’uomo. OK, le persone che hanno a che fare col 41 bis non
sono proprio delle personcine a modo, ma chi è lo Stato per togliere
addirittura anche il diritto alla socialità ad un essere umano? È
verissimo, il 41bis è nato per ostacolare i rapporti e quindi le comunicazioni
dei detenuti con l’esterno e con gli altri detenuti, ma è anche
vero che spesso la durezza di tale carcere è servita a ben poco. Lo dimostrano
le parole del pentito Luigi Giuliano che ha spiegato bene a tutti come i severi
controlli alla fine vengano elusi regolarmente. Ecco allora che il 41bis, spogliato
della sua intenzione primaria, restava solamente un inutile strumento di tortura
nei confronti di esseri umani che, seppur non allineati con il volere dello
stato, restano pur sempre esseri umani. Certo… probabilmente il caso del
sig. Giuliano è solo un caso a sé, un’eccezione che forse
non fa la regola, ma di sicuro nessuno lo saprà mai, nessuno può
infatti veramente dire se il 41 bis serve nei fatti a ostacolare le comunicazioni
oppure è solo uno sciocco strumento di tortura. Eppure dal 23 Dicembre
il 41 bis è “regola”. Lo ha voluto lo Stato che si dichiara
democratico ma, come abbiamo visto, dentro le sessioni del 41 bis di democratico
c’è veramente poco.
Dal regime di 41 bis si può uscire, è vero, basta rinnegarsi,
pentirsi, chinarsi al volere dello Stato. Altro palese motivo per cui il 41
bis continua ad esistere e anzi a rafforzarsi nella nostra democrazia, è
proprio quello di rendere la vita del carcerato talmente impossibile, talmente
aspra e brutta da annientarlo dentro, per farlo pentire in maniera coatta. Ci
chiediamo a cosa possa servire il pentimento coatto di un mafioso o di un terrorista
ad uno Stato e ci chiediamo pure se stiamo ancora parlando di un tipo di carcere
di un paese democratico o se abbiamo fatto confusione con le carceri iraniane
o turche. No, non abbiamo fatto alcuna confusione, stiamo ancora parlando di
qualcosa appartenente alla nostra bell’Italia “patria di civiltà”
e alla nostra amata e sbandierata democrazia… purtroppo.