I francesi dimenticati di Guantanamo
Augusta Conchiglia
LE MONDE diplomatique - Aprile 2004
«L'unico diritto che hai è quello di non avere diritti».
È così che Nizar Sassi, uno dei sette francesi detenuti a Guantanamo,
descriveva la sua situazione in una lettera alla famiglia nel settembre 2003.
Da allora Nizar non ha più scritto, e neppure Mourad Benchellali, suo
amico d'infanzia di Vénissieux. Le sole notizie che hanno potuto ottenere
le loro famiglie sono arrivate attraverso la missione del ministero degli Esteri,
che si è recata in gennaio nella base americana, per la quarta volta
dopo la sua creazione due anni fa. I francesi hanno constatato «le pessime
condizioni psicologiche» dei prigionieri, secondo l'espressione dell'avvocato
William Bourdon che è stato ricevuto all'inizio di marzo al quai d'Orsay
[ministero degli Esteri francese] insieme alle famiglie e agli altri avvocati.
Da diversi mesi questi ultimi si dicono preoccupati per Mourad Benchellali (1),
particolarmente fragile da un punto di vista psicologico. Gli avvocati di quattro
francesi (2) (Nizar Sassi, Mourad Benchellali, Khaled Ben Mustapha e Ridouane
Khalid) hanno fatto ricorso al Relatore speciale sulla tortura della Commissione
dei diritti dell'uomo delle Nazioni unite, poiché «numerosi indizi
lasciano presumere che alcuni aspetti del trattamento [inflitto ai prigionieri
di Guantanamo] siano contrari al rispetto della dignità umana e alle
disposizioni della Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura, i trattamenti
crudeli, inumani e degradanti».
Le dichiarazioni dei cinque prigionieri inglesi, consegnati all'inizio di marzo
dagli Stati uniti alle autorità del loro paese e immediatamente rilasciati,
«parlano di torture psicologiche i cui effetti possono essere ancora più
gravi dei maltrattamenti fisici», afferma il presidente del collegio degli
avvocati di Parigi, Paul-Albert Iweins (3).
Quest'ultimo si dice deluso dall'atteggiamento delle autorità francesi,
che continuano a gestire il caso con «grande discrezione», al contrario
degli inglesi che hanno sollevato il problema dei loro connazionali ai più
alti livelli. «Nonostante la controversia sull'Iraq - ricorda Iweins -
vi è tra i servizi segreti francesi e americani un'eccellente cooperazione
nella lotta al terrorismo. Altrettanto si può dire per la cooperazione
giudiziaria. Tuttavia le iniziative in favore dei prigionieri francesi di Guantanamo
non hanno avuto alcun esito».
Scandalizzato di fronte «all'indifferenza e al silenzio delle autorità
francesi», André Gerin, deputato del Rhône e sindaco di Vénissieux,
da dove provengono due dei prigionieri, ha organizzato l'8 marzo una «marcia
sulla Casa bianca», alla testa di una delegazione europea composta dalla
Commissione dei diritti dell'uomo di Guantanamo, dagli avvocati e dalle famiglie.
«Ottenere il rispetto del diritto - ha affermato Gerin a Washington -
significa anche ottenere la chiusura completa del campo di Guantanamo».
Dopo innumerevoli iniziative da parte di deputati francesi ed europei, il parlamento
europeo ha adottato (4), il 10 marzo, una risoluzione in cui si chiede agli
Stati uniti di garantire ai prigionieri un processo equo. Pochi giorni prima
Pat Cox, presidente del parlamento europeo, aveva informato il deputato-sindaco
di aver chiesto «alle autorità americane di mettere fine a questo
vuoto giuridico nel quale si trovano i detenuti di Guantanamo». Cox afferma
di aver «sollevato la questione in diverse occasioni davanti al Consiglio
europeo e di aver constatato con piacere che la presidenza irlandese ha messo
la questione all'ordine del giorno del prossimo vertice Unione europea/Stati
uniti di giugno».
Questa mobilitazione internazionale ridà speranza ad Aymane Sassi, fratello
di Nizar, l'unico parente dei prigionieri francesi ad aver partecipato al viaggio
negli Stati uniti. «Le cose si muovono negli Stati uniti, ma questa situazione
può durare ancora a lungo». Tanto più che il segretario
americano alla Difesa, Donald Rumsfeld ha detto, il 12 febbraio scorso (5) che
solo un piccolo gruppo dei circa 600 detenuti di Guantanamo (finora ne sono
stati liberati 119) sarà giudicato dalle Commissioni militari (6), un'altra
(piccola) parte sarà liberata o consegnata ai rispettivi paesi di appartenenza
dei prigionieri, ma la maggior parte di questi «nemici combattenti»
sarà semplicemente lasciata a Guantanamo sino alla fine del conflitto,
cioè per qualche decennio. Questi prigionieri, ha precisato Rumsfeld,
potranno presentare un ricorso annuale, ma presso un'istanza speciale composta
da tre ufficiali, che determinerà se costituiscono ancora una minaccia
per la sicurezza degli Stati uniti.
Traduzione di A. D. R.
Note:
(1) I suoi genitori e due fratelli sono stati arrestati nel dicembre 2002 in
seguito all'inchiesta su quella che è stata definita la «pista
cecena».
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(2) Gli altri sono Brahim Yadel e Mustaquali Patel. L'identità del settimo
francese non è mai stata rivelata.
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(3) Si leggano le incredibili dichiarazioni dei detenuti inglesi sull'Observer,
Londra, 14 marzo 2004.
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(4) 425 voti a favore, 62 contrari e 29 astensioni.
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(5) Davanti alla camera di commercio di Miami.
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(6) Si legga «Nel buco nero di Guantanamo», Le Monde diplomatique/il
manifesto, gennaio 2004.
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