Sulle isole di Aran 

Mi parla spesso di un uomo nel Counaught che ha ucciso suo padre con un colpo di vanga in un accesso di furore, poi è venuto a rifugiarsi in quest’isola, rimettendosi alla misericordia della gente dell’isola di cui sosteneva di essere parente.
Lo hanno nascosto in una buca – che il vecchio mi ha mostrato – e protetto per settimane, malgrado le ricerche dei poliziotti di cui sentiva gli stivali scricchiolare sulle pietre sopra la sua testa.
A dispetto della ricompensa offerta, l’isola si mantenne incorruttibile; dopo molte difficoltà l’uomo fu imbarcato sano e salvo per l’America.
Questo istinto di protezione verso il criminale è universalmente diffusa nell’ovest. Ciò sembra dovuto in parte al fatto che la giustizia viene associata con la detestata giurisdizione inglese, ma più direttamente al sentimento primitivo di queste persone – che, benché capaci di crimini, non sono mai dei criminali – per le quali un uomo non agirà male a meno di essere spinto dalla passione e questa è irresponsabile come una tempesta sul mare.
Se un uomo ha ucciso suo padre ed è già malato, tormentato dai rimorsi, non vedono perché mai lo si dovrebbe portare via ed uccidere in nome della legge. Un uomo come quello – dicono – starà tranquillo per tutto il resto della vita, e, se suggerite che la sua punizione potrebbe essere d’esempio, domandano: «Forse qualcuno ucciderebbe il proprio padre se fosse possibile frenarsi?» […]
Sembra assurdo applicare le stesse leggi a questa gente e ai criminali di una grande città. L’uomo più intelligente di Inishmaan mi ha parlato spesso del suo disprezzo della legge e dell’aumento della criminalità causato dalla polizia ad Aranmor. Su quest’isola – dice – se degli uomini hanno una piccola controversia o una piccola disputa, i loro amici vigilano affinché questa non si spinga troppo lontano, e presto tutto viene dimenticato. A Kilronan, c’è una banda di uomini pagati appositamente per causare dei processi; non appena viene sferrato un colpo, loro arrivano ed arrestano quello che ha colpito. Il suo avversario deve testimoniare contro di lui, intere famiglie devono andare in tribunale, prestare giuramento le une contro le altre e diventano così nemiche giurate. Se c’è una condanna, l’uomo che è dichiarato colpevole non perdona mai. Attende il suo momento e, prima che sia passato un anno, c’è una contro-citazione che l’altro uomo, a sua volta, non perdona mai. La lite si inasprisce al punto che una disputa sul colore dei capelli di un uomo – dopo un anno di “forcing” legale, va a finire in un omicidio. Il semplice fatto che sia impossibile trovare una testimonianza sicura nell’isola – non perché la gente sia disonesta, ma perché le esigenze della parentela sono più sacre di quelle di un’astratta verità – trasforma tutto il sistema di testimonianza sotto giuramento in una farsa demoralizzante ed è facile capire come delle relazioni giuridiche fondate su questo principio fasullo debbano condurre ad ogni sorta di ingiustizia.