clicca qui per andare al sito Filiarmonici, per un mondo senza galere

Via libera del Pentagono alle torture

Larry Everest

Znet, 15 Giugno 2003

Sono venuti alla luce altri documenti segreti che dimostrano che la tortura sistematica dei prigionieri in Iraq e in Afganistan - tra cui l'assassinio di decine di persone - non è stato l'errore di poche "mele marce" che hanno infranto le regole. Le torture si sono verificate perché l'esercito statunitense stava seguendo le regole stabilite ai più alti livelli del governo statunitense.

Una di queste note interne che sono recentemente venute alla luce è datata 6 Marzo 2003, ed è intitolata "Rapporto del gruppo di lavoro sugli interrogatori ai detenuti nella Guerra Globale al Terrorismo". Questa è l'ultima di un'intera serie di note legali/politici dell'amministrazione Bush, a partire dall'11 Settembre, che dà il via libera alla tortura. Il documento è stato reso pubblico dal Wall Street Journal, che ha pubblicato dei servizi sull'argomento nel numero del 7 giugno.

La nota recentemente rivelata era stata redatta da un'équipe del Pentagono che lavorava sotto la direzione del General Counsel del Dipartimento della Difesa William J. Haynes II. Il segretario della difesa Rumsfeld l'ha immediatamente classificata come segreta. Anche se riguardava la prigione militare di Guantanamo, la nota disponeva argomenti legali e metodi di interrogazione che sarebbero presto stati utilizzati in Iraq.

Questo e altri documenti, non solo ridefiniscono ciò che costituisce la tortura con lo scopo di "legalizzare" una quantità di castighi brutali, degradanti, persino delittuosi. Articolano anche un ampio sistema logico che pone il ramo esecutivo del governo, il presidente in particolare, al sopra delle leggi e delle pratiche del passato, e al di sopra degli altri poteri del governo. Hanno implicazioni che vanno ben oltre l'attuale scandalo sulle torture - portano alla luce uno stato di polizia in fieri. Sono parte di una tendenza a consolidare un potere ancora più grande nell'apparato esecutivo dello stato, e in quello repressivo.

Mettere da parte la legge e gli accordi

La nota del 6 Marzo 2003 era stata redatta dopo che i comandanti a Guantanamo si erano lamentati, alla fine del 2002, che chi eseguiva gli interrogatori non era in grado di estrarre informazioni sufficienti usando metodi "convenzionali". Secondo il Journal, "un funzionario militare che ha collaborato alla stesura del rapporto ha detto che quest'ultimo era stato fatto dopo che chi eseguiva gli interrogatori a Guantanamo, frustrato, aveva cominciato a provare metodi non ortodossi con i prigionieri recalcitranti. 'Ci siamo stati più di un anno, e non gli abbiamo tirato fuori niente' così hanno concluso i funzionari 'abbiamo bisogno di avere una visione meno angusta di ciò che è e ciò che non è la tortura... la gente ci ha provato in tutti i modi ad aumentare la pressione in modo graduale.'"

Un problema che l'esercito USA doveva affrontare era la convenzione di Ginevra, di cui gli Stati Uniti sono firmatari. La Terza Convenzione di Ginevra afferma che i prigionieri di guerra e i ribelli fatti prigionieri non possono essere "minacciati, insultati o esposti ad un qualunque trattamento spiacevole o svantaggioso di qualunque tipo" allo scopo di obbligarli a parlare. La Quarta Convenzione di Ginevra afferma che "non si deve esercitare alcuna coercizione fisica o morale contro" persone che vivono sotto regime di occupazione, specialmente "per ottenere informazioni da loro o da terze parti."

Il governo statunitense ha anche ratificato la convenzione ONU contro le torture nel 1994, che afferma che "assolutamente nessuna circostanza, che si tratti di uno stato di guerra o di una minaccia di guerra, di instabilità politica interna, o di una qualsiasi altra emergenza pubblica, può essere invocata come giustificazione della tortura", e che le violazioni di queste Convenzioni potrebbero costituire crimini, anche crimini di guerra. Il relativo Statuto federale statunitense sulla Tortura, fa della tortura, definita come un qualunque atto inteso ad "infliggere grave dolore o sofferenza, fisica o mentale", un crimine punibile con una detenzione da venti anni in su, o con una condanna a morte o un ergastolo se la vittima della tortura muore.

