Cina, lo scandalo dei "furgoni della morte"
Strutture mobili per eseguire pene capitali in tutto il Paese: negli automezzi praticate le iniezioni letali. Coinvolti anche mezzi Iveco
Francesca Caferri
La Repubblica, 24 dicembre 2003

In Cina la morte viaggia in furgone. Per far fronte all'alto numero di pene capitali inflitte nel paese, che costringerebbe anche le più piccole prigioni a dotarsi di uno spazio per le esecuzioni e di un boia, la Corte suprema di Pechino ha chiesto ai tribunali di tutto il paese di dotarsi di camere della morte mobili: si tratta di furgoni in grado di spostarsi di zona in zona ed eseguire, senza spreco di tempo e di risorse, le condanne a morte. La notizia è stata data dal quotidiano cinese Beijing News, e rilanciata dalla France Presse: "Dopo la raccomandazione della Corte suprema i tribunali di molte province hanno comprato questi veicoli per eseguire le condanne nei centri più piccoli". Nei furgoni il colpo di pistola alla testa, che è il metodo con cui tradizionalmente vengono eseguite le condanne in Cina, è sostituito dall'iniezione letale.
Diciassette tribunali della provincia dello Yunnan hanno già acquistato furgoni a questo scopo: a produrli, secondo quanto dichiarato dal funzionario governativo alla France Presse, è una fabbrica controllata dall'italiana Iveco nella città di Nanchino. Con una lettera inviata nei giorni scorsi a Umberto Agnelli, amministratore delegato della Fiat, casa madre dell'Iveco, Marco Bertotto, presidente della sezione italiana di Amnesty International, ha chiesto alla Fiat di fermare la vendita e la consegna dei furgoni alle autorità cinesi.
Da Torino per il momento non è arrivata nessuna risposta ufficiale, ma la linea della Fiat è chiara: "Non possiamo sapere quello che i clienti fanno con i nostri veicoli - spiegano dal quartier generale - non possiamo assumerci la responsabilità di quello che accade dopo la vendita". L'azienda esclude comunque che Naveco - la jointventure controllata al 50% da Fiat e al 50% della cinese Juejin motor, che produce "Daily", il modello incriminato - adatti in qualche modo i veicoli alle richieste delle autorità cinesi (che quindi li trasformerebbero in camere della morte in un momento successivo all'acquisto) e si dice pronta a esaminare la questione: "Siamo stati informati della questione dai giornali - spiegano all'ufficio stampa - ora controlleremo, ma certo che se la notizia è vera saremo pronti a fare la nostra parte".
In che modo, al momento non è chiaro. Difficile comunque pensare all'interruzione dei rapporti commerciali con le autorità cinesi, un cliente che fa gola a molti imprenditori in tutto il mondo, nonostante la pessima reputazione in fatto di rispetto dei diritti umani. Proprio sulla pena di morte e sulla sua applicazione, Pechino si è conquistata buona parte della sua fama in fatto di diritti umani: la Cina è il paese con il più alto numero di condanne a morte eseguite al mondo. Lo scorso anno, secondo Amnesty international, 1050 persone sono state messe a morte.