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Torture, spuntano mille nuove fotografie

Corriere della Sera, 6 maggio 2004

Il Washington Post: gli scatti dell'orrore giravano tra i soldati. Il quotidiano americano parla oggi di un cd con altre immagini degli abusi commessi sui detenuti iracheni.

La tortura nell’era della fotografia digitale. Dal carcere di Abu Ghraib continuano a spuntare nuove prove degli abusi commessi dai carcerieri americani ai danni dei detenuti iracheni. Il «Washington Post» scrive di essere giunto in possesso di almeno 1000 scatti digitali. Monotona e banale ma agghiacciante l’iconografia della paura e del dileggio: ancora uomini nudi, variamente legati e incappucciati, bloccati in posture ridicole e umilianti e puntualmente esposti allo scherno e al disprezzo. Le foto in questione, rivela il «Washington Post», erano state caricate su una serie di compact disc e circolavano liberamente tra i soldati della 372esima Compagnia di Polizia militare, un’unità di riservisti normalmente stanziata a Cresaptown. Spesso i militari inviavano le stesse foto anche ai commilitoni rimasti in patria. Alcune delle nuove immagini: una giovane donna solleva la maglietta e mostra il seno (ma non è chiaro se sia una soldatessa o una detenuta); una soldatessa (l’immancabile Lyndie England, già vista in altri orribili scatti) porta al guinzaglio un prigioniero iracheno; un soldato simula atti sessuali con iracheni apparentemente morti o feriti. Tra le nuove foto - rivela a sua volta il sito Drudge Report - alcune documentano anche torture e crudeltà contro gli animali. In uno scatto alcuni militari posano accanto a una mucca decapitata mentre in un altro si vedono diversi gatti sgozzati e decapitati a loro volta.

INCHIESTA - Intanto, il Dipartimento di Giustizia Usa ha aperto un’inchiesta su tre casi di presunta tortura in Iraq e in Afghanistan. Episodi che si sono conclusi con la morte del detenuto. Secondo il «New York Times», sono stati messi sotto accusa agenti della Cia e dipendenti di società private sotto contratto con la Difesa. Visto che si tratta di giustizia civile, e non di militare, se riconosciuti colpevoli gli autori degli «omicidi» potrebbero anche essere condannati alla pena capitale.

AMMISSIONE - Il primo caso riguarda la morte di un maggiore della Guardia Repubblicana irachena, deceduto nel novembre 2003 pochi giorni dopo essere stato sottoposto a interrogatorio da parte di agenti della Cia in un centro interrogatori nell’Iraq occidentale. La Cia ha ammesso il coinvolgimento sia di propri agenti, sia di privati, ma finora si è rifiutata di fornire i nomi. Il secondo caso risale anch’esso al novembre 2003, ed è avvenuto nella famigerata prigione di Abu Ghraib. Il detenuto prima di morire è stato interrogato da un privato. Ma l’Agenzia in questo caso sostiene che l’uomo si sarebbe «accasciato improvvisamente da solo». Il terzo episodio è, invece, del giugno 2003, in Afghanistan. Anche questa volta a condurre l’interrogatorio è stato un privato al soldo della Cia.