La nota del 6 Marzo 2003 dimostra che i poteri forti della classe dirigente imperialista statunitense - determinati a far valere efficacemente il potere globale statunitense in tutto il mondo, schiacciando qualunque cosa si trovi sulla loro strada - hanno visto queste leggi, incluse quelle statunitensi, e questi accordi, come degli impedimenti da mettere da parte senza ritegno.

La nota fa proprio questo, ridefinendo ciò che costituisce tortura, avanzando una serie di argomenti legali per limitare o per non tenere conto delle leggi contro la tortura, dando un potere essenzialmente illimitato al ramo esecutivo, e proponendo varie difese legali per eventuali coinvolti - dagli alti ufficiali, agli esecutori materiali.

Il Wall Street Journal titolava dicendo che il documento "pone le basi per l'uso della tortura". Un mese dopo questa nota, Rumsfeld ha ufficialmente approvato 24 nuovi - e segreti - metodi per gli interrogatori. Questo è successo nel momento in cui le truppe di occupazione statunitense stavano cominciando a fare massicce retate di iracheni.

Il governo statunitense sta cercando di nascondere questi orrori dichiarando pubblicamente che i metodi sono "umani" e che la tortura viene aborrita, e al contempo si rifiuta di rivelare i suoi metodi per gli interrogatori o qualunque documento interno sulla tortura - comprese le oltre 40 pagine di appendice della nota del 6 Marzo che spiegano in dettaglio le recenti pratiche di interrogazione autorizzate.

Porre la presidenza al di là della legge e del Congresso

La nota del 6 Marzo cerca in molti modi di aprirsi un varco tra le restrizioni della legge e degli scorsi accordi sulla tortura.

Innanzi tutto, sostiene, secondo il Journal, che "il presidente ha poteri praticamente illimitati nel fare la guerra come meglio crede, e né il Congresso, né i tribunali, né le leggi internazionali possono interferire", e quindi "né il presidente, né chiunque segua le sue disposizioni è vincolato dallo Statuto federale sulla Tortura." Ciò viene giustificato nel nome dell'"ottenimento di informazioni cruciali per la protezione di un numero incalcolabile di cittadini americani", e argomentando che un presidente ha poteri illimitati come Comandante in Capo in tempi di guerra.

Un avvocato militare coinvolto nella stesura del documento ha detto che la leadership del Pentagono stava cercando di far valere "il potere presidenziale al suo apice assoluto".

La nota sostiene anche che non c'è nulla che il Congresso possa fare circa questa asserzione di potere presidenziale. "Qualunque sforzo del Congresso di regolare gli interrogatori di combattenti fuorilegge avrebbe violerebbe l'esclusiva investitura costituzionale dell'autorità di Comandante in Capo nella persona del presidente", afferma il documento. Il presidente ha una "posizione costituzionalmente superiore" di fronte al Congresso e un "autorità intrinseca" sul proseguimento della guerra, mentre "al Congresso manca l'autorità - per porre i termini e le condizioni secondo le quali il presidente può esercitare la sua autorità come Comandante in Capo sul controllo della conduzione delle operazioni durante una guerra."

Proteggere le torture

Il documento anticipa anche le difese legali per un'eventuale accusa di tortura - ancora un'altra dimostrazione che il governo statunitense ha fatto consciamente dei piani sulla tortura dei detenuti. La nota sostiene che i leader statunitensi che ordinano tortura e crimini di guerra, così come coloro che li eseguono materialmente, hanno molti "argomenti di difesa".

Uno è costituito dalla "necessità" della tortura per estrarre informazioni con cui si possa prevenire un attacco. n altro è dato dagli "ordini superiori" - cioè chi esegue la tortura sta solo eseguendo ordini. Questo è lo stesso argomento tentato dai Nazisti a Norimberga, ma questa difesa fu rigettata - e ora viene riesumata da Bush e soci.

Gli avvocati che hanno steso ad arte il documento affermano che i "principi costituzionali" impediscono di punire funzionari "che hanno collaborato con il presidente nell'esercizio delle sue esclusive autorità costituzionali" e che né il Congresso, né i tribunali possono "richiedere o realizzare la persecuzione legale di un tale individuo".

La nota consigliava anche che Bush firmasse una direttiva presidenziale che autorizzasse la tortura, allo scopo di proteggere i suoi subordinati e galoppini dalle azioni giudiziarie. Questo funzionerebbe, argomenta la nota, perché l'autorità di invalidare le leggi è "intrinseca nel presidente". Non è ancora noto se Bush abbia diramato una tale direttiva.

