Sull'estensione del 41 bis
mcs
29 settembre 2002
La commissione giustizia al senato ha approvato, all'unanimità (altro che bipartisanism...), la definitiva implementazione nel regolamento penitenziario dell'articolo 41 bis che regola la restrizione delle libertà personali dei detenuti per reati di mafia (quelli ritenuti a capo di associazioni o assimilati). Quando il 41 bis fu introdotto, all'incirca dieci anni fa, fu inteso come norma provvisoria perché erano forti le perplessità sugli effetti che avrebbe avuto nel nostro ordinamento l'immissione di un circuito di detenuti speciali, con forti privazioni della libertà personale. Del resto gli effetti, nella vita carceraria e nella sfera normativa di dispositivi emergenziali come l'articolo 90, applicato durante gli anni di piombo, erano ben presenti specie per un legislatore che rischiava di subire le pene che prescriveva (si parla del primo periodo di Tangentopoli). Dieci anni dopo non solo classicamente l'eccezione transitoria é diventata norma ma, nell'operazione di normalizzazione, si é anche estesa. Il regime di "carcere duro", così viene definito dal mainstream mediatico che lo ha assunto a metro del comportamento statuale in materia di gestione dei detenuti prodotti durante le emergenze, si é infatti esteso ai reati di terrorismo o connessi all'appartenenza ad organizzazioni che favoriscono l'espatrio senza permesso di soggiorno. Sui messaggi niente affatto trasversali, e rimbalzati su tutti i media, di alto sgradimento di questo regime di carcere duro (e non è uno slogan) da parte dei maggior boss mafiosi credo non ci sia da aggiungere nulla. Un po' di più se si pensa che questa normalizzazione ed estensione del 41 bis é un banco di prova dei rapporti di buona parte dell'attuale maggioranza di governo con i poteri forti di stampo mafioso. A parte le consuete beghe di pollaio nella casa delle libertà un'ipotesi é questa: l'allargamento del 41 bis accontenta oggi l'anima più forcaiola della maggioranza (e il centrosinistra, alfiere del "carcere duro per i mafiosi"). Il che non impedisce che domani, con il ddl Cirami o disegni di legge meno conosciuti come il Pepe-Saponara, diversi capi mafiosi possano sottrarsi al 41 bis grazie ai dispositivi di legge fatti valere nei processi. È un'ipotesi che ha bisogno di molti fatti per essere verificata ma intanto di fatti ce n'è uno. Quello che vede un inasprimento delle condizioni detentive per i detenuti condannati per reati di terrorismo in un periodo dove, almeno nel circuito mediatico (anticamera delle attenzioni del legislatore), si fa presto a guadagnare il grado di fiancheggiatore del terrorismo. Insomma, si prevede l'estensione di condizioni subumane di detenzione a reati connessi con una sfera di comportamenti verso la quale é quasi quotidiana l'accusa di connivenza da parte del media mainstream. Il rischio é che questa "valorizzazione" delle condizioni di detenzione per terrorismo produca abbastanza argomenti per il circuito mediatico ben attento a costruire connivenze e fiancheggiamenti. Insomma più il "terrorista" é socialmente pericoloso, anche nella condizione coatta, più sono giustificabili gli argomenti paranoici di inchiesta giornalistica a ricerca, o invenzione, del connivente con tali fenomeni. Ora giova raccontare che il 41 bis é uno degli articoli preferiti dal buona parte del ceto togato al quale i girotondi fanno riferimento. Personaggi come Castelli e Vigna, nonché buona parte della pubblicistica che sfocia nella protesta della "società civile", hanno sostenuto che il 41 bis ha funzionato perché ha ridotto e di molto la capacità della parte di cupola mafiosa incarcerata di comunicare all'esterno. Il problema è che siamo alle solite: la via emergenziale, prigionistica, militare di lotta alla mafia produce la normalizzazione di articoli come il 41 bis, la loro estensione e lascia pressocché intatto l'ambiente sociale che permette la riproduzione del fenomeno mafioso (tant'è che dopo la "primavera di Palermo" il potere l'ha preso Forza Italia). C'è poi il problema della saldatura tra cultura emergenziale e i movimenti che hanno fatto presa e conteranno nella definizione e nello svilupparsi delle opzioni politiche nel nostro paese. Temo, visto il metodo con il quale procede buona parte del "movimento dei movimenti" (quello di affiliarsi con altri movimenti cercando un minimo comun denominatore finendo per assimilarvisi in nome dell'unitarismo) che queste pericolose legittimazioni dal basso dei dispositivi governamentali del prigionismo e dell'emergenza non verranno certo messi in discussione. Con buona pace di quei settori di movimento che, obtorto collo, si trovano o si troveranno nell'occhio del ciclone mediatico e nell'ottica del potere giudiziario.
mcs
Fonte: pubblicato sulla mailing list rekombinant rekombinant@autistici.org