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Mi fecero penzolare sulla gabbia dei leoni

La Repubblica, 9 maggio 2004

Sadeq, un commerciante iracheno imprigionato per 8 mesi

"Fui portato, con un'altra ventina di persone, incappucciato in quello che era stato il palazzo presidenziale di Saddam Hussein. A 30 metri c'era la gabbia con i leoni di Uday. I soldati ci portarono a turno lì sulla porta della gabbia e ci sporsero dentro. Io fui il quarto, ero terrorizzato". A raccontare i suoi 8 mesi di calvario a le Monde è il rampollo di una famiglia di commercianti iracheni cui è stato dato il nome di "Sadeq".
"Ma alla fine non ci spinsero dentro, volevano solo farci prendere paura". Più tardi fu trasferito in vari carceri iracheni. "Eravamo sistematicamente denudati e percossi, spesso fino a perdere conoscenza. Dovevamo stare in piedi, anche uno o due giorni di fila".

Giocavano a kick-boxing con i nostri corpi

La Repubblica, 9 maggio 2004

Kifah Talan ha problemi renali per le botte ricevute

"Un gioco terribile aveva a che fare con il kick-boxing. I soldati ci circondavano e facevano a gara per chi ci avrebbe colpito di più, in ogni parte. Lo scopo era quello di cercare di farci schiantare, a calci, contro il muro". A parlare è Kifah Talah, ingegnere di 44 anni.
"Sono stato incappucciato, picchiato sul collo, il petto e i genitali per ben tre giorni, prima che mi obbligassero anche a danzare di fronte a loro: "Balla come Michael Jackson" gridavano". Le violenze furono compiute da soldati inglesi. "Oltre ai sacchi in testa, ci versavano addosso acqua gelata dopo averci dato da mangiare cibo immangiabile. Per le botte e tutto il resto ho poi sofferto di gravi problemi renali" ha raccontato all'Independent.

Dovevamo picchiarli per farli parlare in fretta

La Repubblica, 9 maggio 2004

Ivan Frederick, detto "Chip" ha tenuto un diario delle torture

"Succedeva che i prigionieri morissero durante la tortura - ha scritto nel suo diario Ivan "Chip" Frederick, il sergente che comandava i torturatori - . Un cadavere lo misero in sacco e lo impacchettarono nel ghiaccio per 24 ore nella doccia del blocco 1B. Il giorno dopo vennero gli infermieri e lo portarono via in barella mettendogli al braccio una falsa endovena.
Questo prigioniero non è mai stato incluso nel registro ufficiale del carcere perciò non ha mai avuto una identità. I prigionieri - scrive ancora il sergente - erano costretti a rimanere senza indumenti o con mutandine da donna, ammanettati alla porta della cella. L'unico obiettivo era quello di pressarli il più possibile in modo da farli parlare. Dissi al comandante delle condizioni dei detenuti ma mi rispose che dovevo solo obbedire ai suoi ordini".