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Era un ordine della Cia: torturateli

Ma.Fo.

il manifesto, 9 maggio 2004

Una direttiva del Pentagono aveva dato ordine di «cambiare le procedure» per ottenere la «massima cooperazione» durante gli interrogatori: è una nuova rivelazione. Una soldatessa: ci avevano ordinato di «rendergli la vita un inferno». La situazione del segretario alla difesa Rumsfeld è critica, nei circoli interni della Casa Bianca qualcuno comincia a mollarlo. La consigliera Condoleeza Rice «non sarebbe scontenta» della sue dimissioni: «è diventato di peso al presidente».

Il presidente George W. Bush ha ripetuto: «Ciò che è avvenuto in quel carcere in Iraq è la malefatta di pochi, e non riflette il carattere degli oltre 200mila militari che hanno servito in Iraq», ha detto nel suo settimanale discorso radiofonico. E però ieri nuovi elementi si sono aggiunti a dire proprio il contrario, che le torture nel carcere di Abu Ghraib sono state sistematiche e pianificate - mentre sul piano strettamente politico a Washington sembra aperto il conto alla rovescia sul segretario alla difesa Donald Rumsfeld. La linea di difesa dell'amministrazione - «il comportamento di pochi» - è contraddetta da una nuova indiscrezione. Sembra che sia stata una precisa direttiva del Pentagono a chiedere di «cambiare le procedure» negli interrogatori per «ottenere maggiore collaborazione» da parte dei detenuti: così rivela un rapporto interno del Pentagono di cui l'agenzia France Presse dice di aver ottenuto copia. Anche questo rapporto è firmato dal generale dell'esercito Antonio Taguba, e dettaglia le tecniche atte a «ottenere maggiore collaborazione»: tra le altre quella di scattare foto ai detenuti, maschi e femmine, nudi, e mentre subiscono trattamenti come quelli mostrati dalle foto - gli atti sessuali simulati e così via. La cosa è rafforzata dalle dichiarazioni di un avvocato americano (nonché deputato repubblicano al Congresso), Steve Buyer: ha detto che l'anno scorso era stato selezionato per servire come consigliere legale per le unità militari addette ai prigionieri a Baghdad, ma poi il Pentagono lo ha rifiutato. Ieri il ministero della difesa americano ha dovuto confermare che non c'era nessun legale a Abu Ghraib. Insomma: gli addetti ai prigionieri non avevano nessun addestramento specifico, non sapevano nulla di regole e convenzioni di Ginevra o di norme legali, ma avevano l'ordine di «rendergli la vita un inferno».

La denuncia del Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr), rimasta riservata fino a qualche giorno fa, già smentisce in modo netto la tesi del «comportamento di pochi»: in un rapporto alla Casa Bianca la Cicr aveva dettagliato sistematiche violenze, «spesso vere e proprie torture», rilevate durante le sue visite a Abu Ghraib tra marzo e novembre 2003. «Quello che abbiamo descritto è parte di un sistema ampio e preciso», aveva detto venerdì il cirettore della Cicr, Pierre Kraehenbuehl, rompendo l'abituale riserbo.

Anche i soldati sotto inchiesta per le violenze inflitte ai detenuti di Abu Ghraib cominciano a parlare. Una è Sabrina Harman, una del gruppo delle «foto ricordo con tortura»: intervistata dal Washington Post per porta elettronica da Baghdad, dove ancora si trova, dice che come polizia militare il compito loro assegnato era proprio quello di «tenere svegli e rendere la vita infernale» ai prigionieri «così poi avrebbero parlato». La soldatessa precisa che prendevano gli ordini da ufficiali dell'intelligence militare, agenti della Cia e dai contractors civili che conducevano gli interrogatori. Parla poi un sergente della Guardia nazionale, anche lui assegnato alla polizia militare, sotto inchiesta per aver spararto e uccisi due detenuti durante una rivolta interna a Abu Ghraib il 24 novembre: intervistato dalla Reuter dice che non poteva fare altrimenti. Non ha per ora aperto bocca la soldato semplice (Private first class) Lynndie England, quella che compare nella foto con un uomo nudo al guinzaglio. Ierila ventunenne riservista è stata formalmente incriminata per quattro capi di imputazione: maltrattamenti premeditati, vie di fatto, atti «pregiudizievoli all'ordine e alla disciplina» e atti osceni. Ne dà notizia un comunicato della base di Fort Bragg, in California, dove la soldatessa è attualmente in servizio presso la polizia militare.

Sopravviverà Donald Rumsfeld a tutto questo? Il portavoce della Casa Bianca Scott McClellan ieri ha detto che il presidente Bush lo ha chiamato, ieri, per «congratularsi» per la sua deposizione venerdì al Congresso. La posizione del segretario alla difesa però appare difficile: anzi, il New York Times ieri suggeriva che nei «circoli interni» della Casa Bianca qualcuno comincia a mollarlo. Una persona vicina alla consigliera per la sicurezza Condoleeza Rice dice che lei non sarebbe scontenta se lui si dimettesse. «Ormai è diventato un inconveniente er il presidente, e ha complicato la missione in Iraq», ha detto questa persona, e aggiunge: «Stanno aspettando di vedere cosa il sistema riuscirà a sopportare, se la storia si sgonfia Rumsfeld sopravvive». Il portavoce di Condoleeza Rice ha in seguito smentito che la consigliera voglia le dimissioni di Rumsfeld.

Si sgonfierà la storia? sembra improbabile. Lo stesso Rumsfeld ha detto al Congresso che ci sono altre foto e anche filmati. Ieri la televisione Abc ne ha sparata un'altra, quella di un detenuto iracheno in fin di vita per colpi di karaté alla nuca, poi lasciato morire nelle sue feci. È successo in data non precisata a White Horse, la base militare presso Nassiriyah poi assegnata al contingente italiano.