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Torture, il Pentagono aveva un manuale segreto
Roberto Rezzo
L'Unità, 10 maggio 2004

Se nessuno controllava quel che accadeva dentro le prigioni militari americane in Iraq è perché così qualcuno voleva che fosse. Qualcuno molto in alto, al vertice del Pentagono. Lo si scopre mentre vengono pubblicate altre immagini agghiaccianti di detenuti seviziati, uno fatto sbranare da un cane, e un documento riservato che spiega quali tecniche i militari possono usare per sciogliere la lingua ai prigionieri.

Steve Buyer, un avvocato militare che per inciso è anche deputato del Partito repubblicano alla Camera, ha rivelato che lo scorso anno si era offerto di partire volontario per sorvegliare le condizioni dei detenuti, ma la sua missione era stata bocciata dal dipartimento alla Difesa. Buyer aveva chiesto di unirsi proprio alla 800ma brigata di polizia militare, quella da cui dipende il famigerato carcere di Abu Ghraib alla periferia di Baghdad, e lo aveva fatto in base a una solida esperienza: durante la prima guerra del Golfo, come riservista, era incaricato della supervisione dei prigionieri in una delle due strutture gestite dall'esercito americano. Il suo compito era proprio quello di controllare che fossero rispettati i regolamenti militari e le leggi internazionali.

«Se c'è una fase suscettibile di abusi e maltrattamenti nei confronti dei prigionieri è proprio quella degli interrogatori», ha spiegato Buyer in un'intervista al quotidiano Indianapolis Star. E ricorda di aver messo in guardia un alto funzionario civile del Pentagono con queste parole: «Lasciate che vi spieghi cos'è che blocca un processo di pace: far scoppiare un casino in un campo di detenzione». Il suo interlocutore era Charles Abell, braccio destro di David Chu, capo del personale del Pentagono, dal cui ufficio era scattato il veto alla missione di sorveglianza.

Forte della sua carica di deputato e consapevole di essere stato tra i più convinti sostenitori della guerra in Iraq, Buyer tentò di mettersi in contatto con il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, perché riconsiderasse la decisione. Rumsfeld non si degnò mai di rispondere alle telefonate, ma in compenso si fece di nuovo vivo Chu, il capo del personale, questa volta con una motivazione per giustificare il diniego. La notorietà acquisita come parlamentare faceva di Buyer un possibile obiettivo dei ribelli, e quindi la sua presenza avrebbe finito per mettere a repentaglio la sicurezza delle truppe. L'argomento parve ragionevole alle gerarchie militari, soprattutto perché erano convinte che al posto di Buyer sarebbe stato nominato un altro avvocato. La fiducia era mal riposta. Come ha stabilito al di là di ogni ragionevole dubbio il rapporto stilato dal generale Antonio Taguba, che per primo ha indagato sulle torture e sugli omicidi dei detenuti ad Abu Ghraib, la mancanza di controlli e l'ignoranza delle più elementari norme del codice militare, «sono stati un fattore determinante per le violenze e gli abusi».

Dall'alto non era arrivata solo la decisione di evitare controlli, ma anche quella di usare la mano pesante per interrogare i prigionieri. Un documento rimasto sinora segreto, approvato nell'aprile dello scorso anno dal dipartimento alla Difesa e da quello alla Giustizia, stabilisce quali tecniche possono essere utilizzate per convincere i detenuti a parlare. Un sinistro manuale in venti punti che spiega come usare pressioni fisiche e psicologiche per rendere gli interrogatori «più produttivi», applicato a Guantanamo e poi in Iraq.

«Volevamo trovare un modo legale per convincere i detenuti a parlare - ha spiegato al Washington Post uno degli avvocati che ha partecipato alla stesura del documento - Volevamo un po' più di libertà rispetto a una prigione americana, ma non la tortura».

La libertà consisteva nel «disorientare» il detenuto, nel tenerlo sveglio per giorni interi, nel costringerlo a indossare indumenti femminili per «instillargli un senso di futilità». Kenneth Roth, direttore di Human Right Watch, ribatte che queste tecniche rientrano a pieno titolo nel trattamento inumano e crudele bandito dalle convenzioni internazionali. «I tribunali americani hanno più volte dichiarato incostituzionale questo tipo di pratiche. E se sono illegali in America lo sono anche all'estero. Punto e basta».