Fu il generale Geoffrey Miller a consigliare l'uso di cani da guardia durante gli interrogatori sui detenuti iracheni nelle carceri americane in Iraq. A rivelarlo, scrive oggi il 'Washington Post', è stato il colonnello Thomas Pappas, alto ufficiale dell'intelligence militare americana, precisando che l'idea di Miller, all'epoca a capo del centro di detenzione a Guantanamo Bay, fu poi messa in pratica attraverso l'adozione di un provvedimento approvato dal generale Ricardo Sanchez. "Si tratta di una tecnica di cui ho personalmente discusso con il generale Miller, quando è venuto in visita" a Abu Ghraib, ha testimoniato Pappas, a capo della 205a brigata dell'Intelligence Militare. "Ha detto che usavano i cani a Guantanamo e che erano efficaci nel creare l'atmosfera in cui si potevano ottenere informazioni" dai prigionieri, ha riferito al generale Antonio Taguba, stando ai documenti ottenuti dal 'Washington Post'.In due diverse occasioni Pappas ha sostenuto che fu Miller a dargli l'idea, precisando che il generale definì l'uso di cani "con o senza museruola 'OK'". Il generale ha però smentito attraverso i portavoce che quelle conversazioni ebbero mai luogo. "Miller non ha mai avuto conversazioni con il colonnello Pappas sull'uso di cani negli interrogatori in Iraq. E questi cani non sono mai stati usati a questo fine a Guantanamo", ha dichiarato Mark Kimmit, portavoce delle forze americane in Iraq. Secondo il 'New York Times', le torture, le violenze ed i maltrattamenti dei prigionieri iracheni, in alcuni casi protratti fino alla morte del detenuto, sono state commesse dai militari americani già nei giorni immediatamente successivi alla caduta del regime di Saddam Hussein. Lo rivela il quotidiano americano, che ha ottenuto una copia del rapporto, datato cinque maggio, preparato dal Comando per le inchieste penali, su richiesta dell'esercito, in cui denunciano nuovi episodi di violenze, commesse non nella prigione di Abu Ghraib. C'è addirittura un caso che risale al 15 aprile 2003, cioè sei giorni dopo la 'presa di Baghdad'. Ma l'elenco arriva fino al mese scorso, quando un prigioniero detenuto dai commando della Marina è morto "per un trauma al petto provocato da percosse ed asfissia". Stando a un'inchiesta del quotidiano americano 'Baltimore Sun', i privati che eseguivano gli interrogatori ad Abu Ghraib erano stati ingaggiati nell'ambito di un mega contratto a lungo termine per la fornitura di tecnologia informatica all'esercito. Il quotidiano aggiunge che sulla vicenda è stata aperta un'inchiesta amministrativa del dipartimento degli Interni. Il contratto con la Caci international, società basata in Virginia, fu stipulato dall'esercito nel 1998, ma a rinnovarlo nel 2001 fu il dipartimento degli Interni, che aveva nel frattempo assunto il controllo dell'ufficio contratti per i militari. La formula impiegata è quella del "blanket purchase agreement", un tipo di contratto standard per forniture ripetute di beni e servizi. In quest'ambito sono stati presentate alla Caci 81 richieste di fornitura dal 2001, due delle quali, per un totale di 3,3 milioni di dollari, riguardavano persone incaricate di interrogare prigionieri. Fino alla fine dell'inchiesta non verranno ora presentate altre richieste di fornitura, ma le 27 persone ingaggiate per gli interrogatori in Iraq potranno completare il loro incarico. Nel frattempo Amnesty chiede che il reato di tortura venga introdotto entro 30 giorni nel codice penale italiano, all'indomani dell'enorme shock che hanno provocato in tutto il mondo le notizie delle violenze commesse ad Abu Ghraib. "Mai come oggi - ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della sezione italiana di 'Amnesty International', durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto annuale sulla violazione dei diritti umani nel mondo - la tortura è trattata dai nostri parlamentari con più attenzione di un condono fiscale, con più passione politica che per la crisi finanziaria delle squadre di calcio. Si approfitti quindi di questa sensibilità e si introduca finalmente entro trenta giorni il reato di tortura nel nostro codice penale, con una buona legge e stralciando l'emendamento vergognoso sulla reiterazione del reato e in applicazione piena della Convenzione di Ginevra del 1984". "Abbiamo smontato la teoria delle mele marce - ha proseguito Bertotto durante la conferenza, nel corso della quale è stato presentato anche l'istant book sull'Iraq "Abu Ghraib e dintorni, rapporto di 'Amnesty International' su un anno di denunce inascoltate e sulle torture in Iraq" - dimostrando l'esistenza del più ampio sistema di torture in Iraq e documentandone la gravità. Abbiamo puntato il dito contro i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna ed Italia, che erano informati da oltre un anno degli orrori in Iraq. Rivolgiamo un caloroso invito al parlamento ed al governo italiano che dopo i cori di sdegno e di indignazione che abbiamo sentito pronunciare dai loro rappresentanti alle terribili immagini di Abu Ghraib si presentino il 26 giugno alla Giornata mondiale in difesa delle donne torturate, con atti concreti che dimostrino la loro volontà di essere in prima fila nella prevenzione e nella repressione della tortura in tutto il mondo".