Ridefinire la tortura

La nota del 6 Marzo fa anche un tentativo di legalizzare la tortura ridefinendola. La legge attuale definisce come tortura l'inflizione di dolore e sofferenza. Ma la nota del Pentagono sostiene che "L'inflizione di dolore o di sofferenza di per se, sia fisica sia mentale, non è sufficiente perché vi sia tortura". Piuttosto, la sofferenza deve essere "forte", e "di un tal grado di intensità che il dolore è difficile da sopportare per il soggetto". Una tale definizione apre le porte ad abusi di ogni tipo e con ogni mezzo, dando ai torturatori stessi la facoltà di determinare ciò che un soggetto possa o non possa "sopportare".

Secondo la legge attuale la tortura può essere inflitta somministrando o minacciando di somministrare "sostanze che alterino lo stato mentale, o con altre procedure atte a scombussolare profondamente il senso della personalità". I legali d Bush sostengono che la legge "non preclude alcun tipo di droga e né alcun tipo di suo utilizzo", e che "il solo scombussolamento del senso della personalità non è sufficiente" per costituire tortura. Piuttosto, si innalza lo standard: per essere illegale, la somministrazione forzata di droghe, o lo stress psicologico, "deve penetrare a fondo nelle capacità di un individuo di percepire il mondo intorno a sé." Di nuovo, la gamma di brutalità viene molto allargata, e la facoltà di decidere ciò che è tortura è lasciata al giudizio degli chi conduce gli interrogatori statunitensi.

Scandalo aperto, copertura ufficiale

Sia i legali progressisti che quelli istituzionali, così come gli osservatori legali, hanno manifestato scandalo di fronte allo spiegamento senza precedenti degli argomenti avanzati nella nota del 6 Marzo e alla loro profonda rottura con la tradizione e con la pratica legale.

Si considerino le seguenti autorità istituzionali citate dal Los Angeles Times (6/10): un esperto di diritto militare dell'Università di Tuft si è riferito alla nota come ad "un'affermazione di illimitato potere esecutivo". Un professore di legge dell'Università del Texas ha dichiarato "Non può essere giusto. È sbagliato anche solo dire che il presidente può fare quello che vuole anche contro la legge." Un ex magistrato militare della Marina ha detto "È un argomento che non ho mai visto prima - che i poteri del Comandante in Capo riguardo alla conduzione della guerra superano le restrizioni della Convezione di Ginevra". Un consigliere militare della Marina in pensione ha detto: "Se l'autorità intrinseca del presidente come Comandante in Capo supera la legge interna e internazionale, dov'è il limite? Se ogni sovrano può ignorare la legge, a questa legge nessuno si sentirà di rispondere."

Anche l'imperialista e favorevole alla guerra Washington Post ha pubblicato un editoriale (9 Giugno) secondo cui la nota ha seguito "la logica dei regimi criminali, delle dittature di tutto il mondo che autorizzano la tortura sulla base della 'sicurezza nazionale'."

La leadership di Bush continua a negare e a fare discorsi confusi, mentre cerca di nascondere l'entità della pratica della tortura statunitense, e la pista che porta dritto livelli ai più alti della Casa Bianca e del Pentagono, compreso Bush stesso. Si rifiuta fermamente di svelare sia i metodi per gli interrogatori che sono stati usati, sia i documenti che ne descrivono in dettaglio i fondamenti.

L'apparizione del Procuratore Generale John Ashcroft l'8 Giugno, prima di una discussione pubblica del Senato, esemplifica le bugie Orwelliane all'opera.

Ashcroft ha dichiarato: " Questa amministrazione ripudia le torture", e ha affermato: "Il presidente degli Stati Uniti non ha ordinato alcuna condotta che violasse la Costituzione degli Stati Uniti, che violasse alcuna legge emanata dal Congresso, o che violasse qualcuno dei vari trattati." Ma ha rifiutato di discutere sia le varie note sulla tortura che sono pervenute alla stampa, sia i ragionamenti legali contenuti in queste svariate note. Ha rifiutato di consegnare le note al Congresso - e ha rifiutato di fornire una qualsiasi ragione legale (ad esempio, un privilegio esecutivo) che gli permettesse di farlo. In altre parole Ashcroft stava mettendo in pratica l'idea stessa di potere esecutivo al di sopra di tutto, articolata nella nota del 6 Marzo 2003.

 

Documento originale Pentagon's Green Light to Torture. Traduzione di Garabombo.

Larry Everest è corrispondente del Revolutonary Worker e autore di Oil, Power & Empire: Iraq and the U.S. Global Agenda [Petrolio, potere e impero: L'Iraq e l'agenda globale statunitense]. Il suo sito web è: www.larryeverest.com