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L'Onu: crimini Usa in Iraq

Giuliana Sgrena

il manifesto, 5 giugno 2004

Rapporto dell'Alto commissario per i diritti umani accusa le forze della coalizione. Detenzioni arbitrarie, torture, impunità. Il quadro del paese sotto occupazione illustrato dall'Alto commissario per i diritti umani dell'Onu, Bertrand Ramcharan, che propone un «difensore civico» per gli iracheni, da nominare con urgenza. Gli Stati uniti avevano cercato di bloccare l'atto d'accusa, uscito con due giorni di ritardo?

Saddam Salah al Rawi, iracheno, 29 anni, detenuto nel carcere di Abu Ghraib - dal 1 dicembre 2003 al 28 maggio 2004 - e rilasciato senza sapere né i motivi del rilascio né quelli della detenzione. Durante la quale è stato torturato per 18 giorni: denti strappati, calci, botte, guardie che si mettevano in piedi sulle sue mani e, oltre alle torture fisiche, crudeltà mentale con minacce di violenze sessuali o di spedirlo nella base di Guantanamo se non confessava. Torture che duravano anche 23 ore al giorno e poi, musica a tutto volume, per impedirgli di dormire. E, ancora, minacciato in occasione della visita della Croce rossa: se avesse raccontato del trattamento subito, avrebbe rimpianto di averlo fatto. E così, quando in gennaio, una delegazione della Croce rossa visitò Abu Ghraib, Rawi, dice, non «ho osato dire nulla sul trattamento sofferto, alle domande mi sono limitato a rispondere non so». L'uomo aveva già conosciuto Abu Ghraib e anche le torture, ai tempi di Saddam. Quello di Saddam al Rawi, uno dei tanti casi di «ordinarie torture» sotto occupazione, è ben documentato nel rapporto, diffuso ieri, dall'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni unite, Bertrand Ramcharan. 45 pagine dettagliate sulle «serie violazioni» della legge umanitaria internazionale e sul maltrattamento degli iracheni commessi dalle forze di occupazione dell'Iraq a guida statunitense. «Uccisioni deliberate, torture e trattamenti inumani», atti «che possono essere designati come crimini di guerra da un tribunale competente», si legge nel rapporto, la cui pubblicazione era già attesa due giorni fa e poi rimandata. E visto il contenuto è facile intuire il contenzioso. Anche se ieri il portavoce di Ramcharan, José Luis Diaz, ha negato che il rapporto sia stato annacquato sotto ricatto degli Stati uniti: «non c'è stata nessuna pressione su questo ufficio». Le illazioni sono ispirate dalla eccessiva preoccupazione, per evidenti motivi, degli Stati uniti di garantire l'immunità per i propri soldati in azione all'estero. Tanto più che proprio ieri la soldatessa Lynndie England, diventata tristemente famosa per essere stata fotografata mentre teneva al guinzaglio un prigioniero iracheno di Abu Ghraib, ha detto di voler chiamare a testimoniare al suo processo - fissato per il 22 giugno a Fort Bragg - il viceprensidente Dick Cheney e il segretario alla difesa Donald Rumsfeld.
Al di là delle insinuazioni sulle edulcorazioni, più o meno vere, il rapporto fornisce un quadro dettagliato e realistico della situazione. Una parte consistente è dedicata proprio alle detenzioni - per il gran numero di «persone incarcerate senza che si sapesse quante fossero e per quali ragioni, ... dove fossero tenute, in quali condizioni, come venissero trattate» - e si ricorda che queste preoccupazioni sui detenuti erano già state sollevate a Paul Bremer dall'inviato dell'Onu, Sergio Viera de Mello, un mese prima che fosse assassinato nel luglio del 2003. Ma il rapporto registra le condizione di vita della popolazione in generale e con obiettività: partendo dalla constatazione che generalmente gli iracheni erano contenti della caduta di Saddam ma non dell'occupazione, anche se molti «l'avevano accettata sperando in un futuro migliore». Ma poi l'atteggiamento delle Forze della coalizione è diventato sempre più aggressivo nei confronti della popolazione irachena, sottoposta a un trattamento umiliante.
Parlando della sicurezza ancora ritenuta la priorità in Iraq, si sottolinea la mancata protezione dei cittadini da parte della Coalizione, vittime di attacchi indiscriminati e anche, soprattutto donne e bambini, di numerosi sequestri a scopo di estorsione, oltre che di soprusi durante le perquisizioni e arresti arbitrari. Il rapporto dell'organizzazione dell'Onu solleva anche il problema della legalità sull'utilizzo (e a quale giurisdizione criminale sono soggetti?) da parte delle forze della coalizione di organizzazioni per la sicurezza private («mercenari»), quantificati in 20.000.
Riconoscendo che «il popolo iracheno è stato sollevato dalla massiccia, sistematica e istituzionalizzata violazione dei diritti umani in vigore nel passato regime» e con la prospettiva di un governo democratico, «la cruda realtà è che non c'è stato nessun controllo internazionale e assunzione di responsabilità rispetto alla situazione in Iraq» dopo l'invasione. «È cruciale che meccanismi di protezione siano rafforzati come misura estremamente urgente», per questo Bertrand Ramcharan propone la «nomina immediata di un Ombudsman o di un commissario internazionale» per controllare il rispetto dei diritti umani.
Per quanto compete al governo ad interim iracheno il Commissario dell'Onu suggerisce la formazione di una Commissione indipendente irachena per i diritti umani e di una Commissione per la riforma legale e giudiziaria. Tra le raccomandazioni vi è anche la costituzione di una Commissione per la verità e riconciliazione, che ricorda l'esperienza sudafricana.